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Giovanni Francesco Malagodi
La Provincia Ambrosiana (1956)
23 Giugno 2007
1951, il Piano Intercomunale Milanese
L'authority metropolitana del Partito Liberale Italiano, di fatto alternativa al PIM della sinistra. Ma con ruolo ancora centrale della pianificazione territoriale (f.b.)

Giovanni Malagodi, La Provincia Ambrosiana. Studio preliminare per un progetto di riordinamento amministrativo della Provincia di Milano, in Partito Liberale Italiano, Atti del 1° Convegno di studi per la “Provincia Ambrosiana”, Milano, 24-25 marzo 1956 [il testo integrale comprende anche alcune tabelle di dati che ho escluso per motivi di spazio (f.b.)]

1 - Il fenomeno della grande metropoli è peculiare del mondo moderno. L’esistenza di immensi agglomerati urbani, di città giganti la cui importanza economica e politica è spesso preminente nel Paese, che costituiscono il centro e il fulcro di vastissime regioni, che nel loro sviluppo letteralmente traboccano, senza ordine, dove e come possono, assorbendo di fatto e scavalcando le minori comunità viciniori, pone continuamente in essere una serie di problemi immani, di governo locale, di urbanistica, di riorganizzazione di servizi, di finanza, alla cui soluzione i vecchi modelli legislativi elaborati in tempi in cui il fenomeno della metropoli ancora non era nato o almeno esasperato, sono assolutamente incapaci di far fronte.

Questo fenomeno sinora, a quanto ci consta, raramente studiato in dettaglio, presenta un campo affascinante di indagine per l’economista come per l'uomo politico o il giurista, e la necessità di ricercare soluzioni adeguate ai problemi che sorgono dall'esistenza di queste grandi comunità si fa sempre più vivamente sentire.

Non vi è chi non veda come soltanto soluzioni radicali possano portare un aiuto effettivo per l’ordinamento nel caos attualmente esistente. Gli schemi legislativi attuali, particolarmente in Italia, come abbiamo già detto, sono inadeguati a fronteggiare questo problema, ed offrono tutt'al più all'amministratore intelligente la possibilità di rimandare la soluzione con palliativi. Ma il problema di fondo resta, e solo nuovi intendimenti e nuove leggi possono riuscire a ridare un riordinamento a questa materia.

Estremamente diverse naturalmente sono le situazioni particolari che si trova a fronteggiare ogni grande metropoli, ed estremamente complessi quindi sono i rimedi necessari per ciascuna di esse.

Tipico fenomeno italiano di grande metropoli nel senso sopra detto lo abbiamo in Milano.

La peculiarità di Milano non sta soltanto e solamente nell'essere essa il comune economicamente più importante d'Italia, bensì nel fatto di essere il centro irradiante e di attrazione di tutta una vasta zona, che chiameremo qui appresso “zona ambrosiana”, caratterizzata da una omogeneità di interessi e di problemi quale non si riscontra in alcuna altra zona d'Italia, e nella quale, in alcuni settori, già esiste una continuità anche urbanistica tale, da costituire nel complesso un tutt'unico territoriale, demografico ed economico, compatto ed inscindibile.

La speciale situazione di Milano, ed i particolari complessi problemi che da tale situazione sorgono, ha lontane origini storiche non facilmente né brevemente analizzabili.

Tale posizione particolare della metropoli lombarda nei confronti di tutto il suo “hinterland” risulta più chiaramente se la confrontiamo brevemente con la posizione di un'altra pur grande metropoli: Roma.

Nessuno dubita che Roma sia assillata essa pure da gravi ed acuti problemi. Ma grosso modo si può dire che i problemi di Roma, per quanto molto seri, hanno un carattere sopratutto comunale e sono riconducibili in definitiva a semplici problemi di bilancio. Roma ha praticamente illimitate possibilità di espansione; la superficie del comune solamente è di oltre 1.500 Km2, pari ad oltre la metà della superficie di tutta la provincia di Milano; attorno ad essa, geograficamente parlando, vi è il vuoto; quando occorresse, molti dei comuni che la circondano potrebbero facilmente e con loro vantaggio venire assorbiti. Roma, insomma, abbisogna di un piano regolatore organico, abbisogna specialmente dei mezzi per poterlo attuare, ma da un punto di vista giuridico e amministrativo, per essa non vi sono difficoltà per risolvere le sue particolari situazioni.

Totalmente diversa è invece la situazione di Milano. Innanzi tutto, e dobbiamo sempre tenerlo a mente nella disamina dei problemi che seguono, i problemi di Milano non hanno un carattere puramente comunale, ma investono tutto un vasto territorio, per lo meno gran parte , della provincia, e forse anche comuni appartenenti a provincie limitrofe. Malgrado questa sua posizione di centro effettivo di un'area metropolitana vasta e definita, Milano è letteralmente soffocata entro i propri ristretti confini urbani e circondata da una miriade di comuni, molti dei quali sono vere città, ricche, industrializzate, indipendenti, fiere della loro indipendenza e del loro passato storico; comuni fittamente popolati che toccano, combaciano con la metropoli, si confondono con essa, e ne costituiscono di fatto la diretta e naturale continuazione, e che tuttavia costituiscono giuridicamente enti locali autarchici, con gli immancabili conflitti di interessi e di potestà, o almeno con la mancanza di coordinamento, che derivano dall’esistenza di una pluralità di poteri completamente autonomi l'uno rispetto all'altro.

È di grande interesse osservare per un momento una carta della provincia con il tracciato dei confini dei comuni. I comuni della provincia milanese sono 245, per la maggior parte piccoli o piccolissimi come estensione e assai densamente popolati. Tale frazionamento è il risultato di un lunghissimo processo storico, ma oggi esso è oltre che anacronistico, dannoso e controproducente per lo sviluppo di tutta la zona.

Non tutta la provincia si può naturalmente dire che converga direttamente e di fatto su Milano. La parte a sud della città, ad esempio, è ancora una zona eminentemente agricola, e l'industria, salvo eccezioni tipo Melegnano, è ancora in una fase embrionale. Ma tutta l'area situata a nord della statale per Magenta da un lato e della ferrovia Milano Treviglio dall'altro lato, rappresenta un complesso industriale unico nel suo genere e tra i maggiori forse anche in Europa.

2 - Il descrivere una provincia, quale la milanese, dal punto di vista demografico ed economico non è una cosa facile, specie se per ragioni di spazio deve essere contenuta in poche pagine. Conviene per altro. ricordare alcuni dati che valgono a dare l'ordine di grandezza dei fenomeni.

Secondo i dati del censimento dell'anno 1951 la provincia di Milano presentava una popolazione residente di 2.505.153 abitanti, raggruppata in 245 comuni di cui: Milano con 1.274.245 abitanti; Monza con 73.114 abitanti; cinque comuni fra i 20 ed i 50 mila abitanti; venti comuni fra i 10 ed i 20 mila abitanti; 44 comuni fra i 5 ed i 10 mila abitanti ed il resto distribuito fra altri 174 comuni con una popolazione inferiore ai 5 mila abitanti.

Il settore industriale, sempre alla stessa epoca, era costituito da un complesso di 104.412 ditte articolantisi in 113.311 unità locali con 875.514 addetti e con una forza motrice installata per 2.045.579 HP.

