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Rossana Rossanda
L’Italia profonda
10 Febbraio 2007
Articoli del 2006
In un mattino di dubbi, un'analisi tagliente e lucida come una lama che affonda nelle nostre illusioni. Da il manifesto, 11 aprile 2006 (m.p.g.)

La coalizione di centrosinistra non ce l'ha fatta. Prodi non ha vinto, Berlusconi non ha vinto, si va verso un pareggio, aggravato dal pessimo meccanismo della legge elettorale. Si apre uno scenario incerto, ma sicuramente politicamente negativo. Siamo davanti a un voto molto partecipato e riflettuto sul quale ha pesato l'aggressività di Berlusconi, giocando sulle viscere più torbide del paese, e spuntandola per meno di poco quando pareva aver già perduto. Non stavano più con lui infatti né la grande stampa né la Confindustria, né le banche. Stava con lui soltanto la chiesa di Ratzinger. E stava il portafoglio di una proprietà diffusa, alta media e bassa che egli aveva sfacciatamente protetto e che si è difesa a denti stretti. Il pareggio non è solo nei numeri: all'interno delle coalizioni non è avvenuto nessun grande spostamento. Berlusconi resta di gran lunga il leader più forte del centrodestra. L'agitazione dei Follini e Casini non gli ha recato gran danno, anzi, in conclusione lo ha favorito. Nella coalizione di centrosinistra il solo successo evidente è quello di Rifondazione, ma in un quadro generale che non ne moltiplica la valenza. La Rosa nel pugno, anche se puntava su un'affermazione maggiore, dimostra - ed è meglio che niente - che neppure in Italia si può andare oltre un certo limite nell'ossequio al Vaticano. E questo è tutto.

Il problema più grave, e del quale sarebbe folle tenere poco conto, è che a differenza di solo venti anni fa, su cento italiani che incontri per strada, in autobus e in treno, quarantotto votano una destra illimitata che non si da confini neanche nei confronti del fascismo. Questo non accade in nessun altro paese dell'occidente europeo. Questa destra si è radicata nella cosiddetta società civile. Anche per la flebilissima condanna che ha incontrato nelle istituzioni, a cominciare dal Quirinale che non ha difeso con forza quei principi fondanti della Repubblica dei quali doveva essere garante. Neanche l'opposizione ha capito che cosa era in gioco quando ha scelto la bonarietà: che Berlusconi andasse oltre ogni limite di decenza non comportava che non si dovesse condannarne in termini più secchi l'oltranzismo e il disprezzo per qualsiasi principio di una democrazia non formale. C'è in ogni paese, come in ciascuno di noi, un fondo di impaurito e pauroso egoismo che non va accettato - una democrazia non è tenuta a rappresentare qualsiasi cosa, la Costituzione non è un optional. E anche chi ha seminato, supponendosi più a sinistra, l'antipolitica, oggi ci deve riflettere. Non è detto che ci sia molto tempo. Un paese che è profondamente diviso non, come si è andati cianciando, dalle ideologie, ma da contraddizioni sociali di fondo, non può darsi una maggioranza che abbia, non dico un abbastanza ampio consenso, ma consenta uno spazio di mediazione. Nel nostro paese è così ogni volta che la destra si consolida: essa porta in sé un connotato eversivo. Quale che sia il risultato che ci aspetta nelle prossimo ore – stiamo scrivendo ancora sull'orlo dell'incertezza - l'Italia è ammalata. Faremo di tutto perché non lo si dimentichi.

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