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Vittorio Emiliani
Quel che resta dell'ambiente
10 Giugno 2006
Articoli del 2006-2007
Nelle ultime ore della campagna elettorale il governo Berlusconi sta firmando di tutto, distribuendo milioni di euro a pioggia. L'Unità, 3 aprile 2006 (m.b.)

Nelle ultime ore della campagna elettorale il governo Berlusconi sta firmando di tutto, distribuendo milioni di euro a pioggia. Lunedì scorso il sottosegretario Gianni Letta ha firmato con Impregilo il contratto da 3,9 milioni di euro per la progettazione definitiva ed esecutiva nonché per la realizzazione del tanto discusso (e avversato) Ponte sullo Stretto. Il progetto definitivo dovrà essere esaminato dal Cipe e però, se respinto, bisognerà pagare sonori rimborsi per le spese sin qui sostenute dal consorzio. Se poi i lavori dovessero iniziare formalmente, la penale scatterebbe a ben 300 milioni di euro. Poiché il programma dell’Unione non prevede fra le opere strategiche il Ponte, correttezza voleva che, per questa firma, Palazzo Chigi attendesse il risultato del 9-10 aprile. Siamo di fronte ad una evidentissima forzatura. Che non è isolata.

Il governo ha partorito di corsa, in vista del voto, un altro Codice, stavolta sugli appalti.Esso piace molto ai costruttori, mentre viene giudicato assai negativamente dalle Regioni e dalle associazioni ambientaliste. Si ripete dunque lo schema della legge delega ambientale fermata dal presidente Ciampi per alcune richieste di “chiarimento”, di forma e di merito, legate soprattutto al rapporto Stato-Regioni? È probabile. Certo, il governo della “devolution”, tanto strombazzata da Bossi, continua a comportarsi nel modo più autoritariamente centralista saltando a piè pari le competenze delle Regioni, in queste materia decisamente rilevanti. Come ha puntualmente rilevato il Consiglio di Stato, un altro organismo di controllo decisamente “fastidioso” per Berlusconi.

Questo Codice degli appalti cancella praticamente le garanzie della legge Merloni approvata, non a caso, subito dopo Tangentopoli ed è tutto all’insegna della flessibilità, della eliminazione di paletti di garanzia. Oltre a risultare, in taluni punti, piuttosto confuso. Comunque corrisponde alle migliori aspettative degli immobiliaristi fra i quali, del resto, il presidente del Consiglio è nato e cresciuto come imprenditore. La Merloni poteva venire modificata sulla base dell’esperienza, ma così viene azzerata.

Il governo di centrodestra, nei giorni scorsi, ha presentato con alcuni anni di ritardo quel «Rapporto sullo stato dell’ambiente», ricco, fra l’altro, di dati fermi al 2001 per i quali il ministro Matteoli non ha alcun merito. Dal centrosinistra e dalle associazioni sono venute puntuali e pungenti contestazioni fattuali: fondi per l’ambiente tagliati del 27 per cento, zero euro per la lotta allo smog, emissioni inquinanti aumentate del 12 per cento rispetto al '90 (con le centrali a carbone galopperanno), condoni per 40 milioni di mc abusivi, fonti energetiche rinnovabili ferme al 5 per cento, ecc.

Queste e altre contestazioni sono documentate in un ampio volume del Wwf Italia, curato da Gaetano Benedetto, «Politica e ambiente: bilancio della legislatura 2001-2006», Edizioni Ambiente, pag.382.

Autentico “manuale” dei regressi di ogni sorta patiti in questi cinque anni dal prezioso ambiente italiano per il quale, dagli anni ‘80 in qua, robusti passi avanti erano stati invece compiuti.

Cominciamo dalle Grandi Opere tanto vantate e rimaste, per fortuna dell’Italia, in buona parte sulla carta: «in alcuni casi mancavano le analisi che avrebbero dovuto costituire il presupposto stesso dei progetti preliminari», scrive Benedetto nell’introduzione. La strategia di governo non ha poi tenuto conto di dati economici di base: per esempio che il 75 per cento del traffico autostradale è locale, si limita ad un massimo di 100 chilometri, per cui c’è bisogno semmai di potenziare le strade, essendovi già in Italia 22,8 chilometri di rete autostradale ogni 100 chilometri di rete stradale (media europea molto più bassa: 13,2 chilometri). Tanto meno ha tenuto conto del fatto che ferrovie elettrificate e a doppio binario coprono da noi il 34 per cento della rete, contro il 43 per cento di quella tedesca e quasi il 45 di quella francese. Col Sud e coi pendolari trattati peggio di qualche decennio fa.

Ma veniamo allo strategico protocollo di Kyoto sulla riduzione delle emissioni di gas serra. Il governo Berlusconi è in netto ritardo e, col decreto “sblocca-centrali” del ministro Marzano, ha semplificato le procedure per decine di nuove centrali elettriche che produrranno 12.000 megawatt (le tanto ricordate importazioni si fermano a 6.000 megawatt), con un forte incremento delle emissioni inquinanti. Bisognerebbe puntare maggiormente sulle fonti rinnovabili (eolico, biomasse, solare e fotovoltaico, ecc.) di cui il programma del centrodestra sull’energia praticamente non parla e su di una rinnovata politica di risparmio energetico. Qui Benedetto produce un dato clamoroso: «intervenendo sull’efficienza (cioè sul sistema di utilizzo dell’elettricità, dalle industrie agli elettrodomestici di casa) si potrebbe recuperare il 47 per cento dei consumi energetici, oltre 10.000 megawatt». Basterebbero incentivi mirati in tale direzione per un risparmio gigantesco di emissioni.

Veniamo ai parchi. Matteoli dice di aver aumentato l’estensione delle aree protette. Operazioni compiute per lo più dalle Regioni, avendo il suo ministero seminato di gestioni commissariali, e di presidenti col solo titolo di merito della tessera di An, i Parchi Nazionali di mezza Italia ed affermato più volte il principio-guida secondo il quale essi devono venire “sfruttati” economicamente, magari anche a fini venatorii. «La conservazione della natura sembra quasi un corollario del lavoro e non la “mission” degli enti parco», scrive il segretario generale aggiunto del Wwf Italia. Non che non ci debbano essere ricadute anche economiche, ma la salvaguardia del patrimonio forestale, naturalistico, delle mille e mille biodiversità della flora e della fauna devono precedere ogni pur corretto “business”.

La Corte costituzionale ha definito con grande chiarezza l’ambiente «elemento determinante della qualità della vita», «valore primario ed assoluto», «bene unitario che va salvaguardato nella sua interezza», «non suscettibile di essere subordinato ad altri interessi». Ripercorrendo la cronaca di questo nero quinquennio, la vicenda dei condoni, della vendita delle spiagge demaniali, dell’abbassamento dei livelli di guardia per i rifiuti e per l'inquinamento, si ha la percezione angosciante che questi concetti-cardine della Costituzione formale e materiale siano stati considerati dal governo parole al vento, anzi precetti ostili e molesti.

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