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(red.)
Domare il mostro urbano
22 Maggio 2006
Articoli del 2005
La megalopoli di San Paolo del Brasile, fra conflitti politici, contraddizioni sociali, e grandi piani urbanistici e organizzativi per il fututo. Un'ampio reportage da The Economist, 27 gennaio 2005 (f.b.)

Titolo originale:Taming an urban monster– Traduzione per Eddyburg di Fabrizio Bottini

La più grande città del Sud America è a mezza strada verso un futuro migliore e più giusto. Riuscirà il nuovo sindaco a finire il lavoro?

Marlene Dos Santos, vivace e attraente, mamma di sei bambini, sta aggrappata agli estremi margini di São Paulo. La sua casa è una baracca su una chiazza di terra che sembra far parte del bacino idrico, pochi metri più in là. La si raggiunge attraverso una passerella pedonale sopra uno scolo che porta liquidi di fogna giù verso l’acqua potabile della città. La signora Dos Santos passa le notti a scacciare i ratti, alcuni dei quali trasmettono la leptospirosi, una brutta infezione batterica. Ma la sua preoccupazione principale è che da quando ha perso il lavoro da donna delle pulizie sei mesi fa, non ne ha più trovato un altro. I suoi guai riassumono quello che non va a a São Paulo, la maggiore città dell’emisfero sud e capitale economica del Brasile.

Pochi chilometri più in là, nel quartiere centrale degli affari, brillano grattacieli, gli elicotteri trasportano uomini importanti sopra la congestione e i rapimenti, cuochi famosi stanno chini sui loro fornelli. São Paulo è stata chiamata “città ad anelli”: una zone centrale di lusso è circondata da fasce sempre più povere. “L’ineguaglianza si riflette nella forma fisica della città” ci dice Jorge Wilheim, sino al mese scorso segretario all’urbanistica per il municipio. Ma i bisogni impellenti di persone come la signora Dos Santos non sono quanto orienta le politiche, a São Paulo. In ottobre, l’elezione per la carica di sindaco ha contrapposto un candidato in carica che aveva fatto sforzi notevoli per migliorare la vita delle periferie, contro uno sfidante più gradito al ceto medio.

Il sindaco, Marta Suplicy, ha lavorato bene per i quartieri esterni come Grajaú, dove vive la signora Dos Santos. Ma ha perso contro José Serra, un intelligente tecnocrate ex ministro della sanità. È stato aiutato dal risentimento del cento medio contro gli aumenti delle tasse locali e dalle diffidenze verso il partito della signora Suplicy (il Partito dei Lavoratori, di sinistra, del presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva) e sulla sua vita personale (la signora è divorziata da un noto senatore e sposata a un politico di sottobosco argentino). José Serra, entrato in carica il primo gennaio, è leader del partito socialdemocratico brasiliano (PSDB), principale oppositore del PT di Lula. Dopo aver perso le elezioni presidenziali nel 2002, i risultati come sindaco possono avere rilievo nazionale.

Oltre a promettere una migliore amministrazione e disciplina fiscale, Serra non ha detto molto su dove intende portare São Paulo. Eredita una città dove stanno cambiando molte cose. L’economia è sempre più legata al sistema mondiale e orientata ai servizi, anche se l’area metropolitana allargata resta un sistema industriale. Nuovi poteri di regolazione danno all’ente pubblico maggior controllo sull’uso del suolo: un’opportunità per togliere il monopolio delle iniziative agli speculatori. La stessa São Paulo, con una popolazione di 10,7 milioni, è solo la più grande delle 39 municipalità che formano una metropoli da 18 milioni. C’è nuova consapevolezza di dover lavorare insieme, ma il governo federale e statale non sono d’accordo su chi debba comandare. C’è finalmente l’opportunità di immaginare una città migliore. Ma c’è anche la voglia?

São Paulo è stata costruita sul caffè, ma la sua forma è plasmata dall’immigrazione e dall’automobile. Gli schiavi raccoglievano il caffè. Gli immigranti europei hanno dato le proprie braccia alle prime industrie della città – tessile a alimentare – alla fine del XIX secolo. Sono seguite fonderie e fabbriche di automobili, molte in città satellite. Dagli anni Cinquanta milioni di immigranti sono sciamati verso São Paulo dalle zone povere del nord-est brasiliano.

