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Rossana Rossanda
Lettera a Prodi
10 Febbraio 2007
Articoli del 2006
Richiamo alla responsabilità di una tragedia che dura da decenni, e che ogni giorno diventa più insopportabile.Da il manifesto del 17 marzo 2006

Signor Presidente, non sono né membro né candidata di un partito, sono un pezzo del manifesto, voce politica modesta ma rispettata. Ci ascolti. Le chiediamo di uscire brevemente dagli impegni di una campagna elettorale, cui ha saputo imporre uno stile, per prendere la parola e dire la sua, la nostra, su quel che sta avvenendo in Medioriente. Non esiste solo una provincia italiana, esiste il mondo e in esso la tragedia israelo-palestinese che è prossima a noi. Prossima all'Italia, perché siamo stati fra i persecutori di coloro che fra noi erano ebrei, e quindi coinvolti più di altri sotto il profilo morale e politico della vicenda da cui Israele ha preso vita.

Le chiediamo di non tacere sul fatto che le scelte odierne del primo ministro israeliano, Ehud Olmert, stanno abbattendo in Abu Mazen il solo vero interlocutore che Israele aveva in quell'infelice paese. Quale altro senso può avere l'attacco al carcere di Gerico? Esso ha voluto dire ai palestinesi: l'Anp non esiste. Abu Mazen voleva una trattativa? Non ci interessa. Avete votato Hamas e siamo in diritto di punirvi quando e come ci pare. Hamas ha deciso e pratica una tregua? Non ci interessa. Abbiamo inaugurato nel 1967 quella lacerazione del diritto internazionale che è stata la guerra preventiva, perché ci sentivamo minacciati dagli stati arabi. Ora nessun pericolo minaccia Israele, ma noi intendiamo continuare la guerra per azzerare i palestinesi come nazione, popolo e stato. Prima di uscire quasi dalla vita, Sharon aveva suggerito che bisognava finirla con questa linea, ma aveva torto. E poi ci servono i voti del Likud alle prossime elezioni, e se con azioni come quelle di Gerico possiamo strapparne, va bene. Se ne morranno altri palestinesi e qualche nostro figlio, va bene. Gli Usa e la Gran Bretagna ci hanno dato il via ritirandosi un quarto d'ora prima del nostro attacco. Dunque anche a loro va bene. L'Europa non dice niente, dunque per l'Europa va bene. L'Italia non dice niente, dunque anche per l'Italia va bene.

Le chiediamo di prendere la parola per dire: no, l'opposizione oggi, il prossimo governo domani, non ci stanno. Avevamo salutato la pur tardiva svolta di Sharon, e oggi non possiamo approvare che i dirigenti di Kadima, che da quella svolta pareva nata, la nullifichino. Pensiamo che sia un grave errore. L'Italia vuole due popoli, due stati. Vogliamo che i palestinesi abbiano uno stato, e consideriamo grave che in seguito alla guerra del 1967, che avete rifiutato di chiudere con una trattativa onesta e condivisa anche dall'Onu, il solo paese del Medioriente profondamente laico stia diventando una nazione islamica. Non lo sarebbe stata se a Taba aveste firmato per primi quella proposta, per insufficiente che fosse. Non lo sarebbe stato ancora dieci, cinque anni fa. Vogliamo che gli ebrei abbiano uno stato, quale che sia la nostra idea di uno stato moderno e laico: la loro è stata una storia atroce. Ci vorrà tempo.

Ma questo obiettivo, che è anche il nostro, non si identifica con la politica che di nuovo Israele si ostina a perseguire. Tanto meno in essa può identificarsi l'ebraismo. E' per rispetto e salvaguardia di Israele e, oltre ad essa, dell'ebraismo, che noi europei, noi italiani, la ammoniamo di cessare con azioni come quella di Gerico e riaprire il dialogo con Abu Mazen. Di aprirlo anche con Hamas, che oggi rappresenta quel popolo martoriato perché le strutture dell'Anp sono state devastate da Tsahal, l'esercito israeliano. Se l'attuale governo non comprende che la trattativa è la sola via di salvezza, materiale e morale, non ci avrà dalla sua parte. Come non ci avrà dalla sua parte nessuno che volesse la distruzione di Israele.

La prego, dica questo. Lo dica per non lasciare i palestinesi alla disperazione, e la loro causa a pochi di noi, che fatichiamo a difenderla da un estremismo insensato. Non si copra anche lei dietro a: «Ma a Gaza...». Gaza è un risultato della politica che Sharon ha abbandonato troppo tardi, è oggi un paese devastato e senza un governo che sia in grado di rappresentarlo. Parli ora, la prego. Dica a tutti noi e alla comunità ebraica italiana che Israele va difesa anche ora più che mai dai suoi nemici interni. La pace ha tardato già troppo. I guasti rischiano di essere irrimediabili per altri decenni, secoli. Non possiamo tacere.

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