Nel 1954 il prodotto netto dei settori dell'industria, commercio, credito, assicurazioni e trasporti è stato di 950.6 miliardi di lire, pari cioè al 16.18 % del prodotto netto nazionale per gli stessi settori; percentuale non raggiunta non solo da nessuna altra provincia, ma nemmeno da nessun altro complesso regionale. Primato questo che la provincia di Milano detiene anche per i settori delle “libere professioni e servizi industriali e domestici” con un ammontare assoluto di 66.5 miliardi cioè il 14.97% del totale nazionale e ciò che più conta lo detiene anche nel totale del reddito privato e della pubblica amministrazione con un valore assoluto di ben 1.078 miliardi pari all'11.77% del totale nazionale.

Una simile preponderanza economica appare ancor più evidente se i 950.6 miliardi prodotti dai settori industria, commercio, credito, assicurazione e trasporti della provincia di Milano si confrontano ai 794 miliardi di tutto il Piemonte, ai 442,2 dell'EmiliaRomagna ed ai 514.8 miliardi del Lazio (di cui 457 spettano al comune di Roma).

Anche nel settore agricolo il posto occupato dalla provincia di Milano è di grande importanza, benché in tono minore di quello industriale. Il suo prodotto netto agricolo ammonta a 50.3 miliardi pari al 2.00% del prodotto netto nazionale, percentuale superata di poco solo da quattro provincie eminentemente agricole e cioè Bari, Cuneo, Pavia e Roma.

Tale apparato produttivo, che è il più progredito d'Italia ed anche uno dei migliori d'Europa, non presenta però uno sviluppo territoriale omogeneo. In linea di massima, ma con limiti territoriali abbastanza definiti, la provincia di Milano può essere divisa in due zone nettamente differenziale. La prima, che definiremo prettamente industriale, parte da Milano e comprende tutto il nord della provincia sviluppandosi in particolar modo sulle direttrici Milano – Magenta - Abbiategrasso; Milano - Legnano e superando i limiti provinciali si estende a Busto Arsizio - Gallarate ed anche al Saronnese; Milano - Meda; Milano - Seregno; Milano – Monza - Vimercate; Milano - Melzo e, unica eccezione verso il sud, sulla direttrice Milano - Melegnano. Direttrice quest'ultima che forma pittoricamente il manico del ventaglio di irradiazione che parte dal Capoluogo.

Lo sviluppo industriale della provincia di Milano ha seguito, come sempre ed ovunque, le grandi vie di comunicazione, le fonti di energia e di materie prime e, pure molto importante, le fonti di mano d'opera.

Per meglio rendersi conto dell'entità del fenomeno crediamo sia necessario ricorrere nuovamente alle cifre.

Se a puro scopo descrittivo, da tutta la provincia milanese scorporiamo la zona industriale seguendo le direttrici più sopra tracciate e facendone un territorio continuo, si può facilmente vedere come la c.d. “Zona Ambrosiana” comprendente circa 135 comuni su 245, raccolga nel complesso 1'88.0% della popolazione, il 91.6% delle industrie manifatturiere, con il 96.3% degli addetti in tali industrie, e il 90.9% delle aziende commerciali con il 93.4% dei relativi addetti.

Nel complesso, su una superficie di 1.428 Km2. che rappresenta grosso modo il 50% di tutto il territorio provinciale, è raggruppato più del 90% dell'attrezzatura industriale e commerciale della provincia stessa.

Nel resto della provincia, che copre il 48.3% della superficie totale, la concentrazione delle industrie manifatturiere e commerciali è solo dell'8.8% delle ditte e del 4.3% degli addetti.

Inoltre le differenze delle percentuali delle ditte in confronto a quelle degli addetti, che nella zona ambrosiana è in crescendo (91.2% contro 95,7%) e nella seconda zona è in diminuendo (1'8.8% contro 4.3%) indica chiaramente come nel primo territorio prevalga la media e grossa industria e nel secondo prevalga la piccola industria a carattere artigianale.

Se alla “zona ambrosiana” uniamo a scopo di indagine anche i comuni Varesini, cioè il Saronnese, il Gallaratese ed il Bustese, che ne costituiscono una specie di prolungamento economico, il potenziale economico-demografico della zona ne risulterebbe ulteriormente ed enormemente aumentato.

Ancor più grandioso appare il problema se questi dati li compariamo a quelli relativi a tutta la Lombardia ed all'intero Paese.

La “zona ambrosiana” (parte settentrionale della provincia di Milano e comuni varesini) comparata alla Lombardia, contro una superficie pari al 6.9% possiede il 42.9% delle ditte manifatturiere con il 55.796 dei relativi addetti, ed il 39.6% delle ditte commerciali con il 49.0% dei relativi addetti. Tale poderosa concentrazione aumenta in proporzione se la comparazione viene fatta con tutto il territorio nazionale; e cioè su una superficie pari allo 0.5% si concentrano il 7.3% delle industrie manifatturiere con il 17.9% degli addetti al settore ed il 6.8% delle ditte commerciali con il 10.1% degli addetti. Non solo, ma per tornare al paragone con Roma la zona ambrosiana si estende su una superficie di circa 1.650 Km2. contro una superficie del solo comune di Roma di oltre 1.500 Km2: quasi nove volte la superficie del comune di Milano (182 Km2).

3 - Nasce a questo punto naturale la domanda: quale sarà lo sviluppo della “zona ambrosiana” nei prossimi 15-20 anni? Si sa quanto sia azzardato fare calcoli e previsioni future nel campo economico, tanto più se si riflette che in questo caso i dati del passato sono legati in parte a fenomeni straordinari quali la guerra e la ricostruzione e quindi ne è ancora più difficile del solito la proiezione nel futuro.

Non è il caso di entrare qui in una disamina di tutte le indagini, sia generali che particolari, che portano alla complessa valutazione dello sviluppo futuro della zona. È opportuno invece tracciare, sia pur sinteticamente, la linea conduttrice della valutazione stessa.

È noto come per il complesso del nostro paese si calcoli generalmente per gli anni futuri un incremento annuo del 5% nel reddito nazionale netto. Accettando la validità di tale assunto, si può calcolare che il prodotto netto dei settori privati passerà per tutta la nazione dagli attuali 8.008 miliardi annui a 16.000-20.000 miliardi (di lire 1954) nel 1970-1975. Se un tale incremento lo applichiamo anche alla “zona ambrosiana” per lo stesso periodo di tempo, il prodotto netto dei settori privati passerà dagli attuali 1.200 miliardi a 2.400-3.000 miliardi nel quinquennio 1970-1975. Evidenti ed ulteriori considerazioni però portano ad aumentare questo incremento della “Zona ambrosiana” la cui importanza ed il cui impeto di sviluppo nel campo economico abbiamo visto essere di gran lunga superiore alla media nazionale. Si è quindi probabilmente prudenti se si assume che il prodotto netto dei settori produttivi privati nella zona in questione possa raggiungere nel 1970-1975 i 3.000-3.500 miliardi, corrispondente ad un saggio annuo di incremento di poco più del 6%. In altre parole, tra 15-20 anni la produzione economica del settore privato nella “Zona ambrosiana” raggiungerebbe 2.5-3 volte quella attuale e anche l’apparato produttivo dovrà essere aumentato dello stesso ordine di grandezza, e così pure la concentrazione industriale e commerciale della zona.