Al principio, i governanti della città hanno optato per un nucleo centrale compatto e ben definito, lasciando che i nuovi arrivati provvedessero a sé stessi nella vasta periferia. Negli anni Venti si è deciso di basare il trasporto pubblico su autobus, non treni o tram, il che significava che i lavoratori potevano essere spostati da qualunque località. La suddivisione della città per zone negli anni Settanta ha confinato gli edifici alti al 10% del territorio. I paulistanos più poveri si sono costruiti da sé il proprio tetto, spesso su loteamentos dove il sistema proprietario è evanescente. Abitare vicino ai bacini d’acqua, come quello di Grajaú, è illegale. Questo rende i terreni a basso prezzo, ma giustifica la lentezza della municipalità nell’offrire infrastrutture e servizi. Più di un terzo delle case in città sono “irregolari”.

São Paulo non è più una calamita. La recessione degli anni Ottanta e le aperture economiche dei Novanta hanno colpito più forte che nel resto del Brasile. Esposta alla competizione internazionale, l’industria si è riorganizzata e automatizzata, buttando per strada lavoratori ben pagati. Le droghe sono entrate nei loteamentos e la criminalità insieme a loro, gettando nel panico i paulistanos che blindano le automobili e si barricano in casa. Il tasso di crescita della popolazione è caduto, dal 5,6% all’anno nei Cinquanta allo 0,8% dopo il 1991. Alcune zone della periferia e le città dei dintorni stanno crescendo ancora a rotta di collo, ma si tratta soprattutto di famiglie urbane povere alla ricerca di case a buon mercato. A peggiorare le cose, due sindaci prima della signora Suplicy sono stati accusati di corruzione su larga scala. “Gli anni ’90 sono stati l’inferno per la storia di São Paulo” ci racconta Gilberto Dimenstein, giornalista specializzato nelle cose della città. “Ma il peggio è passato.”

Questo si deve in parte al fatto che l’economia del Brasile è in ripresa. La disoccupazione nell’area metropolitana di São Paulo (definita in senso lato, a comprendere anche chi svolge lavori precari) è caduta dal 21% dell’aprile 2004 al 17% di novembre. Anche così, dice Miguel Matteo del SEADE, istituto di ricerca pubblico, le paghe medie nel 2004 hanno continuato una discesa che dura da 18 anni, in parte perché i nuovi lavori nei servizi pagano meno di quelli in estinzione nella manifattura. Ma il tasso di omicidi in città ha raggiunto il massimo nel 1999, e da quel momento ad ora è caduto di circa un quarto.

Alcune parti della periferia sono diventate meno disastrate. La maggior parte di Parque Cocaia, in quartiere della signora Dos Santos a Grajaú, è asfaltato. La città provvede acqua, elettricità e scuole, dopo una “lotta” dei residenti, come ci racconta João Neres de Oliveira, presidente di un’associazione di abitanti. L’affollata strada principale vede anche negozi di grandi catene. Grajaú a São Paulo è il terzo distretto in quanto a violenza, con un tasso di omicidi di 86 per ogni 100.000 abitanti nel 2003. Ma è del 20% più basso di due anni prima. Il sindaco signora Suplicy ha reso più facile andare da Grajaú al centro. I pendolari ora possono cambiare autobus senza pagare un supplemento di tariffa. Nuove corsie preferenziali per i bus hanno ridotto della metà i tempi di spostamento, poco più di un’ora. De Oliveira sostiene che il tasso di disoccupazione a Parque Cocaia è del 50%. Ma molti disoccupati ora ricevono un “reddito minimo” finanziato dalla municipalità, dallo stato e dal governo federale. Questo interessa l’80% dei poveri in città, secondo Marcio Pochmann, segretario al lavoro per l’amministrazione della signora Suplicy.

“L’inclusione sociale è il nostro impegno fondamentale” ha proclamato Serra nel discorso di insediamento, a significare che non ha intenzione di voltare le spalle alla periferia. Ma ci saranno dei cambiamenti, specialmente a causa delle dilapidate finanze municipali. Probabilmente si fermerà la costruzione delle costose scuole con strutture per il tempo libero voluta dalla signora Suplicy per dare ai giovani qualcosa da fare invece di mettersi nei guai. Il nuovi sindaco vuole estendere la tariffa unica dagli autobus municipali alle ferrovie statali e al sistema delle metropolitane. Ma si preoccupa per i costi. Serra darà più spazio ai servizi sanitari rispetto alla signora Suplicy. Ma la sua prima preoccupazione è di cavare di più da ogni centesimo del bilancio municipale. Uno dei suoi primi atti da sindaco è stato l’annuncio di voler rinegoziare i contratti dei dipendenti.

