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(red.)
Voto italiano, eco americane
10 Febbraio 2007
Articoli del 2006
Un editoriale americano dopo le elezioni politiche "indica" uno sbocco per la crisi italiana. Brevissimo ma esplicito, dal New York Times, 13 aprile 2006 (f.b.)

Titolo originale: Italian vote, American echoes – Traduzione per Eddyburg di Fabrizio Bottini

Le elezioni italiane una volta non erano così – combattute in modo tanto ravvicinato, ideologicamente polarizzate – in breve, tanto simili alle presidenziali americane del 2004 e del 2000. Ma questo succedeva prima dell’era di Silvio Berlusconi, il politico di centrodestra, uomo di spettacolo e miliardario self-made arrivato alle elezioni di questa settimana dopo il più lungo periodo in carica di un primo ministro dopo la seconda guerra mondiale.

Dopo una lunga notte di risultati altalenanti, gli italiani hanno appreso che Berlusconi probabilmente ha perso, per un margine strettissimo, a favore di Romano Prodi, esponente di centrosinistra ed economista. Prodi è l’opposto di Berlusconi quasi su tutto, dal suo atteggiamento del tutto poco appariscente alla piattaforma di governo. Su quasi 40 milioni di voti espressi, appena 25.000 separano i due schieramenti. Berlusconi deve ancora riconoscere la sconfitta, e chiede un ulteriore conteggio.

Quindi l’Italia ora è condannata a cinque anni di immobilità paralizzante? Probabilmente no. Se si confermano le cifre attuali, Prodi appare sicuro di costruire una maggioranza legislativa, posto che riesca a tenere insieme la sua composita coalizione di centrosinistra. Ma l’esiguità di questa maggioranza renderà più difficile al nuovi governo imporre le riforme fiscali, del mercato del lavoro e delle regole di cui l’Italia ha urgente bisogno per riavviare l’economia stagnante e servire la popolazione invecchiata.

Il fatto che Berlusconi non abbia mantenuto le sue promesse, di tradurre il proprio successo negli affari in una rinascita economica nazionale, gli è costato la rielezione. Prodi capisce bene cosa è necessario fare. Quello che resta da vedere è se riuscirà a convincere i suoi alleati politici, specie quelli della sinistra tradizionale, a dargli il sostegno parlamentare di cui ha bisogno.

Nota: da confrontare, questa ipotesi del NYT tutta razionalizzatrice "interna al sistema" con il più aperto approccio dell'articolo di Jonathan Freedland sul Guardian sullo sfondo dello scenario economico e politico globale (f.b.)

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