Rimanendo su un piano sintetico e generale va però ancora notato come lo sviluppo industriale e commerciale sopra esposto si accompagnerà necessariamente ad uno sviluppo probabilmente ancora maggiore delle occupazioni “terziarie” (servizi diversi) e quindi ad uno sviluppo degli “addetti” non agricoli e in generale ad un incremento demografico almeno altrettanto importante.

Il totale degli addetti non agricoli della zona complessiva sopra delimitata è valutato per il 1951 nell'ordine di un milione di unità e se a tale cifra aggiungiamo i liberi addetti diretti o indiretti alle aziende industriali e commerciali, i commessi viaggiatori e rappresentanti, i liberi professionisti, i lavoratori a domicilio, gli agricoltori liberi e gli addetti agricoli, il totale della popolazione attiva raggiunge la ragguardevole cifra dell'ordine del milione e mezzo, e cioè più del 55% della popolazione totale. In conseguenza, se si assume un coefficiente di incremento della attività economica generale della zona per i prossimi 15-20 anni di 2.5-3 volte, è da presumere che anche per gli addetti il coefficiente di incremento sarà (tenuto conto dell'aumento nella produttività) dell'ordine di 2-2.5 volte, di modo che nel 1970- 75 gli addetti non agricoli ammonterebbero a circa 2-2.5 milioni di unità, mentre il totale incremento demografico (sia naturale che di carattere migratorio) porterebbe la popolazione a circa 5 milioni di abitanti, di cui circa 3 milioni economicamente attivi.

Anche se su queste cifre si volesse praticare un taglio prudenziale, la loro evidenza, sia pure schematica. e quello che ci dicono sulla importanza attuale della zona ambrosiana e sull'ampiezza dei futuri sviluppi è tale, riteniamo, da rendere indispensabile un pronto esame e pronte decisioni e da giustificare pienamente i provvedimenti amministrativi che di seguito proporremo per la zona.

In particolare ciò che ci dicono questi dati è la necessità di guardare come a un tutto omogeneo questo complesso produttivo e di pro- porre quindi schemi che tengano conto pienamente di questa situazione di fatto che si è creata e che è destinata a progredire.

Parlando più avanti delle funzioni che l'amministrazione responsabile di un territorio economicamente così avanzato è tenuta a svolgere, parleremo diffusamente degli specifici compiti che le dovrebbero essere affidati.

Qui tuttavia, per rendere più facilmente intelleggibili le formule che verranno esposte, e per concludere questa parte illustrativa delle caratteristiche economiche del milanese, vogliamo almeno accennare l ad alcuni dei problemi comuni della “zona ambrosiana”.

Innanzi tutto, i trasporti e le strade che dovranno ricevere una impostazione unitaria, adatta e indispensabile per lo sviluppo economico di tutto il complesso territoriale. Poi l'attività urbanistica e tutto ciò che essa comprende: quindi dislocazione delle industrie, coordinamento e decentramento dei servizi, zonizzazione delle città. In terzo luogo, il problema del più facile accesso alle fonti di energia e la dislocazione di tali fonti là ove si desidera promuovere una maggiore concentrazione di industrie a preferenza di altri luoghi.

Sono problemi questi che debbono essere trattati in dettaglio, ma già da questi accenni appare chiaro come essi siano comuni a tutta la zona e come sia quindi vitale che essi vengano trattati in modo organico.

Li riprenderemo tra breve dopo avere considerato il lato amministrativo e giuridico del problema.

4 - La breve analisi economico-demografica che abbiamo or ora fatto, ha, speriamo, ancor meglio servito ad illustrare la specialissima importanza che la zona ambrosiana riveste per tutto il Paese.

Da molte parti, a quanto ci consta, si sente la necessità che tutta i questa zona venga meglio coordinata al fine di ottenerne un più regolato sviluppo urbanistico in senso lato, ma la legislazione provinciale vigente in Italia non offre il modo di attuare questo coordinamento.

Le premesse basi dalle quali siamo partiti nello svolgere questo studio, si possono così sintetizzare: necessità di coordinamento per tutta la zona ambrosiana dei principali servizi, piani regolatori, strade e comunicazioni, sanità e igiene, assistenza e beneficenza, istruzione generale e professionale con la metropoli lombarda “centro funzionale e irradiante”. E il principio informatore quindi, dal quale ci siamo mossi nel formulare le proposte che seguiranno è che l'ordinamento provinciale attualmente esistente è insufficiente per attuare un coordinamento adeguato di questi servizi per il complesso dei comuni che intèressano.

Non è inutile ricordare qui brevemente i principi della legislazione provinciale italiana. La provincia appare oggi sotto un duplice aspetto: come circoscrizione amministrativa dello Stato e come ente autarchico territoriale. Sotto il primo aspetto essa è più che altro sede di alcuni uffici governativi organi dell'amministrazione statale: il Prefetto, il Vice Prefetto, il Consiglio di Prefettura, la Giunta provinciale Amministrativa.

Sotto il secondo aspetto essa appare come ente dotato di personalità giuridica distinta da quella dello Stato e rivolto alla soddisfazione di particolari interessi pubblici. Gli organi della provincia intesa in quest'ultimo senso sono il Consiglio Provinciale, eletto a suffragio universale con le modalità fissate dalla legge 8 marzo 1951 n. 122, la Giunta Provinciale e il Presidente della Giunta Provinciale.

Le attribuzioni della provincia rientrano quasi tutte nel campo dell'attività sociale. Esse si estendono inoltre anche alle opere pubbliche, in particolare strade e opere idrauliche.

Comunque difficilmente si possono trovare nelle attribuzioni della provincia dei poteri coordinatori generali sul tipo di quelli richiesti per un migliore coordinamento della zona che a noi interessa. E tuttavia la necessità di una facoltà di tale genere è da tutti sentita, dalle amministrazioni provinciali stesse che tendono per quanto possibile ad allargare i loro interventi.

Unica concreta possibilità di coordinamento relativamente a determinate materie, è oggi data dalla facoltà di costituire dei consorzi amministrativi. La disciplina di tali consorzi è contenuta negli articoli 100-172 della legge comunale provinciale; i consorzi possono essere intercomunali e interprovinciali, obbligatori o facoltativi.

In tutti i casi però, come già abbiamo detto, la regolamentazione giuridica attuale appare insufficiente per un coordinamento adèguato e continuo dell'attività di tutti i comuni.

Non v'è chi non veda, d'altro lato, quanto sia essenziale per la zona ambrosiana un coordinamento adeguato dei principali servizi e la stesura di un piano regolatore provinciale capace di dirigerne lo sviluppo negli anni futuri.

5 – L’aspirazione ad un migliore regolamento di tutto il territorio è da tempo sentita.

Esiste da noi una legge generale per tutto il Paese, una legge emanata nell'ormai lontano 1942, la quale impone appunto lo studio di piani regolatori regionali, col fine precisamente, ove se ne presenti la necessità, di studiare il coordinamento di territori con caratteristiche omogenee. Tale legge, per molti anni caduta nel dimenticatoio, ha ripreso attualità oggi e già qualche regione ha iniziato gli studi preliminari per la stesura di piani regolatori regionali. In testa a questi studi vi è la regione lombarda, e in particolar modo la provincia di Milano ha per suo conto già iniziato da tempo indagini approfondite dirette a puntualizzare i problemi più scottanti di tutta la provincia. Ma tali studi, per quanto accurati e indispensabili per una efficace comprensione del problema, sono ancora lontani dal potere trasformarsi in pratiche iniziative.

