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AA.VV.
Pianificatori del futuro
23 Febbraio 2007
Chi è l'urbanista
Alcuni interessanti estratti dal recente rapporto britannico Urbanisti del futuro: proposte per la nuova era della pianificazione, redatto da Peter Bradwell, Inderpaul Johar, Clara Maguire e Paul Miner, febbraio 2007

Titolo originale: Future Planners: Propositions for the next age of planning - estratti e traduzione a cura di Fabrizio Bottini



Il pianificatore del futuro

Quella del “ planner” è una professione moderna. Sin dal suo emergere negli anni ’20 ha avuto alti e bassi, a seguito di mutamenti nelle ideologie politiche e del contesto sociale. É possibile tracciare una storia professionale contemporanea a partire dagli anni ‘80, decennio contrassegnato da una fede politica nel libero fluire del mercato e nella deregulation. Il sistema di pianificazione era considerato un ostacolo all’incremento della crescita economica. Ma oggi assistiamo a un ritorno dell’idea di pianificazione come elemento chiave per consentire uno sviluppo sostenibile legittimato democraticamente.

Quanto emerge chiaramente dalla nostra ricerca è che le risposte per una pianificazione di successo non possono venire dai soli urbanisti, o cittadini, o dall’impresa, ma da tutti e tre. Un funzionario dell’ufficio tecnico di Middlesbrough ha commentato che “… la pianificazione non è l’inizio e la fine di tutto. Ma senza di essa, non si possono ottenere alcuni altri obiettivi economici e sociali”. Esiste un complesso intreccio di responsabilità e sostegno: far corrispondere le aspirazioni della comunità alla capacità di risposta degli urbanisti, e i diritti dei costruttori con le loro responsabilità rispetto all’ambiente e alle città in cui operano.

Centrale, l’impegno dei pianificatori alla creazione di valori pubblici, che comporta comprendere come gli urbanisti possano unire nella realizzazione di spazi sostenibili le forze dell’impresa privata, del terzo settore, e delle stesse comunità.



Un esperto indipendente: valori pubblici e professionali

Il planner dà molto peso alla propria neutralità. Ma il pianificare risulta sempre più politicamente orientato. Ci siamo convinti che non è sempre scontato, che gli organismi pubblici perseguano l’interesse pubblico. E dunque la posizione dell’urbanista in quanto dipendente dell’amministrazione locale, che ha un mandato politico, o come consulente di un soggetto privato, con interessi commerciali, può indebolirne l’immagine di indipendenza e neutralità. Ne può risultare di conseguenza compromessa la percezione pubblica dell’urbanista, indipendentemente dalla sua etica professionale. Molte persone identificano il planner con interessi e poteri apparentemente al di là della loro portata: vuoi attraverso la sua competenza professionale, vuoi per appartenenza politica.

Un’immagine pubblica ancora più importante in un contesto in cui emergono nuove identità professionali impegnate, eticamente consapevoli, orientate a valori pubblici. Come ci ha detto un funzionario municipale di Milton Keynes, “si percepisce davvero di poter fare del mondo un luogo migliore”.

Questi professionisti comprendono di essere inevitabilmente agenti morali, il cui lavoro per riuscire dipende dalla fiducia del pubblico. E si impegnano a svolgere questo ruolo; un funzionario di Middlesbrough ci ha detto: “Potrei guadagnare molto di più … se lavorassi nel settore privato. E molta gente non capisce quanto noi si vada oltre l’orario di lavoro, per l’impegno nel lavoro che stiamo svolgendo”. Gran parte degli urbanisti con cui abbiamo parlato – nel settore pubblico e in quello privato – avvertono istintivamente questa dimensione etica.

La storia dell’ Urbanista Futuro è quella dei nuovi modi in cui viene utilizzata e condivisa la sua conoscenza ed esperienza. I cambiamenti che abbiamo sottolineato, ridefiniscono i rapporti del planner con l’autorità e i decisori, ridimensionando la tendenza della delega, da parte del pubblico, ad una pura conoscenza tecnica. Per essere un soggetto indipendente di realizzazione di valori pubblici, l’urbanista ha bisogno di un modello aperto e collaborativo di consulenza. Deve sempre più “ascoltare in modo diverso”, con una disponibilità a domande varie e impegnative.

Lo spostamento formalizzato verso un sistema di pianificazione spaziale pone l’accento sulle capacità tecniche necessarie all’urbanista, che si tratti di progettazione urbana, della capacità di valutazione di sostenibilità, di mediare fra interessi diversi. Allo stesso tempo , come ha sottolineato Sir John Egan, i pianificatori devono anche sviluppare le capacità relazionali necessarie a guidare processi di “co-produzione”. Questo spirito collaborativo risulterà centrale nello sviluppo della figura del planner per il XXI secolo. Ad esempio, le persone con cui abbiamo parlato hanno tutte sottolineato l’importanza di individuare i limiti delle proprie conoscenze: sapere quando, dove e come rivolgersi a competenze che non possiedono.

A Tower Hamlets un tecnico ci ha detto che “… ci vuole la conoscenza necessaria a individuare un problema … Poi per costruire i collegamenti con le altre risorse adeguate”. Abbiamo rilevato questo ruolo molto ben compreso all’interno del nostro laboratorio: “gli urbanisti contribuiscono alla conoscenza comune portando il contributo di una consapevolezza spaziale”. A The Wash, la cosa è accaduta per la gestione della linea di costa. Il planner non doveva tanto essere un esperto ingegnere, ma “tenere insieme” in rappresentanza della pubblica amministrazione i contributi di altri e gli insegnamenti dell’esperienza locale di altri professionisti.



