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Rossana Rossanda
Quattro anni
4 Novembre 2004
2004-Bush II
L'editoriale de il manifesto del 4 novembre 2004. "Il presidente uscente ha prevalso nell'opinione dei suoi concittadini nonostante abbia portato il paese in guerra con la menzogna, abbia attaccato l'Iraq con ogni mezzo illecito senza riuscire a sottometterlo, non abbia affatto abbattuto il terrorismo fondamentalista, abbia isolato gli Usa dalla maggior parte del mondo e, sul piano interno, non abbia un bilancio né brillante né popolare"

Anche se la verifica dei voti sospesi nell'Ohio fosse stata favorevole a Kerry, resta che le elezioni presidenziali più appassionate e partecipate degli Stati uniti hanno dato a Bush la maggioranza dei suffragi. Non una vittoria sul filo di lana, o forse della frode, come l'altra volta: stavolta Bush ha raccolto oltre 3 milioni e mezzo di voti più del suo avversario e questo conta al di là del macchinoso e inceppato sistema elettorale stato per stato. Il presidente uscente ha prevalso nell'opinione dei suoi concittadini nonostante abbia portato il paese in guerra con la menzogna, abbia attaccato l'Iraq con ogni mezzo illecito senza riuscire a sottometterlo, non abbia affatto abbattuto il terrorismo fondamentalista, abbia isolato gli Usa dalla maggior parte del mondo e, sul piano interno, non abbia un bilancio né brillante né popolare. Bush ha vinto nonostante tutto questo o forse proprio per questo. Forse bisognava prevederlo. Inutile dirsi che se l'intellettualità più avvertita della politica, dell'università, del giornalismo, del cinema è contro Bush, il resto del paese, l'America profonda o contadina è informata poco e male perché i media, specie televisivi, hanno fatto campagna per il presidente uscente. E' evidente che essi hanno toccato una corda profonda, quella di un paese che l'attentato dell'11 settembre ha colpito nella sua certezza di invulnerabilità e non si è fermato a farsi delle domande, ha voluto e vuole soltanto abbattere il suo nemico o i paesi in cui crede di riconoscerlo. Il Patriot Act dell'ottobre del 2001 esprimeva questa reazione viscerale, alla quale sono sacrificate anche quelle libertà della persona che negli Usa apparivano più care. Non che sia la prima volta, ma certo i morti ammazzati nel medioriente e lo stillicidio di perdite statunitensi che li accompagnano non stanno sollevando il meglio del sogno americano, una reazione simile a quella della generazione del Vietnam. Al contrario. Né ha molto senso osservare che se Kerry fosse stato più netto nella sua denuncia e nella sua alternativa avrebbe pesato di più: è bastato che avanzasse le sue modeste critiche perché gente che da una vita non andava a votare uscisse di casa per disinnescare il pericolo che vedeva in lui. Hanno vinto l'insicurezza e l'arroganza.

Questa di Bush non è tutta l'America, anzi la divide in due, ma è quella che da oggi per quattro anni conterà. E' un'ondata di fondo, conservatrice, egoista, nazionalista, bigotta, dalla quale si salvano poco più che New York, Chicago e la California - isole in un mare repubblicano. E' un'ondata che viene da lontano e non investe soltanto gli States; si propone come modello mondiale, da affermare con ogni mezzo. Non solo la superiorità del sistema finanziario, produttivo, tecnologico rispetto alle possibilità del resto del pianeta, blocco gigantesco di interessi indifferente agli squilibri e alle miserie e alla protesta che provoca, ma anche ricorrendo alla guerra. Una guerra che rispetto ai secoli scorsi ha cambiato natura. Dalla fine dell'Unione sovietica in poi gli Stati uniti non hanno rivali in grado di tener loro testa, e questo ha incrudelito nel medioriente quella che è apparsa la sola reazione a portata di mano, il terrorismo che dissangua anche se stesso e nega ogni possibile umana motivazione. Guerra e terrorismo sono figure della crisi di civiltà e dei paradigmi politici nella quale è finito il secondo millennio e inizia il terzo.

I tempi non sarebbero stati semplici neanche se Kerry avesse vinto. I più abili opinionisti, specie se ex di sinistra, si affrettano a dire che no, un Bush più forte saprà recedere dall'Iraq e reimmettere gli Usa nel multipolarismo, primo interlocutore quell'Europa che hanno tenuto in gran disprezzo. Non lo crediamo. Non lo crede quella pur grande minoranza di americani che gli hanno votato contro, non lo crede gran parte dell'Europa, non lo crede un Oriente martoriato e spinto agli estremi. Bush vorrà una resa, ma l'Occidente resta diviso e lo scontro continuerà a essere acerbo. Meglio saperlo.

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