Che un fermento di attività in questo senso esista è stato anche recentemente confermato al congresso internazionale tenuto alla Mendola il settembre scorso, nel quale sono stati dibattuti i problemi della pianificazione regionale. Pure in occasione del convegno delle città, tenuto a Roma l'autunno scorso, sono stati in parte dibattuti i problemi che insorgono dall'esistenza di vaste aree metropolitane. A Milano, infine, è stato non molto tempo fa approvato un piano intercomunale con 51 comuni della provincia per la regolamentazione urbanistica.

6 - Tutto questo fermento di iniziative, di studi, di scritti in questo senso, dimostra che è ormai giunto il momento per passare da studi astratti a proposte concrete che permettano di tradurre nei fatti le esigenze rivelate dagli studi medesimi.

Di norma, e giustamente, si ha paura di costituire nuovi organi “super” di qualunque tipo essi siano. Ma nel caso di riordinamento di una zona metropolitana, di fatto già costituita, dove tuttavia, come già abbiamo fatto rilevare prima, una pluralità di poteri autonomi si contrastano a vicenda, danneggiandosi reciprocamente e compromettendo il regolare sviluppo di tutto un territorio economicamente essenziale per il Paese, solo la creazione di un qualche organo super-comunale capace di esercitare una autorità coordinatrice per alcune determinate attività di interesse comune, può avere la possibilità di ottenere qualche pratico ed utile risultato.

È in questo senso che si svolge questo studio e in questo senso che si prospettano alcune possibili soluzioni. Quelle che seguono, vogliono essere delle proposte e come tali vogliono costituire un punto di partenza per suscitare discussioni, per essere eventualmente sostituite da altre proposte migliori. Ciò che conta, in tutti i casi, è di iniziare a fare qualche cosa in questo campo nel più breve tempo possibile. Anche qualche errore all’inizio sarà sempre preferibile alla attuale inerzia.

7 - In astratto le possibili soluzioni che si possono dare al problema sono molteplici. Si può da un canto immaginare di procedere alla costituzione di un qualche organo di tipo super-comunale, non toccando gli attuali organi amministrativi della provincia, in particolare l' Amministrazione provinciale propriamente detta. Teoricamente, almeno tre sono i possibili metodi per attuare questo. Si può per esempio pensare di allargare smisuratamente il Comune di Milano sino ad assorbire tutti o quasi i comuni componenti la zona ambrosiana. L’immenso comune che ne risulterebbe potrebbe in teoria funzionare come ogni altro comune, oppure venire a sua volta risuddiviso in distretti o sotto-comuni, sul tipo dei distretti di New York.

Appare subito evidente che una soluzione del genere sarebbe inadeguata e irrealizzabile. È pur vero che il fenomeno di fusione di comuni avviene anche con una certa frequenza, e Milano stessa, ad esempio, nel 1923 ha proceduto alla aggregazione di una decina di comuni limitrofi. È pur vero anche che in determinati casi la fusione di due o più comuni può essere cosa utile e benefica e specialmente nella provincia di Milano, caratterizzata come già abbiamo accennato prima da una miriade di piccoli o piccolissimi comuni, ciò dovrà col tempo avvenire.

Ma la fusione di oltre un centinaio di comuni in uno solo, sia pur questo Milano, sarebbe oggi assolutamente ingiustificata. Il comune è oggi senza alcun dubbio l'ente locale più sentito e più rappresentativo. Nella provincia di Milano poi abbiamo a che fare con comuni sul tipo, tanto per fare qualche nome, di Monza o Legnano, ricchi di tradizioni e non solo di tradizioni, comuni che mai si assoggetterebbero a divenire dei puri e semplici distretti o quartieri.

Infine la continuità urbanistica è per ora limitata ad alcuni specifici settori della zona ambrosiana, per cui l'immenso comune che ne risulterebbe sarebbe anche ed oltre tutto territorialmente discontinuo. Insomma una proposta del genere oltre che del tutto immatura, urterebbe contro il buon senso e tutta la nostra tradizione.

Più facilmente realizzabile potrebbe invece essere un'altra proposta. Creare cioè al di fuori e al di sopra dell'attuale Amministrazione provinciale e dei singoli Consigli comunali naturalmente, un “Consiglio Ambrosiano” “ sui generis”, eletto in modo particolare e dotato di particolari poteri di coordinamento e di supervisione, che dovrebbe convivere pacificamente con gli organi amministrativi attualmente esistenti.

In astratto tale soluzione è possibile, ma il suo pratico funzionamento sarebbe in realtà estremamente difficile.

È vero che l’Amministrazione provinciale attuale non svolge compiti di coordinamento, ma molte delle sue funzioni, quelle che riguardano la viabilità, per esempio, dovrebbero venire assunte dal Consiglio ambrosiano se questo deve potere esercitare un’utile funzione. Si verrebbe quindi, ad avere una situazione ibrida. O l'eligendo Consiglio ambrosiano si limita ad avere una funzione puramente consultiva, e in questo caso esso perde tutta o quasi la sua utilità pratica. Oppure dovrebbero essere drasticamente fissati i compiti spettanti all'organo ambrosiano e all'organo provinciale.

In pratica però riteniamo che i conflitti di competenza che si creerebbero sarebbero infiniti, e tutta la bardatura burocratica che si finirebbe con l'avere diverrebbe insopportabile.

Infine, ed in modo più consono alla realtà, si potrebbero saltare a piè pari le difficoltà insite nelle due precedenti proposte, proponendo di creare invece nell'ambito della zona ambrosiana un grande consorzio amministrativo di tutti i comuni che ne fanno parte, consorzio chiamato a deliberare e decidere su alcune e prefissate materie.

Vale la pena di analizzare in dettaglio questa proposta perchè essa può apparire sotto molti aspetti buona, e migliore e più facilmente realizzabile di quelle che faremo in seguito.

Principale vantaggio di una soluzione del genere sarebbe quello di appoggiarsi alla legge vigente usufruendo della nota figura giuridica del consorzio amministrativo di cui abbiamo già accennato in precedenza.

Attualmente la facoltà di costituire dei consorzi amministrativi intercomunali e anche interprovinciali viene utilizzata per scopi di limitata importanza e di limitato interesse. Per provvedere ad esempio a determinate opere pubbliche di interesse collettivo per pochi comuni o per provvedere ad alcuni servizi in comune. Tipico esempio la costituzione di un consorzio per il servizio di segreteria tra due comuni.

Da un punto di vista strettamente giuridico non crediamo vi sarebbero ostacoli gravi a voler estendere questa facoltà di consorziarsi ad un numero anche rilevante di comuni e per scopi di vasta ed ampia portata.

Il vantaggio di usufruire di una figura giuridica nota è in un certo senso rilevante. Stabiliti i problemi e i bisogni comuni di una determinata zona, i comuni componenti tale territorio potrebbero venire obbligatoriamente inclusi nel consorzio (consorzio obbligatorio), e di tale consorzio verrebbe a far parte per legge la provincia stessa, la quale, sempre per legge, sarebbe tenuta a concorrere per almeno un quarto alle spese.

In tal modo si realizzerebbe lo scopo di provvedere in modo unitario ai problemi generali della zona, senza sminuire di troppo l'autorità dell'amministrazione provinciale.

