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Roberta Carlini
Per chi scoppia la bolla
22 Maggio 2006
Articoli del 2005
"L'allarme americano sulla fine del boom immobiliare arriva in Europa". Il manifesto, 5 agosto 2005 (f.b.)

L'allarme americano sulla fine del boom immobiliare arriva in Europa. Ma per l'Italia gli esperti frenano: fase «riflessiva», niente crolli. Ma qualche speculatore potrebbe restare col cerino in mano. Alberto Lunghini (Reddy's Group) lancia l'allarme sull'eccesso di nuove costruzioni: serviranno ancora tra 30 anni?

Alan Greenspan ha detto che potrebbe scoppiare, ma solo «per alcune zone». E dopo che il governatore della Federal reserve ha parlato, i proprietari di tutto il (nostro) mondo si sono uniti, non nella lotta ma nel dilemma: se scoppia negli Stati uniti, cosa succederà da noi? Parliamo della bolla immobiliare, spettro che turba i sonni non solo degli speculatori ma di tutti coloro che, da Sidney a Milano, da Londra a Stoccolma, da Montreal a Dublino, si sono avventurati per necessità o virtù nel più gigantesco affare degli ultimi anni: la compravendita degli immobili. Ne parla la comunità degli economisti, ne parlano gli analisti d'affari, ne parlano i giornali, dall' Economist a Libération che lunedì scorso ha posto la domanda in copertina: «la bolla sta per scoppiare»? In Italia, il numero delle compravendite sfiora ormai il milione (all'anno), l'ammontare dei mutui concessi dalle banche solo nell'ultimo anno è cresciuto del 24% e la percentuale di famiglie proprietarie di casa è sull'80%. Sono in tanti quindi che anche qui - a Milano come a Treviso come a Bari - appesi al verbo di Greenspan si chiedono come Libé: allora, scoppia o non scoppia?

L'Italia e gli altri

«Tranquilli, non scoppia», è l'indicazione che con maggiore o minore forza viene da tutti i centri indipendenti di valutazione del mecato immobiliare. Qualcuno però aggiunge un inquietante «per ora», altri dicono che comunque l'era dei prezzi pazzi volge al termine, altri ancora distinguono tra immobile e immobile, tra zona e zona. Il più ottimista dei vari osservatori è quello di Nomisma: il centro studi bolognese prevede che i prezzi degli immobili, che nel primo semestre dell'anno sono cresciuti del 4,5% nella media italiana, saliranno nella seconda metà del 2005 di un ulteriore 3%. Un ritmo inferiore a quello degli anni scorsi - basti pensare che in Italia dal `97 al 2005 il numero indice dei prezzi delle abitazioni è salito del 69% - , ma comunque superiore all'inflazione (almeno a quella ufficiale). «I timori sullo scoppio della bolla immobiliare posso capirli se riferiti ad altri paesi - spiega Luca Dondi, ricercatore di Nomisma - ma certo non per l'Italia. Qui siamo ancora indietro nel ciclo dei prezzi degli immobili e il quadro macroeconomico non dà elementi per pensare a cambiamenti bruschi». In effetti, a guardare le stime dell' Economist sull'andamento dei prezzi, per quanto incredibile possa sembrare, in altri paesi la febbre è stata molto più alta (v. grafico).

Dondi spiega cos'è una «bolla che scoppia»: un calo dei prezzi sensibile e rapido, come quello che si ebbe dopo il picco dei prezzi degli immobili raggiunto nel `91, quando - correva l'anno 1992 - i prezzi delle case scesero del 20% in un anno. Ma non vede per ora gli elementi chiave che potrebbero innescare lo stesso meccanismo: che sarebbero, una ripresa dell'economia e della borsa e un rialzo dei tassi di interesse, tutti eventi che farebbero tornare il risparmio nei lidi - per ora abbandonati - della borsa e dei titoli, facendo al tempo stesso scendere febbre e prezzi del mercato immobiliare. Come dire, il miglior alleato del caro-case è la recessione. Che negli Stati uniti è finita, da noi ancora no.

Aspettando il 2008

Ma non è l'unica differenza che separa la nostra bolla immobiliare da quella degli Stati uniti. La differenza fondamentale è un'altra e si chiama: finanza. «La finanziarizzazione del mercato degli immobili da loro è molto più spinta», dice Alberto Lunghini, amministratore delegato di Reddy's Group, società di consulenza immobiliare globale. Il che vuol dire che i mutui coprono spesso l'intero valore dell'immobile, vengono ricontrattati in corsa quando i tassi scendono o quando i prezzi degli immobili salgono; «e allo stesso modo le riduzioni dei prezzi hanno un impatto immediato e si allargano a macchia d'olio: i proprietari indebitati corrono subito a vendere, facendo scendere ancor più i prezzi», spiega Lunghini. Che comunque non vede lo «scoppio» nell'orizzonte immediato neanche per gli Stati uniti: «secondo le previsioni degli analisti più accreditati, non succederà prima del 2008».

