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Andrea Sergio; Del Monaco Brenna
La forza del capitale.La debolezza della sinistra
27 Dicembre 2007
Sinistra
Politica industriale e urbanistica: due settori cruciali sui quali la sinistra deve e può progettare una visione diversa . Da il manifesto, 27 dicembre 2007 (m.p.g.)

Per Rossana Rossanda è urgente una piattaforma efficace nella scena istituzionale, sociale e delle idee, per il segretario di Rifondazione comunista, Franco Giordano, è necessaria una soggettività politica, non autoreferenziale, che individui le dimensioni nodali di una nuova cultura politica. Il 30 novembre su , con alcuni compagni, abbiamo proposto alla Sinistra di costituire una commissione che elabori entro maggio un progetto complessivo e delle proposte per i prossimi Dpef: la sinistra (all'opposizione e al governo) è stata inefficace quando, limitandosi alla denuncia, ha disprezzato la ricerca di soluzioni operative per contrastare concretamente la precarizzazione del lavoro, la finanziarizzazione dell'economia, l'uso speculativo dei beni comuni che caratterizzano l'attuale fase globalizzata del liberismo di mercato.

Per rappresentare il lavoro la Sinistra deve avere un'analisi critica del capitalismo italiano nella globalizzazione. Per creare posti di lavoro stabili e di qualità è necessaria una proposta sul sistema produttivo che ricollochi il paese nella fascia alta della divisione internazionale del lavoro: decidere cosa produrre, su cosa fare ricerca.

La politica industriale è consistita in incentivi alle aziende per l'occupazione e per il trasferimento tecnologico: nel primo caso, finito l'incentivo, i nuovi occupati sono stati licenziati, nel secondo, le imprese hanno comprato beni strumentali prodotti in Germania o in Francia (dando commesse a imprese tedesche o francesi e quindi lavoro a lavoratori stranieri con risorse italiane). Al Senato un emendamento (quello di Tecce e Mele) contrapponeva agli incentivi automatici dell'articolo 70 della finanziaria un programma nazionale di ricerca e reindustrializzazione per selezionare le filiere produttive generatrici di innovazione e disponibili a trasferire sul piano industriale i risultati della ricerca finanziata. L'emendamento non è passato, poiché secondo i moderati, le imprese per assumere hanno bisogno di liquidità (credito d'imposta, stages pagati dallo stato): niente vincoli di innovazione e incentivi per tutti.

Il Partito democratico è egemone nella gestione delle risorse che dovrebbero finanziare le imprese ma non ha una politica industriale selettiva delle filiere virtuose: non può averla perché le filiere non meritevoli e non più incentivate insorgerebbero. La deregolazione della programmazione pubblica sul piano industriale si è generalizzata, dal 1992, anche nel governo del territorio con i Programmi di intervento: essi, in nome dell'immediatezza attuativa delle proposte della proprietà fondiaria, immobiliare, industriale e commerciale, piegano alle distorsioni congiunturali del mercato la riconfigurazione produttiva e territoriale indotta dalle dismissioni d'uso di ampi comparti di aree: il succube capitalismo italiano globalizzato abbandona i principali settori produttivi industriali.

Chiudere il quindicennio dell'urbanistica contrattata e del liberismo di mercato nelle scelte produttive rappresenta per la sinistra non solo la scelta di ridare voce alle istanze di miglior qualità ambientale e dotazione di servizi pubblici da parte dei cittadini, ma soprattutto quella di indirizzare le scelte di investimento di lungo periodo fuori dal circuito delle funzioni consumistiche egemonizzate dall'effimera novità di immagine mass-mediatica.

La Vas richiesta dalla direttiva Ue/2001 è spesso l'alibi per affossare il ruolo propositivo pubblico rappresentato dalle conquiste storiche del riformismo del centro-sinistra degli anni 60/70 e si riduce ad adempimento burocratico che avalla scelte strategiche altrui: al contrario dovrebbe proiettare quelle conquiste in un più vasto orizzonte di sostenibilità di lungo periodo.

I progetti di riuso dei principali comparti di aree industriali e di servizi dimessi avallati da gran parte dei Comuni italiani grandi e piccoli, di destra o di sinistra (l'ex Fiera e il Centro Direzionale di Milano, ma anche, con identiche densità e procedure, l'ex Fiera di Roma; i grattacieli di Renzo Piano a Torino, ma anche a Sesto San Giovanni, dove ogni forma di produzione innovativa sulle aree ex Falck viene tacciata di non essere qualificante per la città del 2000 e si discute solo di residenza, ipermercati e musei d'arte contesi a Milano), sono l'esempio incontrovertibile dell'esito di questa deriva.

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