L'assemblea consortile diverrebbe in un certo senso quell'organo super comunale di cui abbiamo detto prima, con facoltà di imperio sui comuni della zona per le materie fissate come scopi del consorzio nello statuto del consorzio stesso.

A parte l'utilità pratica di un consorzio di tal fatta, esso potrebbe anche finire con l'avere una funzione educativa non trascurabile per la collaborazione dei diversi comuni tra di loro.

Malgrado l'apparente vantaggio di una soluzione del genere, vi sono diversi punti contrari di natura politica oltre che pratica che ne sconsigliano l'adozione.

In primo luogo sarebbe sproporzionato e contrario allo spirito della legge voler estendere questa facoltà di riunire alcuni comuni in consorzio, sino a tal punto. Non era certo negli intendimenti del legislatore dar modo di costituire un consorzio di tale ampiezza e con tali poteri, e finire col dare ad una assemblea consortile una autorità specifica superiore alla stessa autorità della amministrazione provinciale e di tutti i singoli consigli comunali.

Secondariamente un organo consortile mancherebbe di ogni carattere di flessibilità e di adattabilità alle diverse situazioni di fatto che si vengono via via a creare.

Sempre contraria allo spirito della legge è inoltre la formazione di un consorzio creato “per sempre”. Il consorzio quale è comunemente inteso, ha sempre un carattere temporaneo, mentre è essenziale per la zona ambrosiana un organismo permanente e responsabile delle sue azioni.

Infine una soluzione del genere mancherebbe completamente di “cuore politico”. Nell'assemblea consorti le entrerebbero a far parte unicamente i rappresentanti dei singoli comuni (nel consorzio, ogni comune avrebbe diritto ad un numero di rappresentanti in proporzione del suo contributo al consorzio stesso. In tal modo l'assemblea consortile che risulterebbe sarebbe oltre tutto troppo numerosa e inadatta a compiere un lavoro utile) ed i problemi della zona verrebbero visualizzati ed impostati sotto l'angolo ristretto dei singoli problemi comunali, e non nella loro completezza e senza tener conto dei futuri bisogni e sviluppi di tutto il territorio nel suo complesso.

Mentre una funzione anche politica è essenziale in un organismo chiamato a riordinare tutta una parte di territorio che, vale la pena di ripeterlo, è economicamente e anche politicamente il più importante del Paese.

8 - Le tre proposte di cui abbiamo ora detto appaiono irrealizzabili o per lo meno sconsigliabili. Nessuna di esse permette di raggiungere lo scopo di realizzare un organo coordinatore, dotato anche di facoltà di imperio, senza per questo assorbire o annullare la funzione del comune.

E l'ostacolo principale alla realizzazione di questo organo è dato dall'esistenza di una amministrazione provinciale inadatta a svolgere compiti coordinativi, e nello stesso tempo dotata di alcune funzioni che debbono venire assunte ed opportunamente sviluppate dall'organo ambrosiano.

La proposta quindi che segue parte da tutt'altro presupposto delle precedenti, e riteniamo sia la sola che ci permetta di raggiungere il fine desiderato.

Già abbiamo illustrato in precedenza quelle che sono oggi le funzioni della Amministrazione provinciale, e già abbiamo rilevato più volte come queste siano insufficienti.

È a tutti noto che oggi la provincia è poco sentita, poco apprezzata anche quando, come la provincia di Milano, essa cerca di allargare i suoi interventi, conscia della necessità che qualche cosa di più deve essere fatto per la vita del territorio che essa amministra.

La migliore prova di questa aspirazione da parte della provincia di Milano la si ha oggi considerando gli studi che essa ha condotto, appunto per la stesura di un piano regolatore provinciale nell'ambito del piano regolatore regionale. Ma questa sua lodevole aspirazione è destinata a cadere nel nulla per la mancanza di una base giuridica su cui appoggiarsi, e la impossibilità pratica di potere intervenire efficacemente nell'ambito dei singoli comuni.

Riteniamo quindi che un allargamento dei poteri della provincia, una trasformazione radicale della amministrazione provinciale di Milano, costituisca l'unico metodo per realizzare quanto da ogni parte, dalla provincia stessa in primo luogo, si chiede insistentemente.

È in questo senso che è ispirata la proposta che segue, nel senso cioè di trasformare l'amministrazione provinciale milanese attuale, in una amministrazione provinciale ambrosiana, capace realmente di corrispondere ai bisogni che il moderno e grandioso sviluppo economico e demografico della provincia richiede.

È evidente che una trasformazione della attuale provincia in tal senso significa una vera e propria rivoluzione amministrativa.

Ma solo un intervento radicale in questo campo può permettere il riordinamento e il rinnovamento del territorio ambrosiano, mentre il ricorrere a semplici palliativi, quale in definitiva sarebbe ad esempio la formazione di un consorzio, non farebbe che ritardare e rendere più difficile la soluzione del problema.

La provincia ambrosiana ha diritto e ha necessità ad un ordinamento speciale adatto alla sua posizione. Esempi di speciali amministrazioni per speciali situazioni non mancano. Valga per tutti la speciale amministrazione di Parigi e del dipartimento della Senna, Parigi, capitale economica oltre che politica della Francia, e il dipartimento della Senna, immenso suburbio della capitale francese, godono da un secolo e mezzo di speciali prerogative che li differenziano da ogni altro dipartimento della Francia. In Francia “ la capitale appartient au gouvemement” e questo stato di fatto riconosciuto ha permesso e permette tuttora di coordinare adeguatamente lo sviluppo di tutto il dipartimento.

Non è retorica l'affermare che Milano è realmente la capitale economica di Italia. Ed è uno stato di fatto riconosciuto che gran parte della ,zona del milanese fa corpo con Milano ed- ha interesse, come Milano, ad una visione ed azione unitaria nello sviluppo di questo spazio vitale comune.

Crediamo quindi che sia legittima aspirazione della provincia di Milano quella di ottenere dallo Stato una legge speciale, che le consenta di attuare a mezzo di un ordinamento suo particolare, lo sviluppo coordinato di tutto il suo omogeneo complesso.

9 - La possibilità di attuazione di questa “Provincia Ambrosiana” va compresa nell’ambito dell’attuale territorio della provincia di Milano ed è in questo ambito che deve avvenire la trasformazione dell’amministrazione provinciale attuale in una amministrazione ambrosiana capace di coordinare lo sviluppo di tutto il territorio.

Nella fase iniziale di questo studio, e sulla base dei soli dati economici riferiti all’inizio, e sulla constatazione quindi da un lato di una zona sud della provincia ancora caratterizzata da una economia prettamente agricola, e d’altro lato di una zona la quale pur non facendo parte del territorio della provincia, presentava tuttavia caratteristiche analoghe alla zona ambrosiana propriamente detta, era stata avanzata un’idea la quale prevedeva per il sud la costituzione di una provincia a sé con centro Lodi, e a nord l’assorbimento nella nuova provincia di Milano di un certo numero di comuni appartenenti alla provincia di Varese.

Queste due possibilità, seppure apparentemente logiche e giustificabili sul piano teorico, si sono dimostrate a seguito di indagini più approfondite, non consone allo spirito del progetto e non utili. Mentre infatti la zona del lodigiano lasciata a sé incontrerebbe fin dall’inizio difficoltà di ordine finanziario assai notevole che le impedirebbero non solo un regolare funzionamento ma limiterebbero ogni possibilità di progresso della zona, finendo col rendere ancor più marcato negli anni futuri il distacco economico fra il nord ed il sud della provincia di Milano, l’assorbimento di alcuni comuni tra i più ricchi del Varesotto costituirebbe a sua volta un peso finanziario molto gravoso per la vicina provincia.