Nuovi ruoli per il pianificatore

Per comprendere il nuovo ruolo dell’urbanista, è centrale il bisogno di rafforzare la sua indipendenza, ovvero riconoscerne la posizione di esperto nel senso esposto sopra. Ciò comporta anche la comunicazione e lo sviluppo dei nuovi ruoli corrispondenti ai cambiamenti delineati.

Egualmente importante, è esprimere le competenze relative a questi ruoli. Il planner ha sempre più una funzione chiave nella redazione e gestione di progetti per realizzare valori pubblici. Per svolgerla, in futuro dovrà essere in grado di:

• negoziare

• essere indipendente

• mediare

• comunicare

• collaborare

• comprendere i bisogni delle comunità

• essere in grado di pensare per scenari

Nel corso della nostra ricerca abbiamo individuato quattro potenziali ruoli futuri per il pianificatore.

Probabilmente sarà necessario operare in senso trasversale rispetto ad essi; alcuni segnali di questi intrecci si possono già rilevare nel modo di lavorare attuale.



1 - Il planner come facilitatore

Gli urbanisti hanno una grande conoscenza di leggi e norme, nonché la capacità di leggere l’ambiente naturale e costruito: quanto potremmo definire ecologia urbana dello spazio. Essi sviluppano anche una enorme esperienza rispetto a come funziona il sistema. I pianificatori vedono sempre più il proprio ruolo nell’usare tutto questo nel facilitare l’emergere di una visione per una certa area: aiutare le persone ad esprimere aspirazioni, utilizzare le proprie conoscenze e reti per trasformarle in realtà. Ciò significa un uso efficace dei processi di gestione per costruire consenso fra pubblico, privato, cittadini; come i costruttori possono realizzare valori pubblici; come ci si rapporta all’interno delle amministrazioni. Questi processi collaborativi si inseriscono nel superamento del deficit democratico; ad esempio, il planner può giocare un ruolo chiave nell’integrare due livelli di pianificazione gestiti da due diverse autorità.



2 - Lo “scenario planner

La pianificazione per scenari, introdotta da compagnie come la Shell negli anni ‘70, deriva dall’aumento di incertezza e rischio nel mondo d’oggi, e dalla conseguente impossibilità di sapere esattamente cosa riserva il futuro. La serie di scenari è essenzialmente fatta di evoluzioni e simulazioni prodotte in modo collaborativi, pensate per rendere visibili diverse possibili linee di sviluppo, e di predisporre azioni nella prospettiva di un futuro auspicato.

Questa pianificazione per scenari diventerà sempre più importante nel futuro, dato che la nuova politica governativa per la casa la individua come strumento essenziale. In quanto leader nella costruzione degli scenari, il ruolo del pianificatore sarà quello di collegare cause ed effetti esplicitando le implicazioni dell’agire, responsabilizzando costruttori e cittadini nel riconoscere i rischi di lungo termine e i valori di un intervento. La pianificazione di scenario contribuisce ad affrontare la questione del deficit partecipativo, ponendo al centro dell’azione futura flessibilità e reattività.



3 - Il provocatore

Esiste un ruolo importante da giocare per un urbanista “rompiscatole”, nel mettere in dubbio gli assunti di partenza dei cittadini e offrire contesti e prospettive alternativi. Si tratta di un ruolo vitale che contrasta il dogmatismo per sostenere l’innovazione e il cambiamento, nella realizzazione degli spazi naturali e urbani. Mettendo in comunicazione ciò che avviene localmente con quanto cambia a livello nazionale e globale, il pianificatore si inserisce nel processo di sostegno ai cittadini, ai politici e all’impresa, nel comprendere le implicazioni del proprio agire.

Ciò è particolarmente vero, in campo urbanistico, in un contesto di progetti che potenzialmente possono dividere, dove risulta centrale comprendere lo scontro fra valori locali pubblici e non. In modo simile, il mettere in dubbio domande e assunti dell’impresa dal punto di vista dei cittadini, e viceversa, può rappresentare uno strumento vitale nella costruzione del consenso. Questo tipo di “provocazione”, attraverso la sfida costruttiva e la messa in discussione, può risultare importante nell’affrontare a questione del deficit di valori pubblici, già sottolineata, coinvolgendo in modo attivo la percezione dei valori, locali e pubblici, e i loro rapporti.



4 - Il pianificatore come giudice

In un mondo di democrazia multiforme, l’urbanista dovrà trovare un ruolo di arbitro indipendente fra valori globali, nazionali, locali, individuali, futuri. Un mondo che chiederà ai pianificatori di modificare i propri rapporti con le strutture dell’amministrazione locale, e il proprio livello di autonomia. Scollegarsi da quanto è percepito come interesse particolare, dimostrare indipendenza, è importante per riaffermare l’etica professionale e la neutralità di giudizio. Ciò comporta anche chiarezza sui limiti e potenzialità del proprio ruolo – la propria collocazione, il potere – e su cosa esattamente significhi indipendenza. Ciò significa anche essere aperti sui rapporti coi politici, l’impresa, la cittadinanza. Di conseguenza sosteniamo l’idea espressa nel Local Government White Paper e da Kate Barker, che debba diventare di livello più elevato la figura dell’Urbanista Capo nella pubblica amministrazione, come primo passo per affrontare questi problemi.

[… il rapporto originale integrale è allegato alla versione inglese di questi estratti - f.b.]

here English version

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