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Giovanni Sartori
Il pacifico sovversivo
11 Dicembre 2005
Scritti 2004
Chiara Valentini “intervista a tutto campo al politologo che piace anche ai girotondini”, su l’Espresso del 28 febbraio 2004.

È rimasto quasi senza voce il professor Giovanni Sartori, girando fra trasmissioni tv, partecipando ai dibattiti, rispondendo alle telefonate dei tanti fan. Più Berlusconi procede nella sua marcia fracassona, più questo arguto politologo di sicura ispirazione liberale, accademico dei Lincei in Italia e professore emerito alla Columbia University negli Stati Uniti, che ora manda il libreria il suo ultimo saggio, 'Mala tempora' ( box a pag. 59), diventa un'icona di quella sinistra a cui non ha mai appartenuto, se non addirittura un simbolo di resistenza girotondina.

Professor Sartori, Berlusconi ha aperto la sua personale campagna elettorale accusando i politici di essere ladri e irrompendo in un club di tifosi come la 'Domenica sportiva'. Che cosa possiamo aspettarci nei prossimi mesi?

"Se vogliamo capire quel che sta succedendo dobbiamo sapere che tutto quel che fa Berlusconi ha una sua razionalità. Lui è il tipico esempio di uomo politico eterodiretto dai sondaggi, che prima di aprire bocca aspetta di conoscere come batte il cuore italico. Non ci sono strappi o improvvisazioni, né quando parla di politici che rubano, né tanto meno quando si butta su un tema trasversale come il calcio. Sapendo benissimo che il 70 per cento degli italiani si occupa solo di sport, Berlusconi gioca una carta demagogica sicura".

Però c'è un'insofferenza crescente nella gente, ci sono intere categorie in rivolta e non solo per ragioni economiche.

"Una metà di questo paese che non ne può proprio più, ed è il popolo di sinistra, sempre più irato e ferito. E poi c'è l'altra metà, quelli che avevano votato per il Polo. È gente disincantata, perplessa, ormai convinta che le promesse non sono state mantenute. Per ora è un popolo che si astiene, che non pensa ancora di passare dall'altra parte. Questo spiega perché Berlusconi si è buttato alla ricerca spasmodica del loro consenso".

Non sembra che tutto il popolo di destra accetti volentieri questo disprezzo crescente di ogni regola.

"È vero. In questo senso ha fatto benissimo Lucia Annunziata a intervenire subito alla 'Domenica sportiva'. Senza le sue parole in diretta l'intervento di Berlusconi sarebbe stato solo un discorso più lungo del normale. Così invece ha creato il caso, ha fatto risaltare una scorrettezza clamorosa".

È un'esagerazione da estremisti dire che in Italia c'è un regime?

"Non credo mi si possa classificare come un sovversivo, eppure lo sostengo anch'io. Ma regime non vuol dire dittatura. Questa è un'invenzione dei media, che pure avevano parlato per tanto tempo di regime democristiano. In un regime c'è una forte personalizzazione del potere, come nel gollismo. C'è un leader che conta più dei meccanismi della democrazia".

Quali meccanismi sono più indeboliti nel caso italiano?

"È la garanzia della pluralità dell'informazione a essere fortemente amputata. Quando l'informazione è praticamente in mano a un monopolio, il cittadino sa solo quel che gli vuol far sapere il potere. In questo senso anche le elezioni, che una dittatura non consentirebbe e a cui invece Berlusconi si sottomette, sono meno libere di quel che sembrano, data l'altissima manipolazione delle opinioni dei votanti".

Perché secondo lei una parte dell'opposizione continua a ripetere che non bisogna alzare i toni della polemica? "All'Ulivo non conviene replicare al Cavaliere", ha detto nei giorni scorsi Giuliano Amato.

"Dissento decisamente. Se vedo qualcuno che ammazza un uomo mi metto a gridare 'assassino, assassino'. Invece Giuliano Amato, che ama i toni bassi, dice: 'C'è qualcuno che ha dato una martellata in testa a un altro'. È assurdo non chiamare le cose con il loro nome. È il tatticismo di una classe politica senz'altro competente, ma che è così coinvolta nei giochi di potere da pensare di poter ottenere qualcosa da ogni situazione".

Lei ha mai provato a dare qualche buon consiglio al centro-sinistra?

