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Maria Cristina Gibelli
Competitività e città pubblica: insegnamenti da Monaco di Baviera
11 Febbraio 2007
Esperienze straniere
Il posizionamento competitivo di una città è strettamente associato al miglioramento della “città pubblica”, lo dimostrano le politiche urbanistiche di Monaco di Baviera. Un articolo per eddyburg

Due indagini recentissime sul posizionamento strategico delle grandi città hanno, ancora una volta, evidenziato i punti di forza e i punti di debolezza delle città italiane rispetto alle loro più dirette competitrici in ambito internazionale. Ci riferiamo al rapporto annuale di Cushman&Wakefield che valuta l’attrattività di 32 grandi città relativamente alla offerta di spazi ad uso uffici, ed allaTerritorial Review sull’area metropolitana milanese realizzata dall’OCSE per conto della Provincia di Milano[1].

Dalla prima indagine, molto specifica ma anche molto apprezzata dagli operatori economici internazionali, emerge un risultato chiaro e inequivoco: nella graduatoria delle migliori città europee quanto ad offerta di uffici, l’Italia è presente nelle posizioni alte di classifica con due sole città, Milano e Roma. Entrambe risultano nell’ultimo anno aver perso competitività, sia per quanto riguarda il rapporto prezzo/qualità che l’offerta di superfici ad uso terziario-direzionale: Milano scende dal 26° posto in graduatoria al 29° per quanto riguarda il primo indicatore e dal 20° al 25° per il secondo; Roma rispettivamente dal 28° al 30° e dal 26° al 29°. Sempre di Kushman&Wakefield, un’altra graduatoria delle “migliori città per gli uffici” in Europa dal 1990 al 1996 vede Milano passare dal 9° al 12° posto. Monaco di Baviera nello stesso intervallo di tempo si riposiziona, in maniera esattamente speculare, dal 12° al 9°.

La Territorial Review dell’OCSEsu Milano restituisce i risultati di un’indagine molto più articolata e complessa dedicata ad evidenziare i punti forza e di debolezza della regione urbana milanese. Fra questi ultimi, l’OCSE ha sottolineato due principali fattori di criticità:

- la particolare gravità della questione ambientale ed, in particolare, della congestione del traffico (nella graduatoria europea delle 30 città meno inquinate, Milano si colloca al 29° posto, seguita soltanto da Mosca) e

- la elevata frammentazione amministrativa.

Senza una governance alla scala della regione urbana, senza un progetto di lungo periodo ed una strategia condivisa, senza la promozione di una “immagine di marca” non effimera e quindi capace di attrarre investimenti e professioni qualificate dall’estero (che richiederà, appunto, di avviare coraggiosi progetti attenti al miglioramento della città pubblica e misure decise per la riduzione della congestione e dell’inquinamento), Milano, sottolinea il rapporto dell’OCSE, potrebbe soccombere nei confronti delle sue dirette concorrenti in ambito europeo (Vienna, Lione, Barcellona e Monaco di Baviera) rispetto alle quali appare già oggi in grave ritardo.

Quale lezione trarre in particolare da Monaco di Baviera, una metropoli che con il capoluogo lombardo condivide una posizione di eccellenza nella funzione fieristica, ma che gode però di indiscutibili vantaggi competitivi sia nella struttura economica, molto più specializzata in settori avanzati e di eccellenza, sia per la qualità della vita e la efficienza del sistema di trasporto pubblico, sia in termini di virtuosa “propensione alla governance”?

Monaco ha molte affinità con Milano ma, rispetto a Milano, appare avanti anni luce. Ha realizzato in tempi brevi la rilocalizzazione del quartiere fieristico nell’area aeroportuale dismessa di Riem, ma ha collocato questo grande progetto in una strategia organica di riqualificazione urbana e territoriale rappresentata dal piano “Perspektive Munchen” del 1998, elaborato dalla municipalità in stretta sinergia con il governo bavarese, l’associazione volontaria dei comuni della regione metropolitana e le rappresentanze degli interessi[2]. Ha riutilizzato l’area molto centrale precedentemente occupata dalla fiera (Theresienhöe) secondo il modello “compatto-urbano-verde” privilegiato dalla municipalità: vale a dire, densità in linea con quelle esistenti nelle zone più centrali della città, buona diversificazione funzionale, una offerta di abitazioni che per il 27% è di edilizia sociale e per il 20% è in accordo con il “modello Monaco” (destinata cioè alle famiglie giovani e con figli), servizi pubblici di quartiere (fra cui un nido, una scuola materna ed un centro per i giovani) e servizi di rilevanza urbana (il Museo dei trasporti e della mobilità) realizzati in parallelo alla concessione ai privati dei permessi di costruire, 11,2 ettari di aree dedicate a verde pubblico e strutture per il tempo libero su un totale di 47 ettari.