Ridisegnare la mappa

Se Serra conta i suoi centesimi, perderà l’occasione di condizionare la nuova mappa di São Paulo, un’area in movimento politico, ma anche fisico. Il sistema federale brasiliano non prevede governi metropolitani. Ad esempio, è la municipalità a gestire la rete di autobus, e lo stato le ferrovie, la metropolitana e gli autobus inter-city. Il sistema collega la città alle municipalità satelliti, ma muoversi fra questi centri è un incubo. Ciò esclude le persone da occasioni di impiego. Lo stesso succede per la salute: i finanziamenti federali vanno dritti alle municipalità, secondo la popolazione, ma i servizi non sono coordinati. A Diadema, ai margini di São Paulo, la metà dei pazienti dell’ospedale vengono da municipalità confinanti, ci dice Mário Reali, deputato statale. Visto che il 30% del bilancio di Diadema se ne va in salute, non è questione di poco conto. E via di questo passo.

Un governo metropolitano avrebbe senso, ma alcuni interessi consolidati e la costituzione lo rendono improbabile. Al suo posto, il governo Lula vuole dei “consorzi” di municipalità, che potrebbero ricevere finanziamenti per progetti congiunti nei settori del trasporto o gestione dei rifiuti. Ma il governo dello Stato di São Paulo, gestito dal 1994 dal partito socialdemocratico, sostiene che la costituzione dà agli stati la responsabilità del coordinamento regionale. Il partito dei lavoratori di Lula vuole scavalcare gli stati perché ne governa pochi, dice Andrea Calabi, sottosegretario all’economia dello stato di São Paulo. Questa iniziativa “minaccia le modalità di organizzazione del governo in Brasile”. Ma la città e lo stato dovrebbero andare più d’accordo, ora che sindaco e governatore sono dello stesso partito.

Il governo statale vede una terna di istituzioni a gestire la metropoli di São Paulo: un “consiglio per lo sviluppo” a carattere consultivo, composto da rappresentanti dello stato e delle municipalità, che possa suggerire ad esempio dove mettere le scuole e gli ospedali; un fondo comune al quale tutti contribuiscano; un’agenzia esecutiva delle decisioni del consiglio. Le municipalità confinanti, soprattutto quelle governate dal partito dei lavoratori, sono allerta. Hanno “partecipato molto poco” alle riflessioni statali sul tema metropolitano, lamenta il signor Reali, di Diadema. E sarà dura equilibrare gli interessi della ricca e potente São Paulo con quelli dei più piccoli e poveri satelliti. Ma queste scaramucce nascondono scopi comuni. Marcos Campagnone, direttore dell’ufficio pianificazione statale, vuole “invertire l’espansione della periferia”, in parte completando un’arteria tangenziale e linea ferroviaria per drenare il traffico di attraversamento e, spera, creando una barriera all’ulteriore espansione. Raquel Rolnik, funzionario dell’ufficio federale per le città, auspica una “crescita verso il centro”. Entrambi prospettano una metropoli più densa e uniforme.

Il gruppo della signora Suplicy aveva redatto alcuni piani in questa direzione, secondo una legge del 2001 che dà alle città il mandato di stendere “piani generali” a ricomporre gli interessi privati con la “funzione sociale” della proprietà urbana. Il piano per São Paulo, completato lo scorso anno, creerà nuove zone di case popolari, e un nuovo fondo per le opere pubbliche finanziato dal rilascio delle concessioni edilizie, e consentirà alla municipalità di espropriare i terreni abbandonati. Un progetto dell’amministrazione Suplicy, Bairro Novo (Quartiere Nuovo), darà casa a 70.000 persone, con 600 famiglie a basso reddito, in un’area di fabbriche abbandonate vicina al centro e servita dalla ferrovia. Sarà il primo quartiere pianificato di São Paulo, rivendica Wilheim, e spezzerà (un po’) il sistema dei ghetti separati per ricchi e poveri. Un altro progetto darà un colpo al sistema di traffico basato su un mozzo e molti raggi: una strada tra Guarulhos, zona dell’aeroporto internazionale di São Paulo, e la regione industriale a sud della città.

Quanto di tutto questo continuerà, con l’amministrazione Serra, non è chiaro.Ha sostenuto la nuova strada, ma dice che il piano generale deve essere rivisto. I paulistanos - non ultimi quelli che si ammassano nell’anello più esterno – sperano che la rinascita si rafforzi anche col nuovo sindaco.

Nota: qui il testo originale al sito dell’ Economist (f.b.)

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