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Paolo Berdini
E ora l'hinterland sprofonda nel traffico
6 Aprile 2006
Roma
Note dissonanti sul PRG romano dell'apparente 'concordia ordinum'. Da Carta QUI, n. 13, 3-10 aprile 2006 (m.p.g.)

Il nuovo piano regolatore di Roma è stato approvato definitivamente con buona pace di tutti. Anche di coloro che si sono opposti radicalmente ai suoi contenuti. I numerosi comitati che in quest’ultimo periodo hanno combattuto contro questo strumento sbagliato e ingiustificato, hanno infatti cercato di proporre un altro Piano, non la cancellazione di ogni regola. Ora le regole ci sono. Mi auguro che consentano di chiudere per sempre la fase delle deroghe che hanno arricchito pochi soliti noti e aggravato il funzionamento della città. Gli estensori del Piano assicurano che Roma sarà migliore di quella attuale. è allora importante ricordare, senza alcun preconcetto, gli errori di impostazione che ne compromettono in radice proprio la possibilità di rendere la città migliore. I piani urbanistici sono, infatti, utili se sanno interpretare e tentano di risolvere gli elementi di crisi dei sistemi urbani. E, nel caso di Roma, alcuni di questi nodi sono stati colpevolmente ignorati.

La prima e più grave omissione è, senza dubbio, l’assenza di un ragionamento sull’area metropolitana. A Roma non esiste da oltre un decennio nessun fenomeno urbano che non abbia origine negli squilibri tra Roma e il suo hinterland. L’intera provincia di Roma ha incrementato, nel decennio 1991-2001, la popolazione di circa 120.000 abitanti proveniente da Roma. Cittadini che non hanno potuto più permettersi di abitare nella capitale a causa di una rivalutazione immobiliare senza precedenti. Queste dinamiche indicano che sono in atto fenomeni spontanei di enorme intensità guidati dal mercato immobiliare. Basta ricordare l’andamento delle quotazioni delle abitazioni: Ance e Nomisma hanno stimato un aumento medio dei valori immobiliari su scala nazionale pari al 69 per cento nel periodo 1998-2005. A Roma la stima raggiunge il valore del 100 per cento di aumento, mentre nell’area romana è notevolmente più bassa. Era dunque facilmente prevedibile che i processi di valorizzazione urbana in atto nella capitale, non mitigati da politiche di creazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, avrebbero prodotto un fenomeno socialmente iniquo: la fascia meno protetta della popolazione si trasferisce in luoghi maggiormente accessibili dal punto di vista economico andando conseguentemente a ingrossare il numero dei pendolari che si recano quotidianamente a lavorare a Roma, sobbarcandosi interminabili ingorghi.

Di tutto questo, però, non c’è traccia nel nuovo Piano regolatore. Solo recentemente, in fase di controdeduzioni, è stata inserita in uno studio allegato la seguente frettolosa frase: «L’approfondita analisi delle dinamiche urbane dell’ultimo decennio consente di individuare alcuni elementi di novità rispetto al precedente scenario, e in particolare: [...] l’accelerazione dei flussi migratori verso i comuni della corona». Punto e basta.

Ma vediamo cosa hanno prodotto le dinamiche territoriali dell’ultimo periodo. La popolazione della provincia di Roma è passata da circa 986.000 abitanti [esclusa Roma] del 1991 a 1.103.000 nel 2001, con un incremento medio dell’11,9 per cento. Se si guarda il dato generale più in dettaglio, si scopre che la prima corona dei comuni metropolitani cresce a livelli molto più intensi del dato generale. I comuni del litorale nord [Cerveteri, Ladispoli, ecc.] presentano un incremento del 16,6 per cento. I comuni del comprensorio del lago di Bracciano del 27 per cento. La conurbazione della via Flaminia [Sacrofano, Morlupo, ecc] del 22 per cento. I comuni della valle del Tevere del 15,6 per cento. Il litorale sud [Pomezia, Ardea, Anzio e Nettuno] del 18,1 per cento. Sono percentuali impressionanti, tipiche di periodi particolari, come è avvenuto a Roma nell’immediato dopoguerra. Del resto, se la crescita media della provincia è più contenuta, lo si deve soltanto al fatto che il comprensorio dei Castelli romani cresce a un ritmo più contenuto della media [8,2 per cento] per la funzione deterrente dell’esistenza del Parco regionale, e il comprensorio del Sublacente mantiene la popolazione senza incrementi.

E’ poi evidente da tempo che il funzionamento metropolitano di Roma coinvolge territori esterni alla stessa provincia. Le aree meridionali del viterbese [Sutri, Nepi, ecc], il basso reatino con Fara Sabina e i comuni limitrofi, il comprensorio di Aprilia e Cisterna in provincia di Latina, l’alta valle del Sacco nel frusinate, solo per citare i casi più macroscopici, funzionano ormai come pezzi dell’enorme periferia romana. In un raggio di 60-70 chilometri dalla capitale è evidente il fenomeno d’area metropolitana e del conseguente pendolarismo giornaliero.

Il nuovo Piano regolatore avrebbe dovuto, insomma, affrontare nelle mutate condizioni lo storico problema dell’urbanistica romana, quello del decentramento delle funzioni direzionali, così da alleggerire la domanda di accesso verso il centro della città. In realtà è stato fatto il contrario. Anche in questo caso, facciamo parlare i documenti. Nella relazione di Piano si afferma che «non è più attuale la questione dello spostamento delle sedi dell’amministrazione centrale dello stato». Un breve rigo che cancella trent’anni di dibattito culturale sui destini del centro storico. E che cancella anche ogni velleità di riequilibrio con le periferie urbane e con l’area metropolitana. Paradossalmente, poi, si è fatto anche di peggio. Le concrete politiche abitative aggravano ulteriormente gli squilibri spontanei. Il comune di Roma, nel tentativo di dare soluzione ai gravi disagi abitativi, ha infatti acquistato interi edifici nei comuni di Albano, Pomezia, Anzio e Aprilia allargando il concetto di periferia all’intera area metropolitana.

E, nel nuovo Piano, le conseguenze di questa gigantesca domanda di mobilità non sono state affatto indagate. Ricordiamo che uno dei precedenti assessori alla mobilità nonché vicesindaco della giunta Rutelli, Walter Tocci, ha affermato che allora fu realizzato il modello del traffico privato indotto dal nuovo Piano e verificata la sua compatibilità con la struttura urbana. I risultati avevano dimostrato che la città non reggeva l’impatto ed era previsto il blocco dell’intero sistema. Nei giorni precedenti l’approvazione del Piano è stato addirittura accettato un emendamento di Forza Italia che prevede un nuovo raccordo anulare ancora più esterno del Gra. E mentre si parla solo di future metropolitane, prepariamoci a sprofondare nel traffico.

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