A 7 anni dall’avvio di quel piano strategico, il Dipartimento di Pianificazione Urbanistica della città ha pubblicato un bilancio accurato dei risultati ottenuti e proposto un aggiornamento alla luce delle nuove sfide e di nuovi obiettivi (City of Munich, 2005)[3].

Shaping the future of Munich è un documento interessante per la sua autentica natura strategica: non è, come spesso avviene in Italia, un documento puramente qualitativo e descrittivo di elencazione di “buone intenzioni” e di “grandi progetti”; fornisce anzi dati quantitativi e valutazioni sui risultati sia in termini di coerenza con i principi generali del piano strategico del 1998, che di compatibilità/conformità con gli obiettivi specifici a suo tempo individuati.

Ciò è stato possibile poiché si è realizzato un processo di monitoraggio e valutazione continua del piano, alimentato da indicatori di prestazione disaggregati a livello locale e da surveys periodiche dedicate a verificare il livello di gradimento da parte dei cittadini.

Gli ambiziosi e lungimiranti principi di base che hanno guidato il piano strategico di Monaco di Baviera fino dai suoi inizi sono ulteriormente ribaditi con laconica assertività nella prima parte dedicata alla messa a fuoco delle sfide future: “ sustainable, permanently environmentally friendly development and urbanity in keeping with times, based upon the fundamental values of the European city – openness, tolerance and integration”.

La seconda parte affronta le questioni dei principi e delle associate azioni e progetti in maniera molto articolata e con una valutazione approfondita degli esiti e delle ulteriori iniziative da promuovere.

Qui ci soffermeremo soltanto sulle tematiche relative alla pianificazione spaziale e trasportistica: quelle in cui le ricerche comparative più sopra citate hanno segnalato la debolezza relativa delle grandi città italiane.

Il primo tema cruciale, sintetizzato nel principio “qualified internal development”, è riferito al riuso delle aree dismesse o sottoutilizzate che è ormai da anni sintetizzato nella parola d’ordine “compatto, urbano, verde”. La elevata offerta di spazi per uffici e la recente caduta relativa della domanda (la quota di uffici vacanti è passata dall’1% del 2001 all’11% del 2005), e la persistente elevata domanda di abitazioni (malgrado la cospicua realizzazione di edilizia residenziale che ha rispettato gli obiettivi fissati dalla Municipalità: 7.000 alloggi/anno con una significativa quota di edilizia sociale) stanno rafforzando l’impegno a favore della diversificazione del mix locale (“ socially compatible land use”). Inoltre, in tutti i progetti di riuso di aree dismesse, fino a 2/3 dell’incremento di valore dei suoli determinato dal cambiamento di destinazione d’uso devono essere destinati alla realizzazione di infrastrutture e servizi pubblici: si applica dunque un principio di redistribuzione della rendita a favore della realizzazione di capitale fisso sociale urbano che si traduce operativamente in una regola perentoria di tipo quantitativo (di principi analoghi non si ha traccia nella pianificazione per grandi progetti all’opera ad esempio nel contesto milanese, e ciò ci fornisce già qualche indizio significativo per spiegare la differente qualità urbana e, in ultima istanza, il diverso posizionamento delle due metropoli).

Un secondo tema cruciale riguarda la “mobilità urbana compatibile”. Il problema della efficiente gestione del traffico su gomma, che è in continuo aumento, viene affrontato alla scala territoriale pertinente, integrando cioè il piano dei trasporti municipale con quello della regione metropolitana. La direttiva “risolvere insieme i problemi del traffico” ha visto Monaco, il governo bavarese, le amministrazioni locali dell’hinterland costituite in associazione volontaria intercomunale e le rappresentanze degli interessi privati convenire sulla impossibilità di consentire ulteriori incrementi di traffico automobilistico e sulla necessità di investire sui sistemi di modalità ecocompatibili (potenziamento delle metropolitane e del sistema ferroviario regionale, park+ride, bike+ride, rete di piste ciclabili a scala metropolitana, etc.).

