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Guglielmo Ragozzino
La città sotterranea
18 Ottobre 2006
Roma
In una città che si affanna a rincorrere turisti ed eventi, i servizi per i cittadini degradano. Da il manifesto, 18 ottobre 2006 (m.p.g.)

Qualcuna delle duecento persone che contano in Italia (o anche delle mille che credono di contare) è mai scesa nella metropolitana di Roma? S'intende, non per un tragitto finto, per un'inaugurazione, con la vettura pulita e le hostess sorridenti, ma in una prima mattina vera, una qualsiasi; o anche tra le otto e le nove, evitando così l'alzataccia. Sarebbe un'esperienza senz'altro utile, per capire il mondo che si muove, i giovani e gli anziani, il commercio, la scuola, i sistemi di famiglia, i segni complessivi del progresso, del ritardo, del ristagno e anche un bel po' di globalizzazione. Un'esperienza che comunque i nostri vip non faranno. Ai funerali si va con le auto di servizio.

Alle otto, alle nove del mattino nella metro di Roma molti e molte vorrebbero leggere, se non altro il giornale. Si tratta per lo più di un giornale gratuito fatto per loro che si chiama appunto Metro. Molte donne leggono libri, quelle poche che sono riuscite a sedersi. Se ci riescono, la loro giornata andrà meglio. Molti uomini le guardano, pieni di curiosità. Lo spazio è così ridotto che non c'è problema per reggersi in piedi, sempre che non ci siano brusche frenate o brusche accelerazioni. Non è l'inferno, ma certo è molto scomodo, sporco, degradante. Perché mai la parte più viva della città debba essere tanto penalizzata, non è dato capire. A volte sembra poi che l'unica manutenzione sia fatta dai graffitari che amano lasciare memoria di sé rendendo oscuri i vetri e illeggibili i nomi delle stazioni nei cartelli sulle pareti.

Sulla linea arancio, contrassegnata dalla A - come dice con una punta di orgoglio la società comunale che svolge il servizio - salgono in media quattrocentocinquanta mila utenti al giorno. Sulla linea blu, indicata con la B sono trecento mila. E poi l'alfabeto, il più corto tra quelli in uso in qualsiasi capitale, è già finito. La metropolitana romana, così miserabile, così degradata è uno strumento essenziale per vivere e spostarsi in una città infestata dalle auto e dalle moto che provocano un inquinamento crescente, anche se i duecento vip e i loro adepti fingono di non conoscerlo o lo curano con palliativi domenicali. I tempi per allungare l'alfabeto, per avere una terza linea metropolitana, si dilatano continuamente; e i problemi di mobilità di abitanti e ospiti della città crescono, come anche i sacrifici e i tempi di percorrenza. Intanto il Comune, anche attraverso la società della metropolitana costruisce parcheggi sotterranei, e facendolo, non solo spreca la capacità tecnica e finanziaria disponibile che non è eccelsa, ma dà in prima persona un chiaro segnale in una direzione opposta: più auto, più traffico individuale in città.

Sarebbe un errore farne un caso solo romano. In Italia, in centri grandi e piccoli l'auto e la sua sorellina a due ruote stanno definitivamente espropriando le persone dalle loro vite. Strade come confini, ponti, cavalcavia, tunnel, autostrade a otto corsie, sono la nuova geografia, molto invadente. Le nuove rotaie servono solo per far correre i treni ad alta velocità, inutili, come sanno tutti, per ridurre il traffico delle automobili, quello vero, che consiste in spostamenti brevi, di cinquanta chilometri o poco più. O per girare come anime perse in città, alla ricerca di un parcheggio, in attesa che il Comune, che la società della metropolitana gliene crei uno.

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