È invece/nello spirito e nelle intenzioni della nuova provincia ambrosiana di cooperare fruttuosamente con le zone e provincie limitrofe per un progresso economico di tutta la regione lombarda.

Mantenendo il territorio della provincia metropoli ambrosiana nell’ambito dell’attuale provincia, si viene a dare una possibilità quale mai era stata data prima, alla zona del Lodigiano di fruire e partecipare dei benefici del progresso che marcherà il futuro andamento della zona ambrosiana. E non si viene a ledere il funzionamento e l’operosa azione di una provincia vicina fra le più attive, con la quale invece saranno presi per il vantaggio reciproco tutti gli accordi necessari per condurre una azione comune.



10 - La sostanza della proposta sta comunque nel creare la “Provincia Ambrosiana” e nel costituire quindi un consiglio provinciale ambrosiano “ ad hoc” e quale che sia l’ambito territoriale di sua spettanza, le sue funzioni e i suoi compiti non mutano. Quali sono i più. assillanti problemi della provincia ambrosiana r e quali dovrebbero essere le funzioni del Consiglio Provinciale Ambrosiano? , A nostro parere il primo e principale compito del Consiglio Ambrosiano sarà quello di elaborare un concreto piano regolatore generale di tutto il territorio della provincia. Un piano regolatore territoriale di tale fatta è già allo studio da parte della provincia, come abbiamo accennato in precedenza. A quanto risulta, gli studi effettuati dalla provincia in quasi due anni di lavoro hanno portato alla rilevazione degli aspetti più caratteristici di tutto il territorio della provincia di Milano. Il lavoro è stato condensato in oltre 70 tabelle e grafici, riferentisi alla natura fisica del territorio, al suo aspetto urbanistico; con inchieste particolari sui consumi annui pro-capite di energia elettrica, con indici del grado di progresso dei singoli comuni, con comparazione dello sviluppo edilizio dei centri abitati negli ultimi 50 anni; i problemi relativi ai servizi pubblici, gli elettrodotti, i metanodotti, ferrovie, tranvie, autolinee etc. hanno pure ricevuto ampia elaborazione. E ancora, è stata fatta un’indagine sul fenomeno importantissimo delle fluttuazioni della popolazione e sui moti pendolari delle masse lavoratrici, sull’indice di disabitabilità etc. E infine sono state condotte indagini accurate sulla situazione industriale, del commercio, dell’artigianato e dell’agricoltura di tutta la provincia.

Questo lavoro dovrà certamente servire di base per la stesura del piano regolatore generale, piano che dovrà, ci sembra, limitarsi alla soluzione dei problemi di carattere generale che implicano rapporti fra i comuni della zona o la struttura urbanistica complessiva di questa (zone residenziali, zone di affari, zone industriali, parchi etc.), lasciando invece ad ogni singolo comune la responsabilità di elaborare il proprio piano regolatore particolare.

Per quanto riguarda tuttavia il piano regolatore generale il Consiglio Ambrosiano dovrà avere i poteri necessari per promuoverne e assicurarne l’attuazione; dovrà avere la possibilità, quando necessario, di richiedere contributi ai comuni più interessati, dovrà in una parola potere esercitare effettivamente la sua funzione di organo super-comunale.

Il primo e forse principale problema che dovrà essere risolto dal nuovo organo ambrosiano nell’ambito del piano regolatore e che dovrà quindi venire trattato in questo in dettaglio, è quello della viabilità e dei trasporti.

A questo proposito l’organo ambrosiano non dovrà soltanto fare sue le attuali attribuzioni della provincia, ma dovrà estenderle; tutta la rete, per esempio, delle strade comunali, ora lasciate spesso in abbandono, a volte non completate per mancanza di mezzi da parte dei comuni, dovrà cadere sotto la sua giurisdizione.

Non solo, ma la stessa ANAS dovrebbe concordare i suoi progetti viarii nella zona, con l’organo ambrosiano, al fine di armonizzare lo sviluppo di tutto il territorio.

Quanto sia grave il problema della viabilità per Milano lo si può mostrare con pochissimi accenni.

Esso può suddividersi in tre parti: il problema della rete stradale di collegamento periferico milanese; il problema delle comunicazioni tra Milano e la zona ambrosiana ed il problema della penetrazione delle linee di comunicazione nella città.

Per quanto riguarda il primo problema va innanzi tutto detto che il raccordo anulare attorno al comune di Milano è oggi solo parziale ed anche frammentario, mentre le necessità richiedono non solo che esso sia completato ma anche che sia potenziato mediante l’attuazione di uno o due ulteriori anelli concentrici di raccordo che attuino il principio delle grandi strade di circonvallazione e delle strade di arroccamento immediato.

Il problema delle comunicazioni tra Milano e i comuni viciniori I costituisce un punto vitale della organizzazione economico-territoriale ambrosiana; data l’importanza esso va quindi affrontato con larghezza di idee e visione lungimirante. Ed infine collegato al problema delle comunicazioni vicinali vi è quello di una sufficiente penetrazione di queste nella città e del collegamento fra loro.

Collegamento e penetrazione specialmente necessari per il movimento giornaliero dei lavoratori e degli uomini di affari che già attualmente è dell’ordine di 200 mila unità. Oggi in tale settore la perdita di tempo è troppo alta e ciò costituisce un danno che va eliminato al più presto.

Quanto si è ora detto per le strade vale anche per i trasporti ferroviari. Nell’espletamento dei loro servizi nella zona, sia le Ferrovie dello Stato sia le Ferrovie private dovrebbero consultarsi con l’organo ambrosiano al fine di tener conto delle effettive necessità della provincia tutta. Lo stesso vale per le autolinee private.

Funzione dell’organo provinciale sarà naturalmente anche quella di indirizzare e armonizzare lo sviluppo urbanistico nel territorio in senso vero e proprio, specie là dove la continuità urbanistica tra Milano e i Comuni più vicini è quasi ininterrotta.

Il piano regolatore di Milano quindi dovrebbe venire collegato con i piani regolatori dei comuni vicini, e il Consiglio Ambrosiano potrebbe, se necessario, e in deroga al principio dell’autonomia dei comuni nella stesura dei piani regolatori particolari, imporre per quella parte della provincia ambrosiana urbanisticamente continua la stesura di piani regolatori particolareggiati.

L’amministrazione della provincia-ambrosiana dovrà inoltre influenzare nelle sue linee generali anche la dislocazione futura delle industrie.

Nella elaborazione del piano provinciale essa dovrà poter indicare le zone in cui viene esclusa la costituzione di nuovi complessi industriali, e dove in conseguenza i comuni non potranno dare permessi di insediamento a nuove industrie.

D’altro canto, sempre nel piano regolatore, dovranno essere indicate le zone industriali più convenienti, e sarà compito dell’amministrazione di facilitare l’insediamento delle industrie in tali zone apportando in precedenza i servizi indispensabili per le industrie stesse. Quindi facilità di mezzi di comunicazione, trasporto dell’energia, possibilità di scolo delle acque, ecc.