"Quando erano al governo avevo cercato in tutti i modi di convincerli che bisognava regolare il conflitto d'interessi. 'Se non fate adesso una legge siete fritti per sempre, non avete neanche idea del volume di fuoco mediatico che vi cadrà addosso', dicevo. 'Ma come si fa, così si antagonizza troppo Berlusconi, sembrerebbe una legge ad personam', mi rispondevano. Come se tutte le leggi non si facessero ogni volta in funzione di circostanze precise, anche se poi valgono per tutti. E lì le circostanze erano gravissime, si sapeva dai sondaggi che il padrone di Mediaset stava per vincere. Il brillante risultato è che le elezioni le hanno perse lo stesso, e Berlusconi ha conquistato quasi il 100 per cento dell'informazione di massa".

Come giudica l'operazione della lista unica alle prossime elezioni? Crede che aiuterà l'opposizione ad andare avanti?

"Ho pensato fin dal primo momento che creava più problemi di quanti ne risolvesse. In elezioni proporzionali come sono le europee non c'è bisogno di liste uniche, che fra l'altro in Italia non hanno mai avuto risultati brillanti. Spero che la regola questa volta venga smentita. Ma intanto, a dimostrazione di quanto la mossa fosse incauta, si è verificato il paradosso che alle elezioni Prodi non si presenterà, ma Berlusconi sì. Ha preso a pretesto la situazione per candidarsi per davvero, e si è garantito quell'effetto di traino che non è detto che Prodi riuscirà a esercitare".

Intanto il listone si è trovato alle prese con la grana dei soldati italiani a Nassiriya.

"Ormai è il tema della pace la grossa mina vagante della sinistra. Negli ultimi anni si è saldato un pacifismo che si potrebbe definire cattocomunista, che è destinato a creare problemi continui, a disunire le coalizioni. Penso che mostrarsi divisi e conflittuali, come è appena successo, sia disastroso. Dà un vantaggio colossale a Berlusconi perché la gente, a torto o a ragione, di liti non ne può proprio più".

Il popolo di sinistra però si è dimostrato nella grande maggioranza contrario alla guerra.

"Lo sono stato anch'io. Ma adesso il no alla missione in Iraq sarebbe irresponsabile. Se gli Stati Uniti fossero costretti ad andarsene, può saltare in aria tutto il Medio Oriente. L'astensione era l'unico modo per tenere insieme il centro-sinistra".

Le divisioni hanno riguardato soprattutto i Ds. Cosa ne pensa della leadership di Fassino?

"Non è che Fassino sia un indeciso. È che non può fare più di tanto, con un partito che stranamente è ancora controllato da D'Alema, con la conflittualità della Margherita, con questi cespugli micidiali. È un miracolo che riesca a tenere in piedi la baracca".

Che effetto le fa sentirsi indicare oggi dalla destra come una specie di sovversivo, come un guru di tutte le opposizioni?

"Non sono di sinistra, ma le circostanze mi hanno portato certamente a sinistra. Credo che nell'Italia di oggi sia quasi un dovere, soprattutto per uno studioso della politica, opporsi ad un sistema che sta distruggendo lo Stato costituzionale, che scivola verso la democrazia totalitaria. E poi c'è una cosa che non posso sopportare".

Quale, professor Sartori?

"Che Berlusconi pretenda di insegnare a me che cos'è la democrazia. Questo, me lo lasci dire, è veramente troppo".

10 anni di mala tempora Il nuovo libro di Giovanni Sartori

Un libro di 'storia vissuta', dove gli avvenimenti sono raccontati quando ancora si stanno svolgendo, e nessuno sa come andranno a finire. È la definizione che Giovanni Sartori dà del suo ultimo libro, 'Mala tempora', uscito da pochi giorni da Laterza e già arrivato alla seconda edizione dopo aver bruciato 14 mila copie. Eppure 'Mala tempora', titolo che allude al pessimo periodo che sta vivendo l'Italia, è un volumone di più di 500 pagine, che per di più raccoglie articoli già apparsi sui giornali, ma scelti e riordinati in modo da dare una lettura piuttosto intrigante degli ultimi 10 anni. Definito da Claudio Magris un manuale di resistenza, il libro di Sartori smonta giorno dopo giorno i meccanismi del Palazzo, racconta l'occupazione del sistema Italia da parte del Polo e le condizioni che rendono possibile una seconda vittoria di Berlusconi, a cominciare da quel Mattarellum, indicato come la fonte di molti mali. Ma è soprattutto nel racconto puntuale e senza sconti dei numerosi errori della sinistra al governo, dalla Bicamerale al ribaltone a un federalismo troppo frettoloso, che 'Mala tempora' si accredita come un utile vademecum per un'opposizione che vuol tornare a vincere.

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