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Bruno Perini
I nuovi boiardi di Stato
14 Febbraio 2007
Articoli del 2006
In un’intervista all'economista Tito Boeri i nuovi poteri: Eni, Enel, Snam rete gas, Autostrade spa: « Pur di mantenere il monopolio impongono costi molto elevati all'intero sistema economico». Da il manifesto del 23 giugno 2006

Tito Boeri, docente ordinario alla Bocconi di Milano, direttore della Fondazione Rodolfo De Benedetti e fondatore del sito di informazione economica lavoce.info, non ha dubbi: se si dovesse disegnare una nuova mappa dei poteri economici in Italia bisognerebbe partire dai «futuri ex monopolisti, i managers a capo di società privatizzate in settori che dovevano essere liberalizzati, ma che sono rimasti in condizioni di monopolio». Sono i padroni dell'energia, del gas e dei trasporti, per certi aspetti anche quelli delle telecomunicazioni. «E' inutile nascondersi - dice Tito Boeri - gruppi come Eni, Enel, Snam rete gas e Autostrade, pur di mantenere le loro posizioni di monopolio, impongono costi molto elevati all'intero sistema economico. Si spera che il governo Prodi riesca a farli diventare ex-monopolisti perché il governo guidato da Silvio Berlusconi è stato molto accondiscendente nei loro confronti».

Un giudizio molto netto il tuo.

Non potrebbe essere altrimenti. I gruppi di cui stiamo parlando sono figli di una trasformazione incompiuta. Alle (parziali o totali) privatizzazioni dovevano seguire le liberalizzazioni dei settori chiave dell'economia, ma queste non sono mai avvenute o non si sono istituite autorità forti di regolazione dei mercati.

Che cosa dà così tanto potere ai futuri ex monopolisti?

In alcuni casi è la presenza dello Stato nell'azionariato. La timidezza con la quale i governi hanno gestito la liberalizzazione è determinata anche dal fatto che lo Stato incassa lauti dividendi dalle società partecipate. In altri casi sono gli azionisti privati ad essere fortemente rappresentati nel processo politico, a differenza degli utenti.

Mi puoi fare un esempio?

Prendiamo il caso del gas, da cui poi derivano anche i costi della bolletta elettrica, perché l'elettricità è generata in gran parte bruciando il gas. Il gruppo Eni sembra opporsi in tutti i modi ai tentativi di aumentare la capacità di importazione di gas. Questo fa lievitare i costi, ma nessuno si attiva per impedire che i proprietari e gestori della rete remino contro il paese. Non lo fa il Tesoro, che potrebbe intervenire, dato che controlla l'impresa. Non lo fa Confindustria, di cui Eni è grande contribuente. Si limita a tuonare contro i prezzi dell'energia, ma non usa fino in fondo il proprio potere cogente nei confronti di un associato.

Secondo te il governo Prodi ha qualche possibilità di cambiare rotta?

Lo spero. Il disegno di legge Bersani, il cosiddetto Bersani 2, chiede una delega per, me lo auguro, attuare vere liberalizzazioni in questo settore. Utile che ci fossero segnali in questa direzione nel Dpef. Negli ultimi Dpef di liberalizzazioni proprio non si parlava. Misura evidente dell'importanza attribuita al problema dal Governo Berlusconi.

E gli altri futuri ex-monopolisti?

Autostrade Spa continua a operare potendo imporre agli utenti pedaggi molto elevati. Nel libro «Oltre il Declino», di cui sono curatore assieme a Riccardo Faini, Andrea Ichino, Giuseppe Pisauro e Carlo Scarpa, abbiamo ricordato che nel 2002 i Nars, un gruppo tecnico di valutazione del Cipe, aveva espresso parere favorevole all'abbassamento delle tariffe autostradali, ma alla fine si sono accettate pressoché in toto le proposte di aumento dei pedaggi formulate da Autostrade Spa. E il titolo in borsa è balzato alle stelle

Da dove nasce questa anomalia?

Dalla liberalizzazione sono nati soggetti economici che hanno il potere economico e la forza politica per bloccare i passi successivi. Questi gruppi hanno una forte influenza sul potere politico.

Vi è poi una seconda anomalia, legata alla devolution all'italiana. Il decentramento ha dato molti poteri alle Regioni e ai Comuni e questo trasferimento di poteri ha rafforzato i poteri economici locali che, dalle società municipalizzate al commercio, sono in grado di bloccare le liberalizzazioni.

Noterai che non ho inserito tra i grandi poteri economici, molti grandi gruppi industriali. Questi, dopo l'introduzione dell'euro, non essendo più protetti dalle svalutazioni competitive, sono impegnati in una lotta di sopravvivenza che, peraltro, è una battaglia competitiva dell'intero paese. E' un esempio del fatto che, quando cambia il contesto in cui le imprese operano, queste possono diventare forza motrice anziché palla al piede del Paese. Sempre che lo stato non ceda alle richieste di aiuti, ma il potere di contrattazione di questi gruppi si è molto affievolito

Come ha agito il governo Berlusconi verso i nuovi poteri?

Come dicevo, il governo Berlusconi non ha fatto nulla per la liberalizzazione dei mercati. L'ex presidente del consiglio forse non ha voluto rischiare di perdere coesione nella sua maggioranza (i cui parlamentari erano nella maggioranza avvocati, notai, commercianti e liberi professionisti) e ha sempre agito con orizzonti molto brevi, non realizzando i grandi vantaggi che sarebbero derivati per l'economia del paese dalla liberalizzazione di questi settori.

E il governo Prodi quante possibilità ha di riuscire a scalfire il potere dei nuovi monopoli?

Direi che il governo Prodi ha più possibilità di lavorare in direzione di una liberalizzazione delle professioni e, spero, abbia la lungimiranza di intervenire nell'energia. A differenza del governo Berlusconi, legato a doppio filo ai lavoratori autonomi, Prodi rappresenta maggiormente il lavoro dipendente, un'area sociale che è meno ostile a una maggiore concorrenza nei servizi e nelle professioni.

Un'ultima domanda che esula dall'argomento di questa intervista ma che ha molto a che fare con i temi di cui ti occupi da sempre: il mercato del lavoro. Che cosa si deve fare con la legge Biagi, abolirla, rifarla, modificarla?

E' un tema delicato. In un articolo comparso su lavoce.info Pietro Garibaldi ed io abbiamo proposto un «sentiero verso la stabilità» che faciliti l'ingresso nel mercato senza creare precarietà e segregazione. I problemi strutturali del nostro mercato del lavoro sono tutti legati all'ingresso. Difficile entrare nel mercato del lavoro formale per giovani in cerca del loro primo impiego e per donne dopo la maternità o lunghi periodi passati a lavorare a casa. Ma è difficile rientrare anche per chi è costretto a uscirne durante una fase di una vita che diventa sempre più lunga. Il rientro è difficile anche per chi sceglie di stare per un po' fuori dal mercato, cosa che avverrà in modo sempre più frequente. Per non fare deprezzare il nostro capitale umano in un percorso lavorativo che non può che allungarsi assieme alla vita vissuta, si può avere bisogno di prendere, ogni tanto, dei «periodi sabbatici». Deve essere possibile entrare prima, uscire e poi rientrare, senza trovarsi di fronte a ostacoli insormontabili.

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