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Rapporto sul cemento che soffoca la Liguria
28 Aprile 2007
Liguria
Una forte denuncia del soprintendente per i Beni culturali e il paesaggio della Liguria riapre una polemica sulla distruzione del territorio della Liguria. Da la Repubblica, ed. Genova, del 26 e 28 aprile 2007

26 aprile 2007

Rapporto sul cemento che soffoca la Liguria

L’intervista di Marco Preve al Soprintendente Giorgio Rossini

Dalle villette di Recco al golf di Bonassola, passando per i parcheggi di Genova, i grattacieli di Albenga e Savona. Sono tanti, forse troppi i "punti di criticità" ambientale enunciati dal Soprintendente Giorgio Rossini nella sua relazione annuale sul monitoraggio del paesaggio inviata da poco al Ministro dei Beni culturali Francesco Rutelli.

Le emergenze riguardano il verde urbano di Genova dove «le previsioni edificatorie hanno raggiunto il livello di saturazione», e in primis l’uliveto murato di Quarto, e poi i piani urbanistici comunali di varie località rivierasche, e anche una perla come San Fruttuoso di Camogli dove sopravvivono baracche frutto di abusi.

Se fosse una pagella, l’alunno non potrebbe che essere bocciato. Tutt’al più rimandato in materie fondamentali come il paesaggio, la conservazione del verde e del patrimonio rurale, la cementificazione.

Le sei pagine di "Monitoraggio del paesaggio", ovvero la relazione annuale con cui il Soprintendente per i Beni Architettonici e per il Paesaggio, Giorgio Rossini, informa il ministro dei Beni culturali della situazione del suo territorio, sono una radiografia severa della Liguria, un voto insufficiente per i suoi sindaci e amministratori provinciali e regionali. Un dossier che per Legambiente e Italia Nostra che lo hanno letto, è diventato una sorta di vangelo, e che arriva in un momento chiave, visto che la Regione sta aggiornando il Piano Paesistico. Senza dimenticare che si attende che, dopo Sardegna e Toscana, sia proprio la Liguria a firmare quell’accordo con il ministero dei Beni culturali che, di fatto, attraverso la condivisione, dovrebbe rendere più difficili le abituali operazioni di scavalcamento dei vincoli, quelle che consentono al cemento di contaminare anche gli ultimi paradisi storico naturali. Un progetto al quale il ministro Francesco Rutelli sta dedicando grandi sforzi e che prevedono anche la creazione di un nucleo "carabinieri del paesaggio".

Ce n’è per tutti, a iniziare dal capoluogo, per continuare con il Puc di Recco che mette a rischio la collina di Megli, e poi con Framura, Alassio, Albenga e così via. Rossini elenca le "criticità", parla del Puc in vigore a Genova e spiega che «la consistente antropizzazione ha indotto spesso il declassamento ad ambiti di trasformazione di aree verdi di pregio tutelate sotto il profilo paesistico. Un capitolo significativo è rappresentato dall’aggressione al verde urbano del levante. Albaro, San Martino, Quarto, Quinto, Sant’Ilario». I riferimenti a box e palazzine (alcuni interrotti da decisioni del consiglio comunale o del Tar) riguardano gli ex uliveti di via Semeria e via Palloa, e poi le aree verdi di villa Gambaro, via Donato Somma, l’area Campostano, viale Quartara, via Sacchi, via Giordano Bruno, via Puggia, e i fienili di Sant’Ilario che si trasformano in villette. E ancora «le previsioni edificatorie hanno raggiunto il livello di saturazione...si ritiene indispensabile dichiarare la previsione di conservazione per le zone paesistiche di pregio...al contrario ipotesi di nuova espansione edilizia innescano una perversa involuzione territoriale...una irreversibile perdita di valori pubblici...». L’architetto Rossini stigmatizza poi la "prassi", da parte di Regione e Provincia, di convocare la Soprintendenza nella fase di previsione degli strumenti urbanistici e «il ricorrente mancato confronto ministeriale» nella fase di formazione degli stessi.

