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Francesco Merlo
Ministri e masanielli contro i giudici sportivi
14 Febbraio 2007
Articoli del 2006
“Da Mastella a Cossiga, le critiche plebee al maxi-processo sul calcio”. Da la Repubblica dell’8 luglio 2006

Sta accadendo attorno alla Juve, al Milan, alla Fiorentina e alla Lazio quel che di solito capita nei quartieri pericolosi di Bari, Napoli e Palermo quando arrestano uno scippatore. Reattivamente interi aggregati umani (in inglese, "populace" e, in greco, "ochlos") insorgono a protezione del fuggiasco. Lì si identificano con il delinquente e qui si identificano con Moggi. Lì aggrediscono fisicamente il poliziotto e qui delegittimano moralmente il giudice sportivo.

Questi e quelli, ministri e masanielli, intellettuali e posteggiatori abusivi, contrappongono il loro tribunale, il tribunale della plebaglia, il plebeismo giuridico o calcistico che sia, ai codici istituzionali, a quello penale e a quello sportivo.

Ma c´è il diritto e c´è il tifo. Sempre il diritto ha come antagonista il tifo. E il diritto tifoso è solo un altro degli ossimori italiani, con esempi ancor più demagogici e addirittura sospetti via via che si avvicina la sentenza. Si va da Mastella, insolentemente amico di Moggi e «fraternamente sodale» di Della Valle, fino a Pisapia che confonde la curva nord con i Consigli operai e di fabbrica. Da Cossiga, che scambia Andreotti con Moggi e Giraudo con Contrada, si arriva all´immancabile autoconfliggente Berlusconi. E l´intera Accademia della pedata garantista, convinta che la giustizia nel nostro paese sia sempre "politica", ormai vede Craxi in ogni imputato italiano, si chiami Consorte o Pairetto, e pensa che Paparesta sia un personaggio di Borges, un sequestrato immaginario.

Insomma, qui la figura del delinquente la fa il giudice sportivo e la riprovazione viene scagliata sull´accusatore Palazzi piuttosto che sui corruttori di arbitri e sugli arbitri corrotti. In molti giornali il dibattimento è diventato tout court «il processo farsa». Cossiga dice che i giudici sono «buffoni» e letteralmente invita gli imputati «a mandarli a fare in c...». E Mastella propone l´amnistia senza neppure aspettare la sentenza, si batte perché si vanifichi il processo, stringe di solidarietà la vittoria ai mondiali dei valenti calciatori con i limacciosi imputati, come se in campo invece di Gattuso ci fosse Meani, come se il gol di Del Piero alla Germania l´avesse segnato Moggi. Abbiamo degli ottimi giocatori, forse i migliori del mondo, ma abbiamo anche i dirigenti calcistici più corrotti del mondo. Non c´è alcuna incompatibilità. Premiamo i primi e puniamo i secondi.

E invece, proprio come i plebei dei quartieri popolari, le furie della malafede vorrebbero un calcio codificato e regolamentato dai tifosi, dimenticando che i tifosi fra di loro hanno diritti confliggenti perché il tifo non ammette diritto, non ammette arbitri, non ammette Caf, non ammette moviole e prove televisive, non ammette regole; l´unica cosa ben accolta è la vittoria comunque, in qualsiasi modo procacciata.

Ci sono dimensioni intime e private nelle quali non esiste la norma, dove l´occhio esterno non deve entrare, e dinanzi alle quali i giudici dovrebbero fare passi indietro. Mai i giudici dovrebbero processare la storia e mai dovrebbero far prevalere gli interessi politici di parte, come invece in Italia ancora accade. Ma se c´è un pianeta dove il giudice è ontologicamente indispensabile, ebbene questo è il giuoco. Altrimenti si potrebbe disobbedire all´arbitro e, sarebbe lecito doparsi... Il gioco, il più perfetto, è giustificato dalla regola perché il gioco è sempre gratuito, è alogico. Senza la regola che assegna la superiorità assoluta all´asso il gioco della briscola crolla e i quattro giocatori diventano figure dell´assurdo, che è appunto il gioco senza regole. La comunità senza regole, l´utopia anarchica per esempio, è perfetta proprio perché non ha regole. Ma il gioco è perfetto perché ha regole. Come si può mandare "a fare in c…" l´asso di spade? Solo se vuoi, comunque e sempre, vincere puoi mandare al diavolo le regole o cambiarle unilateralmente o surrettiziamente. O giochi o rubi. E infatti si dice che il gioco d´azzardo è un furto regolamentato, gioco di destrezza sottoposto a regole.

I giudici sportivi e dunque le regole sono la condizione della stessa bellezza del gioco. Nel calcio è punito giocare la palla con le mani. È una regola. Mettete in campo Mastella e Cossiga: a dispetto dell´età e dell´adipe giocherebbero con le mani mandando al diavolo, magari in nome della loro impunibilità parlamentare, anche l´arbitro. E chi andrebbe a vedere una partita con arbitri tifosi come Mastella e Cossiga? E chi darebbe credito a sentenze sportive pronunziate da Mastella, Cossiga, Moggi, Lotito e Berlusconi?

Pare che uno degli elementi inficianti la legittimità del giudizio sia la rapidità della giustizia sportiva. Ma un giudice sportivo deve essere veloce ed efficace come un chirurgo d´urgenza perché, come cantano i Beatles, life is very short and there is no time. È anche la velocità di giudizio che certifica la qualità del giudice sportivo, che non deve cincischiare con la palla della demagogia, non deve fare melina.

Infine, perché Cossiga e Mastella dovrebbero saperne più di Zidane, quali saperi sportivi esprimono se non l´amicizia pelosa con i dirigenti della Juve, della Fiorentina, del Milan e della Lazio? E dove erano quando la giustizia sportiva abbatteva il suo duro maglio sulle squadre provinciali, sul Taranto, sul Palermo, sul Genoa...?

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