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Francesco Erbani
Trecento case nel bosco è scontro ai Beni culturali
20 Novembre 2004
Beni culturali
Per tutelare quel che resta del paesaggio, i vincoli contro i piani: ma poi interviene Urbani... Da la Repubblica del 7 novembre 2004

Un piccolo paese, Spilamberto, provincia di Modena. Un´area grande sessanta ettari nei pressi del fiume Panaro, dove i boschi avvolgono quel che resta di un antico stabilimento di polveri da sparo. Un progetto per realizzare, nel bosco, trecentosessanta appartamenti, una città di mille abitanti, con alberghi, centri commerciali e uffici. Un vincolo della Soprintendenza sull´intera area, al quale, però, si è subito mostrato contrario il ministero per i Beni culturali nella persona di Roberto Cecchi, allora Direttore generale, e che, insieme ad altri interventi molto rigorosi, è costato il posto a chi lo aveva emesso, il soprintendente dell´Emilia Romagna Elio Garzillo.

Sono gli ingredienti di una storia che divide questo piccolo paese, ma che scuote anche il ministero retto da Giuliano Urbani, deciso a smentire l´operato del suo soprintendente. In questi giorni, infatti, da Roma è partita un´ispezione che deve verificare se quel vincolo è corretto, ma che, temono in molti, rappresenta il primo passo per annullare il provvedimento e dare via libera al progetto edilizio.

La zona della lottizzazione è a sud del paese. Qui nel 1510 fu avviata dagli Estensi la produzione di polvere da sparo. Furono edificati casotti e laboratori, fino ad arrivare, in epoca napoleonica a un manufatto tuttora esistente, circondato poi da stabilimenti realizzati fra Otto e Novecento. Tutto intorno il paesaggio è di grande bellezza, il bosco è solcato da corsi d´acqua e modellato da rilievi e terrapieni fitti di alberature che scendono fino al fiume.

A poco a poco la polveriera, che prende il nome di Sipe, diventa la più grande industria del modenese, occupando fino a 20 mila persone. La proprietà dell´area e degli stabilimenti passa di mano in mano (per un certo periodo è appartenuta a Cesare Romiti e poi alla Fiat). Fino alla chiusura, negli anni Settanta.

L´attuale proprietà, la Green Village, ha presentato un progetto per trasformare i sessanta ettari in un quartiere residenziale e commerciale. In cambio bonificherebbe il terreno, in cui si sono accumulati scarichi di tutti i tipi, e cederebbe i capannoni al Comune che vi realizzerebbe un Polo scientifico-tecnologico. Il Comune (centrosinistra) ha accolto il progetto. Ma in paese sono da tempo montate le proteste. Si è formato un agguerrito comitato di cittadini, che ha raccolto centinaia di firme. Fin dall´inizio è intervenuta contro il progetto Italia Nostra, seguita da Wwf e Legambiente.

Il Comune sostiene la bontà dell´iniziativa, vantando la cessione degli stabilimenti e i benefici della bonifica, per la quale, aggiunge, non avrebbe i soldi. Ribattono il comitato e le associazioni ambientaliste: la proprietà non regala nulla, perché si disfa di capannoni che non potrebbe riutilizzare, essendo costosissimo il loro restauro; inoltre, secondo gli oppositori, la bonifica spetta per legge ai proprietari. Gli esponenti del comitato lamentano poi che Spilamberto non ha alcun bisogno di case per altre mille persone (il dieci per cento dell´intero paese) e del suo sconvolgente carico urbanistico. E aggiungono che questa zona del modenese è già satura di cemento, per cui preservare un´area verde, di grande pregio paesaggistico e così densa di memoria, non può che far bene a una collettività strangolata da case e capannoni.

Che la zona andasse tutelata si era convinto anche l´ex soprintendente Garzillo, il quale a fine aprile scorso ha proposto un vincolo paesaggistico. Dura è stata la reazione del Comune, che si è persino rifiutato di affiggere nell´albo pretorio il provvedimento, producendosi in un elogio del nuovo Codice dei Beni culturali di Urbani - inedito per esponenti del centrosinistra - che di lì a qualche giorno sarebbe entrato in vigore e che, a detta dell´Amministrazione, avrebbe reso inutile il vincolo. Nel frattempo un ricorso al Tar contro il vincolo veniva respinto, ma intanto per Garzillo è arrivato il trasferimento al Ministero. Per molte associazioni di tutela, quella di Garzillo, come di altri soprintendenti che insieme a lui persero il posto in quella tornata di nomine, fu una vera punizione.

Con l´ispezione la palla torna a Roma. Ma quando ci si infila nei meandri burocratici le complicazioni non finiscono mai. Contemporaneamente al trasferimento di Garzillo, venne decisa la promozione di Cecchi a capo del Dipartimento paesaggio e beni culturali, il ponte di comando del ministero. Ma ora la Corte dei Conti ha sospeso quella nomina: Cecchi non avrebbe maturato, dicono i magistrati contabili, l´anzianità necessaria.

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