L’elenco delle criticità del paesaggio - termine che raccoglie vari contenuti, ambientale, storico, socio-economico, urbanistico, perfettamente analizzati dal geografo genovese Massimo Quaini nel suo libro "L’ombra del paesaggio" - è lungo. Secondo Rossini «la maggiore aggressione edilizia al territorio si incontra nel tratto di costa e relativo entroterra tra Arenzano e il Monte di Portofino». Il paragrafo più lungo è dedicato al Puc di Recco, ancora da approvare a causa di incompatibilità interne alla maggioranza di centodestra. Un piano che prevede una colata di cemento sulla collina di Megli «in zone di pregio paesaggistico, a rischio archeologico e idrogeologico, già pesantemente interessate da pressione edilizia». Altri Puc contestati per la riclassificazione di zone di mantenimento, quelli di Alassio e Framura, per i quali sono scattati degli annullamenti della Soprintendenza. Rossini evidenzia anche alcune note positive: «Nella logica di collaborazione con la Regione è stata ripensata la consistenza del progetto del nuovo porto di Ventimiglia per 20 ettari, 572 posti barca e volumi residenziali». Il Soprintendente prosegue con 15 criticità, 8 nel savonese e 7 nello spezzino. A Ponente gli oltre 200mila metri cubi di residenziale previsti a Pietra Ligure, poi il progetto di quattro grattacieli a ridosso del centro storico di Albenga, altra manifestazione di "celolunghismo" che ha contagiato la città ingauna come Savona (ulteriore criticità per la Soprintendenza), Varazze e Vado Ligure, impegnate in una gara a chi arriva più in alto. Ma Rossini segue anche con attenzione la sorte della provincia più incontaminata, quella de La Spezia. I progetti del Villaggio Europa alle Cinque Terre e di un campo da golf e seconde case a Bonassola. Dove? Naturalmente in una «zona di pregio paesistico».

28 aprile 2007

"Contro il cemento, tolleranza zero"

di Marco Preve

«Il territorio ligure è fragile ed ha già subito aggressioni così forti negli anni ‘60 e ‘70 da non poter tollerare altro cemento. La collaborazione con la soprintendenza per tutelare il paesaggio è fondamentale e dà buoni frutti, nonostante ci siano a volte posizioni discordanti. Ma solo con la presa di coscienza da parte dei comuni ci può essere una svolta. E’ inutile avere buoni piani paesistici se poi con strumenti speciali diventati abituali, penso alle conferenze dei servizi, si aggirano i divieti».

Franco Zunino, assessore regionale all’Ambiente ha letto su Repubblica l’articolo riguardante il dossier "monitoraggio sul paesaggio" che il soprintendente Giorgio Rossini ha inviato nei giorni scorsi al ministro dei Beni Culturali Francesco Rutelli. Una relazione che elenca una serie di "criticità" tutte legate al business delle costruzioni.

«E’ vero - dice Zunino - c’è una serie di interventi progettati o programmati sui quali ci sono opinioni diverse. Il progetto porticciolo più grattacielo di Fuksas a Savona è emblematico. Io sono contrario, altri favorevoli (come l’assessore all’Urbanistica Ruggeri, e lo stesso Rossini lo giudica con favore anche se ritiene necessario un ridimensionamento, ndr). Poi ci sono interventi che devono ancora essere approvati. Il caso delle 4 torri grattacielo di cui si parla ad Albenga. Non conosco la vicenda in maniera approfondita ma mi sembra un progetto fuori scala in rapporto alla tutela del paesaggio, della storia e della cultura ingauna».

Le criticità evidenziate dal Soprintendente coprono tutto l’arco ligure.

«La nostra regione ha bisogno di salvaguardare la qualità del suo territorio, sia per l’ambiente che per puntare davvero a quel turismo di qualità che cerca servizi, ma soprattutto rispetto della natura e del paesaggio. Ma ci vuole più responsabilità da parte dei comuni. Con gli strumenti speciali come le conferenze dei servizi si è persa di vista la pianificazione provinciale e regionale».

Una serie di progetti "pesanti" sono previsti nel ponente savonese, Pietra Ligure e Finale Ligure, con seconde case al posto di ex cantieri navali e aerei o di cave abbandonate.

«Questo aspetto riguarda le aree industriali dismesse. Posso anche capire che si debbano trovare risorse. Ma alcune volumetrie, come era il caso di Finale, sono state giustamente ridimensionate dalla Regione, anche se forse non in maniera ancora sufficiente. D’altra parte, anche qui ci troviamo di fronte a scelte locali, forse discutibili, prese in passato anche da amministrazioni di centrosinistra».

A cosa si riferisce?

«Penso alle cave Ghigliazza di Finale. C’è stato chi ha sfruttato quella cava, poi il fallimento, gli operai a casa. Spesso chi ha deturpato poi riesce in qualche modo ad essere beneficiato, perché per ripristinare ottiene la possibilità di costruire delle case. E’ un meccanismo perverso. Chi fa una cava deve ripristinare l’ambiente a suo carico, non può pensare che la comunità debba farsene carico regalando volumetrie».

L’attenzione internazionale è concentrata su come ridurre il consumo di risorse naturali e conservare l’ambiente. In riviera si pensa a centinaia di miglia di metri cubi, che riscaldano ulteriormente l’ambiente e che provocano ulteriore consumo di energia e di acqua.

