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Carlo Lojodice
Una città per tutti, anche per chi non vede
21 Giugno 2005
Scritti ricevuti
Osservazioni di un cittadino che non è urbanista né sindaco, ma agli urbanisti e ai sindaci dà una lezione

Una città per tutti, anche per chi non ci vede

Osservazioni di un cittadino che non è urbanista né sindaco, ma dà loro una lezione

Sono sotto un portico, a Bologna, e sento venire in direzione opposta qualcosa di scarriolante. È un bambino che forse trascina, forse cavalca un piccolo mezzo di plastica su ruote. Non vedendoci, non riesco a precisare più di così. Accosto a destra per farlo passare. Ma nel frattempo sento la voce della mamma che apostrofa il piccolo.

“Fermati! Lo vedi che il signore ha un bastone? Te l’ho già detto, quando vedi un bastone devi fermarti!” Non dice “bastone bianco”, ma semplicemente bastone. Perché bastone significa problema in chi lo porta. Colto piacevolmente alla sprovvista, non ho trovato quattro o cinque parole per ringraziare la signora facendole capire quanto avessi apprezzato il suo modo di fare, e ho pronunciato soltanto uno striminzito grazie, sperando che almeno il sorriso mi sia riuscito bene.

E’ evidente che della signora non ho apprezzato soltanto la gentilezza: ho apprezzato il fatto che, cammin facendo, lei trasmettesse al figlio i suoi valori.

La morale. Mettete pure tutti i semafori acustici che volete; mettete pure tutti i percorsi con segnalazione tattile che credete! Ma alla fine sono le persone che decidono che fare quando incrociano qualcuno con dei problemi. A che vale un semaforo acustico quando sempre più automobilisti passano col rosso? A che vale una pista tattilmente segnalata se poi qualcun altro ci mette sopra il motorino che per un cieco diventa un pericoloso ostacolo? Per contro, se i semafori fossero sempre rispettati, la maggior parte di essi, quelli ad alternanza binaria, non avrebbero assolutamente bisogno di bip.

E se marciapiedi e portici fossero destinati ai pedoni e curati per loro, invece di essere casse di compensazione per una strada che non riesce più a smaltire interamente le esigenze di traffico e di sosta, allora verrebbe svelata tutta la retorica pseudobuonista che c’è dietro i percorsi assistiti.

Oggi di mobilità si parla dappertutto. La densità di persone e mezzi di trasporto nelle aree non solo urbane fa sì che urgano procedure e misure per rendere più vivibile il nostro ambiente.

Ciò che rimprovero alle associazioni dei disabili è di essere completamente al di fuori di questo dibattito.

Faccio un esempio. Da più parti si va dimostrando, con realizzazioni pratiche, che l’allargamento di una strada non accelera ma rallenta la velocità della circolazione, e in più ne accresce la pericolosità. Una pista larga quanto un solo veicolo - il più largo naturalmente - non permette né il sorpasso né il parcheggio selvaggi, e alla velocità di 30 km/h un mezzo procede senza stop dovuti a intasamento, a patto che il sistema semaforico sia di tipo”intelligente”. Quindici anni fa trovai il modello già realizzato ad Amsterdam, i cui amministratori erano stati guidati a questa modalità da altre esigenze, quelle di economia dello spazio fra i canali.

In quella occasione potei sperimentare quanto era facile attraversare una strada e soprattutto quanto era sicuro, essendo l’indisciplina all’italiana praticamente impossibile.

Che mi crediate o meno, ai fini del ragionamento non importa. Non potrete in ogni caso pensare che tutti i modelli urbanistici siano uguali rispetto alle difficoltà. Ce ne deve essere per forza uno migliore di un altro. Allora non capisco come mai non ci sono nostri rappresentanti che si inseriscano nel dibattito.

C’è sempre invece un presidente, un consigliere, una delegazione che vanno a pietire da questo o quell’assessorato questo o quel semaforo, questo o quel segnalatore tattile, questa o quell’agevolazione tariffaria, ecc. Mai però un discorso sul territorio che, al 98%, rimane in balia di altre dinamiche.

Bologna. Un walk assistant (percorso elettronico assistito tramite un filo interrato) dalla stazione ferroviaria a Porta Castiglione. 1 miliardo e 700 milioni di vecchie lire. E il resto della città? Se avessi voluto andare allo stadio per la partita della salvezza col Parma? Ma che diamine! Se anche funzionasse, non si potrà mica pensare di cablare un’intera città a quei costi! Qui si sballa il bilancio! Invece non sarebbe male pensare che i marciapiedi di via Andrea Costa - come quelli di tutto il resto della città - fossero: lineari e interdetti ad usi diversi dalla pedonalità.

Sarebbe stato bello che quella cifra avesse concorso al bilancio del Comune per la mobilità in cambio di attenzione alla deambulazione di chi ha chances minori di quelle di Superman.

Anche in quel modo avrebbero potuto risultare soldi buttati; ma avrebbero potuto anche essere molto produttivi. Invece ora non solo prendiamo amaramente atto di aver buttato un capitale non trascurabile (il walk assistant bolognese è già archeologia); ma sappiamo che, al massimo dell’utilizzo, il servizio reso non sarebbe valso l’investimento fatto né per quantità né per qualità.

Ma erano soldi del Giubileo.

Non si potevano non spendere - ha detto qualcuno.

Io dico che non si dovevano spendere e che ci si doveva metter sopra un’ipoteca politica del tipo: noi ciechi di Bologna vogliamo che quei soldi vengano spesi in una prospettiva generale con attenzione a noi. Ma per fare operazioni del genere non bastano poche voci scoordinate, e così ha vinto qualcuno che non ho ancora capito chi è, mentre so bene chi ha perso

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