Nella elaborazione di tutto il piano regolatore, l’amministrazione ambrosiana dovrà tener conto degli sviluppi futuri della metropoli lombarda e del territorio che con essa forma un tutto continuo. Ed è specialmente in vista di questo sviluppo che il decentramento di tutti i servizi dovrà essere attuato, e che tutte le singole funzioni, ora di spettanza della provincia, dovranno venire sviluppate.

Dobbiamo immaginarci un imponente complesso di quasi 5 milioni di abitanti, concentrato in una superficie relativamente piccola (poco più della estensione del solo comune di Roma, come già abbiamo visto), per il quale un ordinamento razionale ed organico di tutti i servizi risulterà indispensabile.

Molti problemi che oggi appena si fanno sentire richiederanno allora soluzioni urgenti, e solo una visione lungimirante di quelli che potranno essere in un futuro molto vicino i bisogni di una così vasta metropoli, consentirà di soddisfarli.

Così il problema di una zona ospedaliera e di tutti i servizi igienici e sanitari, degna di questo nome per la metropoli lombarda vera e propria, ed un complesso di istituti ospedalieri dislocati in tutta la zona ambrosiana, specie là dove la concentrazione della popolazione sarà maggiore. E in questo campo dovranno agire in stretto accordo i singoli comuni e l’amministrazione ambrosiana.

Allo stesso modo si dovrebbe cercare di provvedere sin da ora a liberare le aree centrali delle città occupate da caserme e da altre apparecchiature militari, il cui trasferimento in zone più libere è oltretutto più consono alle necessità moderne. All’uopo l’amministrazione ambrosiana dovrebbe prendere i necessari contatti con il Ministero della Difesa ed indicare le zone di più conveniente sistemazione per questi servizi.

Il problema dell’azzonamento che nel piano regolatore di Milano è contemplato solo per il centro urbano vero e proprio, diverrà un problema generale per la zona ambrosiana e certo uno dei più importanti.

Non solo, ma mentre nell’ambito del comune di Milano un effettivo azzonamento è sin d’ora compromesso in molti quartieri per motivi storici o per indiscriminate costruzioni avvenute nel dopoguerra, nella zona esterna una tipica divisione di quartieri costruiti a seconda della loro destinazione, dovrebbe riuscire più facile. Quartieri residenziali in primo luogo dotati di tutti i servizi necessari, collegati ai centri di lavoro in modo razionale, dovranno dare respiro alla congestione delle zone centrali.

Il progetto della metropolitana dovrebbe essere riveduto secondo il criterio di servire non solo e non tanto il comune di Milano e le sue immediate adiacenze, quanto anche le comunicazioni dei comuni fuori Milano con il capoluogo, e dei vari centri tra di loro.

Il cittadino milanese dovrà necessariamente abituarsi a risiedere al di fuori del centro della città, in zone residenziali appositamente costruite, ed a spostarsi ogni giorno con mezzi adeguati e rapidi al i proprio centro di lavoro. Questa premessa comune per lo sviluppo di ogni grande metropoli dovrà essere realizzata per Milano in modo moderno e adeguato.

Altri problemi ora del tutto trascurati dovranno entrare a far parte delle funzioni specifiche della amministrazione ambrosiana.

L’istruzione professionale ad esempio, che ora rientra solo tra i compiti marginali della provincia, la quale è tenuta a provvedere ai locali ed al personale d’ordine di certe categorie di scuole. Un azzonamento anche di questo servizio appare indispensabile in un complesso metropolitano cosi esteso ed un intervento diretto quindi anche di questa natura da parte della amministrazione ambrosiana darà un efficace contributo a tutto il ritmo economico della metropoli.

Per ogni funzione ora di spettanza della provincia o dei comuni, assunta dalla amministrazione ambrosiana, si dovrà provvedere in modo da realizzare il vantaggio comune di tutto il complesso metropolitano.

Il procedere a pezzetti, senza una visione unitaria dei problemi, sanando le situazioni difficili che si presentano con semplici palliativi, non può certo aiutare lo sviluppo omogeneo di Milano e delle città e paesi che la circondano.

È quindi sempre con lo sguardo rivolto al futuro che ogni progetto deve essere studiato e realizzato; ad un futuro non tanto lontano in cui la saldatura di Milano con gran parte dei comuni della zona ambrosiana sarà inevitabilmente un dato di fatto anche da un punto di vista urbanistico.

È ovvio che l’amministrazione provinciale ambrosiana, assumendo tutte le funzioni della attuale amministrazione provinciale, dovrà subentrare ad essa anche in tutte le sue fonti di entrata. Non solo: assorbendo essa anche parte delle funzioni ora di spettanza dei singoli comuni (strade comunali ad esempio) essa potrà nel caso richiedere ai singoli comuni un contributo proporzionato.

Ancora una parola sui rapporti tra organo ambrosiano e organi prefettizi. Per quanto possibile e salvo le necessarie modifiche formali, tali rapporti dovrebbero continuare a rimanere quelli ora esistenti tra amministrazione provinciale e organi della Prefettura. Gli organi gerarchici continueranno ad esercitare il loro potere di controllo nei confronti questa volta del nuovo organo ambrosiano. Nella Giunta Provinciale Amministrativa alcuni membri potranno essere nominati dietro il parere del consiglio ambrosiano in modo tale da far convergere in questo organo le due volontà della autorità statale e della autorità elettiva.

11 - Caratteristica insomma dell’amministrazione della provincia ambrosiana dovrà essere la piena ed assoluta capacità coordinatrice del territorio di sua spettanza, ed un potere di iniziativa e di esecuzione sufficiente per promuovere la risoluzione dei problemi comuni della zona. Per questa sua speciale e responsabile funzione l’organo dovrà venire articolato in un Consiglio il più rappresentativo possibile degli interessi di tutto il territorio ambrosiano, tenendo conto naturalmente del processo di assestamento di molte zone esterne per una progressiva concentrazione di tali interessi.

Teoricamente oggi si potrebbe pensare ad un consiglio che includa, oltre ad un certo numero di Consiglieri eletti su liste ambrosiane di partito - necessari per dare un’autorità politica al nuovo Consiglio e consentire una valutazione dei problemi al di fuori delle ristrette visioni comunali - anche i rappresentanti di tutti i Comuni della provincia.

È evidente però che:



a) Oggi un tale Consiglio -con l' esistenza di 245 Comuni, dei quali 28 con meno di 1.000 abitanti e superfici da ritenere senz’altro, per molti di essi, microscopiche; 54 fra 1.000 e 2.000 abitanti, e 96 fra i 2.000 e i 5.000 abitanti - dovrebbe risultare composto di 300 e più persone, con difficile e lento funzionamento, ma soprattutto con evidente squilibrio rispetto alle esigenze di rappresentanza dei centri maggiori;



b) La prima, e sotto certi aspetti auspicabile, conseguenza della attività propulsiva e coordinatrice della Provincia ambrosiana, sarà quella di rendere inevitabili molte spontanee fusioni di piccoli Comuni che, se mantenessero la loro minuscola importanza attuale, finirebbero con l'essere avulsi dal processo di potenziamento dell'intero territorio, col pericolo anzi non solo di non essere partecipi della formazione dei futuri sviluppi ma di subire l'iniziativa di altri Comuni più pronti e vivaci anche se di attuale modesta importanza.



c) Deve essere tenuto nella necessaria considerazione il compito di “centro funzionale e irradiante” - e, cioè, di “Comune pilota” - che spetta al capoluogo della provincia (senza che tuttavia si pensi ad una dittatura di quest'ultimo), attribuendo allo stesso Capoluogo una adeguata rappresentanza nel Consiglio Provinciale Ambrosiano.