Anche in Italia sono salite compravendite, prezzi e indebitamento. Ma - spiega Lunghini - il numero di compravendite annue si è semplicemente allineato agli standard dei grandi paesi occidentali, mentre la minore finanziarizzazione del mercato ci mette un po' al riparo da ondate di ribassi rapide e generali. Anche perché l'investimento in immobili resta ancora appetibile, dato che i risparmiatori, scottati dalla borsa e da avventure finanziarie molto recenti (Argentina, Parmalat, Cirio e quant'altro) difficilmente torneranno in massa e di corsa a Piazzaffari.

Tempi lunghi per vendere

Questo non vuol dire che la bolla continuerà a gonfiarsi: «Si allungheranno, anzi si sono già allungati, i tempi di vendita. I tassi di interesse saliranno. E dunque arriverà un momento riflessivo dei prezzi degli immobili, che per i casi più eclatanti della febbre immobiliare, come Cortina o Santa Margherita o alcune zone di Roma e Milano, potranno vedere riduzione anche sensibili». Ossia, i 10.000 euro al metro quadro, le follie di alcune zone per vip, potranno anche scendere a 9.000 o a 8.000. Ma per tutti gli altri non sono all'orizzonte, neanche quando arriverà qui da noi l'effetto-Usa, cali forti e generalizzati. «E per quella fascia di mercato che sta intorno ai 2.000 euro al metro quadro una compressione dei prezzi è impossibile, giacché si scenderebbe al di sotto di quello che è il costo di costruzione, il valore dei terreni più tutti gli oneri accessori», spiega Lunghini.

Insomma più che uno scoppio della bolla sarebbe all'orizzonte una fase un po' meno folle del mercato. Nella quale però chi ha partecipato alle precedenti follie potrebbe restare un po' bruciacchiato. «Certo alla fine qualcuno con il cerino in mano resta», dice Lunghini: ma è il cerino dello speculatore, ossia di chi delle plusvalenze da compravendita di immobili fa la sua professione. Sul punto tutti gli osservatori concordano: «Chi ha comprato la casa per viverci, attratto anche dal fatto che i tassi di interesse sui mutui erano bassi, non deve monetizzare l'investimento, anche qualora i prezzi scendessero non perderebbe molto», dice Dondi. Tutti costoro potranno però avere un effetto di impoverimento per altra via: se hanno comorato con mutui a tasso variabile, il rialzo dei tassi peserà sul loro bilancio familiare molto di più della svalutazione (piccola e virtuale) della casa. Concorda Lunghini, secondo il quale neanche il piccolo investitore che ha comprato un immobile per «metterlo a reddito» (affittarlo) corre grossi rischi. Il popolo dei neo-rentier - delle famiglie che hanno investito il patrimonio in seconde case, negozietti, garage e quant'altro: un 15-20% del totale delle compravendite - non sarà travolto dalla bolla. Chi rischia invece è il trader, soprattutto quello che non si accorge in tempo del momento in cui deve vendere.

In futuro troppe case

Ma la vita degli immobili non è fatta solo di previsioni, tassi di interesse, speculazioni, trading. Ci sono anche le case, in mattoni e cemento, e i terreni e i materiali e tutto il resto. Lunghini invita a guardare un po' al di là della fase e del dilemma sullo scoppio della bolla. A valutare, per esempio, gli effetti di lungo periodo della recente nuova espansione edilizia: i comuni hanno dato il via libera, i costruttori hanno ripreso a costruire alla grande. Interi quartieri sorgono intorno a Roma e a Milano ma anche in cittadine di provincia. Il mercato preme, le case nascono. Case nuove, che si vendono come il pane ma che restano comunque inaccessibili a tutte quelle fasce deboli che la bolla immobiliare ha buttato fuori dal mercato. «Il punto è: quante case ci sono? e quante case servono? Se è vero che andiamo a una riduzione della popolazione consistente tra 30-40 anni, nel giro di una generazione ci troveremo con un eccesso di offerta di immobili. E allora sì che i prezzi crolleranno». Lunghini, che di mestiere fa consulenza immobiliare internazionale per banche, società e grandi investitori, non è certo per una pianificazione sovietica delle nuove costruzioni: però - dice - «il mercato va indirizzato, frenato in alcuni casi e incentivato in altri: altrimenti tra pochi decenni potremmo trovarci di fronte a una situazione davvero difficile».

Nota: su Eddyburg, qualche tempo fa, anche l'articolo di Mike Davis sulla "bolla" americana e i suoi risvolti (f.b.)

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