«Credo che la politica sulle seconde case dovrebbe essere accantonata definitivamente. Ci vuole un patto tra amministrazioni e aziende. La Liguria ha bisogno di conservazione e ristrutturazione, non di nuove costruzioni».

In conclusione, l’allarme per il paesaggio ligure arriva da più parti, cosa ne pensa?

«Credo che alcuni attacchi siano esagerati ma c’è un elemento di fondo su cui bisogna ragionare. La Liguria ha subito o rischia di subire ferite al suo territorio che non derivano dalle politiche degli anni 60-70. Mi rendo conto che esistono pressioni e interessi molto forti che vanno in senso contrario. Con la soprintendenza c’è una collaborazione efficace, e potrebbe bene testimoniarlo il mio collega Carlo Ruggeri, titolare dell’urbanistica. A volte ci sono delle frizioni, dei pareri divergenti, ma fa parte della dialettica».

28 aprile 2007

Il Soprintendente precisa "Non facciamo i gendarmi"

di Giorgio Rossini

Faccio seguito all’articolo apparso sul vostro giornale del 26 aprile 2007 dal titolo: "Box, palazzine & Co. Scacco al verde", a firma di Marco Preve.

Premetto che non ho rilasciato io alcuna intervista al giornalista, né ho dato alcuna autorizzazione a pubblicare parti di una relazione che abbiamo inviato al ministero per i Beni e le Attività Culturali e che lo stesso periodicamente richiede al fine di aggiornare il monitoraggio sulla situazione paesistica.

La pubblicazione di alcune parti di tale relazione rappresenta un atto di estrema gravità, in quanto essa è un documento interno all’amministrazione e pertanto ha carattere riservato.

Per questo motivo farò eseguire gli opportuni accertamenti alla ricerca di eventuali responsabilità da parte di chi ha divulgato o consentito la divulgazione di tali notizie.

Lo scopo della relazione che il ministero ci ha chiesto è quello di evidenziare i problemi del territorio, nei quali la Soprintendenza è stata coinvolta, spesso con esito positivo, talvolta senza ottenere i successi sperati. La relazione è stata mio parere utilizzata solo in una direzione, evidenziando, cioè, gli aspetti più critici della tutela. Questo aspetto, forse voluto (non certamente dal sottoscritto) tende a conferire alla Soprintendenza l’immagine di un "gendarme" nei confronti di Regione, province e comuni inadempienti.

Sono enti che, a vario titolo, si occupano della gestione del territorio e, pertanto, risultano essere gli attori principali della tutela del paesaggio.

Non è così che si contribuisce alla tutela. Sappiamo bene che il paesaggio non può essere congelato ed oggetto di conservazione tout court.

La Convenzione Europea sul Paesaggio, sottoscritta a Firenze nel 2000 dagli stati aderenti all’Unione Europea, ce lo indica: non solo tutela ma valorizzazione e pianificazione orientata ad una migliore fruizione del territorio da parte dell’uomo che vi abita. Spesso un atteggiamento eccessivamente rigido porta a delegittimare le azioni positive, che si stanno conducendo in sintonia con gli enti locali, con i quali si dialoga e si collabora.

L’evidenziazione degli aspetti critici vuole rappresentare un contributo alla risoluzione dei problemi. Nelle premesse della relazione, che l’articolo non ha voluto evidenziare, sono contenuti gli aspetti maggiormente positivi che sono maturati in diversi anni di collaborazione tra ministero e Regione Liguria.

I passaggi principali di tale premessa riguardano, ad esempio, la strumentazione paesistica vigente nella nostra regione, certamente una delle più avanzate d’Italia anche se, ad oltre vent’anni dalla sua elaborazione (il piano territoriale di coordinamento paesistico è stato, infatti, adottato nel 1986), mostra limiti che la Regione stessa sta cercando di superare, anche con la collaborazione della nostra amministrazione.

Non possono passare inosservati alcuni momenti di questa collaborazione come ad esempio, il protocollo d’intesa Regione Liguria - ministero per i Beni e le Attività Culturali del novembre 1999, o il documento congiunto Regione - Soprintendenza per la corretta interpretazione e l’applicazione delle norme del piano paesistico, sempre del 1999.

Non possono passare neppure inosservati i contenuti del nuovo codice Urbani dei beni culturali e del paesaggio, che prevede ulteriori forme di collaborazione tra regioni e ministero per la redazione e/o la revisione dei piani paesistici. Le criticità evidenziate si configurano pertanto come gli aspetti sui quali occorre orientare l’attenzione di tutti. Ci attendiamo che da tali orientamenti nasca un prodotto comune di qualità, teso non a sopravvalutare il lavoro di pochi a detrimento di quello di molti, ma nell’ottica della tutela del pubblico interesse, che è patrimonio di tutti.

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