D'altro canto non sembra opportuno adottare per l'elezione di un organo nuovo e così particolare come il Consiglio Provinciale Ambrosiano il sistema ora vigente per l'elezione degli altri Consigli Provinciali, che hanno attribuzioni più limitate di quelle che dovrebbero essere assegnate al Consiglio Provinciale Ambrosiano.

Infine è da ritenere che un progetto di composizione del Consiglio Provinciale Ambrosiano debba partire da una valutazione aderente più al domani che all'oggi, onde evitare che un organo, nato sulla base di condizioni che dovranno inevitabilmente subire molte trasformazioni, si trovi ad essere rapidamente superato nella sua concezione, e, perciò, nelle sue possibilità funzionali.

Pare quindi utile ravvisare fin d'ora la Provincia Ambrosiana quale prevedibilmente potrà essere fra 15 o 20 anni e cioè al raggiungimento, o al vicino raggiungimento, dei 5 milioni di abitanti.

È chiaro che si dovranno considerare elementi in parte diversi da quelli attuali, in quanto, ad esempio: lo sviluppo della zona esterna modificherà l'odierno rapporto di popolazione del Capoluogo rispetto al resto della provincia (si potrà forse pensare ad una Milano che raggiunga ma non superi in 15 o 20 anni i 2 milioni di abitanti -contro gli attuali 1 milione e 275 mila - e ad una zona esterna che raggiunga i 3 milioni contro gli attuali l. 135.000); si andranno formando nella stessa zona esterna centri industrialmente sempre più efficienti, ma nel Capoluogo si concentreranno i centri direzionali e le attività a livello superiore, avvalorando il principio che al Capoluogo debba essere garantita una sufficiente rappresentanza nel Consiglio Provinciale Ambrosiano, ecc.

A scopo indicativo esponiamo perciò uno schema che è stato elaborato tenendo conto della necessità di contemperare la rappresentanza diretta dei Comuni con la rappresentanza indiretta e politica di tutta la zona, nella visione di un Consiglio Provinciale Ambrosiano efficiente ed appropriato alla nuova provincia di 5 milioni di abitanti.

Secondo tale schema il Consiglio Provinciale Ambrosiano potrebbe, ad esempio, essere composto.

- da 45 membri eletti con elezioni di 2° grado, e;

- da 60 membri eletti con elezioni di l° grado.

A) Elezioni di secondo grado

I 45 Consiglieri dovrebbero essere eletti:

- in numero, ad esempio, di 15 dal Consiglio Comunale di Milano, nel proprio seno;

- in numero di 30 dai Consigli Comunali degli altri Comuni, riuniti in 15 gruppi, ciascuno dei quali dovrebbe eleggere 2 Consiglieri del Consiglio Provinciale Ambrosiano.

Questo sistema di elezione di secondo grado avrebbe tre pregi principali:

l) la semplicità;

2) il coordinamento della rappresentanza dei Comuni, tenuto conto della loro popolazione;

3) il formarsi di una progressiva comunione di interessi e di azioni anche sul piano della rappresentanza nel Consiglio Provinciale Ambrosiano, tale da favorire l'articolazione della futura Provincia Ambrosiana su un grandissimo centro propulsore (Milano) e su gangli rappresentanti un non eccessivo numero di Comuni aventi, almeno in parte, una notevole consistenza.

E) Elezioni di primo grado.

Con queste elezioni si dovrebbero eleggere 60 Consiglieri, i quali servirebbero anche a “ponderare” i rappresentanti eletti con le ele-zioni di 2° grado.

L’elezione di questi Consiglieri dovrebbe essere fatta col sistema proporzionale, e la distribuzione dei posti fra Milano e il resto del territorio dovrebbe essere fatta in base alla popolazione residente dell'ultimo censimento.

La distribuzione dei rappresentanti nominati con le elezioni di secondo grado, nonostante la ponderazione attuata attraverso le elezioni di primo grado, porta ad una maggiore rappresentanza percentuale della zona esterna rispetto al peso relativo della propria popolazione.

E però da notare che la maggior rappresentanza della zona esterna compenserebbe: e l'alto grado di concentrazione dei rappresentanti milanesi rispetto al grado di concentrazione delle altre rappresentanze comunali e la evidente preponderanza di Milano sotto l'aspetto economico e sociale. Vi è qui un delicato problema, psicologico oltre che amministrativo, la cui soluzione definitiva, anche se dovesse essere diversamente prospettata non dovrà però trascurare le considerazioni esposte, e le esigenze di rappresentanza nel Consiglio Provinciale Ambrosiano, come in linea di massima qui analizzate per una piena funzionalità della Provincia Ambrosiana.

12 - Per chiudere non ci sembra inutile riprendere brevemente il filo conduttore che ci ha indirizzato nella analisi dei diversi problemi.

Milano è oggi il centro funzionale di una vasta zona che grosso modo si può far coincidere con il territorio di tutta la provincia, e che con maggiore intensità coincide con la parte settentrionale della provincia stessa con sconfinamenti nel territorio limitrofo di Varese (“zona ambrosiana”).

Centro funzionale ha qui un profondo significato economico attuale che appare ancora più evidente se si proietta lo sviluppo di Milano nel futuro.

La “zona ambrosiana” propriamente detta ha oggi una popolazione di due milioni e mezzo di abitanti, che tra 15-20 anni ammonterà con ogni probabilità a quasi 5 milioni.

In essa è oggi concentrato un complesso produttivo pari al 12% nazionale, in un territorio che ne rappresenta appena lo 0.5%.

La concentrazione degli addetti delle industrie manifatturiere è pari al 18% del dato nazionale, e del 56% rispetto alla sola Lombardia. Per i prossimi 15 o 20 anni si prevede un incremento nell'apparato produttivo per lo meno di 2,5-3 volte l'attuale.

Tutto il territorio presenta una fisionomia omogenea, problemi e disegni comuni ed una necessità di coordinamento indispensabile per garantirne lo sviluppo.

L'organizzazione amministrativa attuale, uguale a quella di ogni altra provincia d'Italia, è inadatta a svolgere i compiti grandiosi che sono necessari. Essa impedisce che nelle diverse attività vi sia un in- dirizzo uniforme ed una visione chiara di ciò che deve essere fatto per il futuro.

Unica soluzione a tale situazione di fatto appare oggi una legge speciale per la provincia di Milano. Legge speciale che riconosca questa metropoli-provincia unica nel suo genere in Italia e caratteristica anche in tutta Europa.

Sono inutili palliativi tipo consorzi amministrativi, o tentativi di costituire un organo consultivo convivente con la attuale amministrazione provinciale.

La trasformazione dell'amministrazione provinciale in un Consiglio Ambrosiano creato ad hoc, rappresentativo degli interessi di tutti i comuni costituisce probabilmente l'unica soluzione adatta.

Consiglio che intraprenda l'opera di riordinamento, che assorba le funzioni della provincia, col fine preciso di preparare il terreno allo sviluppo della zona negli anni futuri, che sappia, con piani regolatori generali, comprenderne i bisogni.

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