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Giovanni Valentini
Tav, Bertinotti a Ciampi "Non faccia pressioni"
2 Dicembre 2005
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Forti dubbi sull’utilità e dulle completezza delle procedure per la TAV: se ne tenga conto please. Da la Repubblica del 2 dicembre 2005

Si può trascurare l´appello di un capo dello Stato, tanto più quando si chiama Carlo Azeglio Ciampi, a non isolare l´Italia dalle grandi reti europee? Si può dare torto a chi sostiene l´alta velocità come scelta strategica per ammodernare i collegamenti ferroviari e spostare una quota significativa di traffico – e in particolare di trasporto merci – dalla strada alla rotaia?

si possono ignorare, infine, le preoccupazioni e le proteste di un´intera comunità locale che si mobilita per difendere l´ambiente e la salute, cioè la propria sopravvivenza?

La chiave per risolvere il rebus della Val di Susa sta nella capacità di comporre tutte queste diverse ragioni, in una sintesi che spetta alla funzione e alla responsabilità della politica ai suoi vari livelli: regionale, nazionale e internazionale. E dipende anche dalla possibilità di conciliare legittime aspettative ed esigenze reali, al di là di impostazioni ideologiche, atteggiamenti estremistici e demagogici. Ma tutto ciò si può e si deve fare nell´ottica dell´interesse generale, di quel "bene comune" che supera appunto gli interessi di parte, verificando gli aspetti economici, ambientali e sociali secondo una gerarchia di valori più che un presunto ordine di priorità.

Può risultare un paradosso, una delle tante ironie che la storia spesso riserva, la circostanza che una tale esplosione di "localismo populistico" – com´è stato definito – coincida con l´avvento del federalismo imposto a colpi di maggioranza dal centrodestra: auguriamoci che, almeno in questo caso, la devolution alla fine non faccia rima con revolution. Fatto sta che il fenomeno rivela e denota un deficit di autorità, una carenza di legittimazione politica, che si rovescia in primo luogo sul governo in carica. E per quanto riguarda il tunnel della Val di Susa, tocca direttamente un ministro delle Infrastrutture che controlla attraverso i suoi parenti più stretti un´azienda di perforazioni coinvolta nel progetto ed è dunque viziato da un palese conflitto di interessi.

Allo stesso tempo, però, la querelle sulla Tav chiama in causa anche l´opposizione, lo schieramento di centrosinistra che si candida alla guida del Paese e naturalmente il suo leader, forte di un´investitura popolare come quella ricevuta nelle primarie. Qual è la linea dell´Unione sulla ferrovia ad alta velocità Torino-Lione? Quella del presidente della Regione Piemonte, Mercedes Bresso, prima decisa ad andare avanti a ogni costo e ora più propensa a verificare tutti gli aspetti della questione, a cominciare dall´impatto ambientale? Quella dei Ds che hanno a cuore le cooperative, anche loro interessate ai lavori, o quella dei Verdi di Pecoraro Scanio e dei rossi di Bertinotti? Quella della sinistra cosiddetta "sviluppista" o di quella riformista o ambientalista? E soprattutto, qual è esattamente l´opinione di Romano Prodi su questa vicenda?

Nella confusione e nella contrapposizione a volte caricaturale delle idee, un dato intanto appare chiaro: non si può risolvere il problema, né qui né altrove, con la militarizzazione del territorio. Le "grandi opere" non si realizzano con un presidio di polizia 24 ore su 24, per 365 giorni all´anno e per diversi anni a seguire. Non solo perché ciò minaccia di produrre una restrizione intollerabile della democrazia, dalla libertà di circolare a quella di manifestare. Ma anche perché in questo modo i tempi inevitabilmente si allungano, i costi crescono e soprattutto aumentano i rischi sociali: tanto più in una regione che si appresta a ospitare, fra poche settimane, un evento globale come le Olimpiadi invernali.

La verità, piaccia o non piaccia, convenga o non convenga a questo o a quello, è che il caso della Val di Susa rappresenta il paradigma di una politica nazionale contro l´ambiente e contro il territorio, introdotta dal centrodestra in nome di una malintesa deregulation, in funzione di interessi che non sempre corrispondono a quello collettivo e spesso anzi lo danneggiano. Dalla Legge Obiettivo censurata dalla Corte dei Conti fino alla legge delega ambientale, per la quale l´Italia è stata già sottoposta a una procedura d´infrazione da parte di Bruxelles, tutta la normativa di questa legislatura in materia è un´eresia che va contro le direttive e le procedure europee.

Da qui, da questo peccato originale, discende - come denuncia il Wwf in un´ampia e documentata memoria appena consegnata al Parlamento di Strasburgo - una serie di vizi che inficiano anche il progetto della Torino-Lione, sia sotto il profilo ambientale sia nel rapporto tra costi e benefici. E gli argomenti non mancano. L´opera, secondo l´associazione ambientalista e secondo numerosi esperti esterni, non è stata sottoposta nella sua completezza alla procedura di "Via" (valutazione di impatto ambientale) né è stata avviata una procedura internazionale coordinata, dopo una pubblica consultazione nei due Paesi interessati. Il progetto non avrebbe perciò i requisiti indicati dalla stessa Ue per rientrare nella lista prioritaria delle reti transeuropee di trasporto.

Se ora da Bruxelles la coordinatrice Loyola de Palacio non intende accordare la "tregua olimpica" proposta saggiamente dalla presidente Bresso, se ne assume – per la sua parte – le responsabilità. Ma in attesa che la questione venga rimessa a due tecnici stranieri, uno esperto di trasporti e l´altro di sicurezza e salute, non può essere la Regione Piemonte a decidere da sola. E´ la politica nazionale, il governo da una parte e l´opposizione dall´altra, che devono dare una risposta chiara e tempestiva sull´ipotesi di una moratoria che a questo punto appare quanto mai opportuna.

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