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Giancarlo Alisio
Presupposti e soluzioni urbanistiche al colera
23 Luglio 2006
1885, Il colera a Napoli
I contenuti di disegno urbano nel piano di risanamento, in alcuni estratti dal libro dello storico di napoletano Napoli nell’Ottocento, Electa Napoli, 1992

Il quartiere Porto, assieme al Pendino ed al Mercato, costituiva i “quartieri bassi”, edificati a partire dall’età altomedioevale, sull’antica spiaggia della città; [...] Nell’ultimo ventennio dell’Ottocento, l’area fu coinvolta in due massicci interventi, i più radicali per quanto riguarda la trasformazione della città: l’ampliamento del porto ed il risanamento dei quartieri bassi.

[...]

I lunghi anni trascorsi tra il sorgere dell’epidemia di colera e l’inizio dei lavori furono densi di difficoltà e di impegnative battaglie politiche che interferirono, ovviamente, su un più rapido esame dei procedimenti amministrativi da adottare in proposito. Il piano del 1884 fu articolato in tre gruppi di progetti che corrispondevano, in effetti, ai criteri generali di scelta: risanamento dei quartieri bassi, sistema fognario e rioni di ampliamento (Arenaccia, S. Efremo Vecchio, Ottocalli, Ponti Rossi, Miradois, Materdei, Vomero-Arenella, Belvedere, prolungamento rione Principe Amedeo). Il “Rettifilo”, strada principale e asse attorno a cui ruotava tutta l’operazione di sventramento, presentava un percorso diverso rispetto a quello del piano del 1884. Esso, infatti, partendo sempre da uno degli angoli della piazza della Stazione centrale, giungeva fino alla piazza Mercato di Porto, dove era prevista una grande piazza rettangolare (l’attuale piazza della Borsa); qui, biforcandosi in due strade anch’esse in rettifilo (le attuali via Depretis e via Guglielmo Sanfelice), raggiungeva piazza Municipio e via Medina. Una piazza ottagonale (piazza Nicola Amore) si apriva all’incrocio di via Duomo con il “Rettifilo”, al quale afferivano 14 strade invece delle 16 previste; di minor numero erano anche le vie longitudinali che completavano la nuova trama viaria.

Il 22 luglio 1886 il piano fu definitivamente approvato, tuttavia non vi era alcuna intenzione da parte del Municipio di assumere direttamente l’esecuzione dell’opera richiedendo essa un impegno assoluto, a discapito degli altri problemi cittadini, coinvolgendo tutti i suoi organi tecnici, i quali sarebbero rimasti assorbiti da un cospicuo lavoro da condurre in tempi brevissimi. Si preferiva che un unico concessionario assumesse, dunque, i tre punti essenziali dell’opera: espropriazione, proprietà dei suoli e nuove costruzioni, con i relativi rischi. La scelta fondamentale era costituita dal risanamento delle zone insalubri della città mediante sventramento e diradamento dell’abitato, il che comportava, come diretta conseguenza, l’ampliamento urbano da effettuarsi ancor prima delle demolizioni dei vecchi fabbricati. Elemento amministrativo prioritario, per conseguire questi obiettivi, era il coordinamento della legge e dei mezzi finanziari ad essa assegnati, tutelando, al tempo stesso, gli interessi pubblici e privati coinvolti nella realizzazione dell’opera.

La superficie interessata dal piano di risanamento si estendeva su di un’area di 980.686,76 mq (durante la messa a punto dei progetti essa era notevolmente aumentata rispetto agli 802.459,27 mq del progetto del 1884), di cui 800.153,95 era coperta di fabbricati da demolire e strade da abolire, 95.625, 09 da fabbricati soggetti a colmata e 84.907,72 mq da strade da innalzarsi al nuovo livello.

La riuscita del piano era in parte condizionata dalla necessità di procedere rapidamente alla costruzione dei rioni d’ampliamento. Si prevedeva, infatti, il graduale spostamento dai vecchi quartieri di ben 87.447 abitanti, dei quali, una parte vi avrebbe fatto ritorno, occupando i fabbricati loro destinati ed un’altra avrebbe invece trovato stabile residenza nei rioni appena creati.

Soltanto quando, con decreto regio del 26 luglio 1886, furono approvati i piani parcellari relativi alle zone espropriabili ed alle opere da eseguire, la I Divisione tecnica iniziò la stesura degli estimativi di spesa, approssimativamente già compilati nel piano di massima.

Un rilievo delle aree interessate al risanamento in scala al 200 fu ritenuto indispensabile per individuare, nel dettaglio, le proprietà e definirne l’entità, per studiare, inoltre, le modifiche che si sarebbero verificate per i tagli parziali e, quindi, passare al progetto esecutivo.

Il 15 giugno 1888, il Giambarba era finalmente in grado di fornire tutti gli elementi necessari che, approvati dal Consiglio comunale nel marzo 1889, furono resi esecutivi con Regio Decreto del 17 marzo 1889 n. 6024. Dopo anni di attesa la bonifica dei quartieri bassi entrava, dunque, nella sua fase operativa. La gara d’appalto indetta nel frattempo fu vinta dalla Società per il Risanamento di Napoli, appositamente creata il 15 dicembre 1888, con un capitale di 30.000.000 di lire, da gruppi finanziari non napoletani. Il “Rettifilo”, oltre a svolgere la precipua funzione di collegamento est-ovest, all’altezza di piazza Nicola Amore, s’innestava a via Duomo, che finalmente veniva completata, proseguendo oltre il detto incrocio. Era così realizzata quella rapida comunicazione fra via Foria e via Marina, inutilmente tentata per tanti anni, e si otteneva, tra le colline ed il mare, un percorso alternativo a via Toledo, mentre il corso Garibaldi ed il suo prolungamento oltre piazza della Stazione e via Foria garantivano il collegamento fra l’entroterra ed il porto.

Il termine di dieci anni preventivato per la conclusione dei lavori non venne rispettato [...] il 25 luglio 1912 fu necessaria una nuova legge per il completamento delle opere residue che furono terminate alcuni anni più tardi.

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