Il terzo tema si riferisce ai rischi associati al crescente consumo di suolo e alla compromissione di risorse ambientali e di territorio agricolo. La strategia di controllo dello sprawl ( “housing development and mobility”) ha privilegiato il policentrismo: nella regione metropolitana le nuove opportunità di realizzazione di quartieri residenziali in aree greenfield si stanno concentrando esclusivamentesui centri dell’hinterland inseriti nella rete del sistema ferroviario regionale e dotati di una rete locale efficiente di trasporti pubblici. Per realizzare questa strategia, di nuovo è stato necessario costruire un accordo intergovernativo stabile fra le authority preposte ai trasporti, il comune di Monaco e le amministrazioni locali dell’hinterland. Ma occorre sottolineare che alla scala della regione urbana si sta consolidando una buona propensione alla cooperazione intercomunale i cui obiettivi di sviluppo spaziale sono strettamente coordinati con quelli del piano strategico di Monaco: si veda al proposito il piano “Munich Region 2030” a cura della associazione volontaria di comuni appartenenti alla Munich Regional Planning Association.

Per quanto riguarda il soddisfacimento della elevata domanda abitativa, l’obiettivo formulato nel piano strategico del 1998 poneva al centro il tema della coesione sociale. Esso si è tradotto nel programma di azione “Living in Munich II” lanciato nel 2001 che ha introdotto incentivi economici ma anche elementi prescrittivi, sia di carattere quantitativo che qualitativo, per gli interventi privati nel settore delle nuove abitazioni: l’obiettivo quantitativo è di 7.000 nuovi alloggi/anno, di cui 1.800 alloggi/anno di edilizia sociale; sono stati erogati incentivi anche per l’edilizia residenziale destinata alle famiglie a medio reddito con due o più figli, così da garantirne la permanenza in città (il cosiddetto “modello Monaco”), e incentivi alle iniziative immobiliari che operino nel comparto delle abitazioni in affitto. Il rapporto conferma che gli obiettivi sono stati pienamente realizzati.

Il documento si conclude con il quesito classico del piano strategico: dove vogliamo andare da questo punto in poi?

Perspective Munich non sembra avere dubbi o perplessità: “occorre saper affrontare le sfide del futuro in un quadro di azioni certamente condizionato dalle problematiche demografiche, economiche e sociali, ma anche da principi normativi e finanziari dettati dalla azione della municipalità in sinergia con gli altri enti territoriali. In questo contesto, la pianificazione urbana deve assolvere al compito precipuo di ‘difensore del bene comune’ ”.

La costruzione progressiva di un modello di governance metropolitana associato ad un piano strategico realizzato alla scala territoriale pertinente e finalizzato alla crescita della città pubblica ha in definitiva certamente costituito un fattore importante nel migliorare la qualità della vita e potenziare l’attrattività della capitale bavarese.

E’ guardando avanti ed elaborando strategie condivise, piuttosto che praticando esclusivamente la strada della semplificazione e della flessibilizzazione urbanistica in una dimensione confinata all’ambito comunale, che anche le grandi città italiane potranno aspirare a salire di rango, anziché scendere come inesorabilmente continuano a fare da ormai troppi anni.

[1] Cushman&Wakefield (2006), Office Space Across the World; OECD (2006), OECD Territorial Reviews – Milan, Italy, OECD Publishing, Paris; OECD (2006), OECD Territorial Review – Milan, Italy, OECD Publishing Company, Paris

[2] Camagni R., Gibelli M. C. (2003), “Strategie di lungo periodo e riqualificazione urbana a Monaco di Baviera: il progetto Messestadt Riem”, in Sviluppo&Organizzazione, n. 195, 2003

[3] City of Munich, Department of Urban Planning and Building Regulation (2005), Shaping the Future of Munich, Perspective Munich . Strategies, Principles, Projects, Munich

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