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Curzio Maltese
La macchina da guerra del Cavaliere
18 Marzo 2004
I tempi del cavalier B.
Io ho paura. Curzio Maltese, su la Repubblica del 23 febbraio 2004, spiega perché

RIUSCIREMO a sopravvivere da paese civile alla prossima campagna elettorale? Esiste un sistema per smontare la rabbiosa macchina da guerra messa in moto da Berlusconi per le Europee? È questa, più della vittoria dell´uno o dell´altro schieramento, la vera posta in gioco da qui a giugno. Una democrazia può ben resistere a un cambio di maggioranza ma non all´imbarbarimento progressivo della lotta politica oltre un punto di non ritorno. Ed è più o meno questo l´obiettivo di Berlusconi.

Convinto che con una campagna elettorale "normale" il suo partito andrebbe incontro a una disfatta storica, il premier fa leva sull´immenso potere mediatico per imporre una campagna folle, estrema, in un certo senso "finale". Il suo è un estremismo calcolato, una pazzia lucida e meticolosa. Si tratta di vedere se gli avversari sapranno riconoscerla come tale.

La reazione più naturale di fronte alle provocazioni del premier è, triste a dirsi, anche la più inutile. Scandalizzarsi non serve a niente. La maggioranza degli italiani in ogni caso non si scandalizza, non più, non per Berlusconi. La società è mitridatizzata, l´informazione scarsa e controllata.

Chi ha provato a contare i vantaggi enormi che l´attuale campione dell´antipolitica ha ricevuto dagli odiati politicanti della prima Repubblica è stato già censurato ed espulso da tutte le televisioni del regno. Si potrebbe anche provare a fare il calcolo di quante tangenti occorrono per arrivare in cima alla montagna di miliardi che si è messo in tasca lui da quando è premier, fra condoni, decreti tivù, defiscalizzazioni, abolizione della tassa di successione e perfino spalma-debiti per il calcio. Facciamo duemila seconde case di onorevoli? Un migliaio di barche con annesso skipper? Ma anche questo argomento non servirebbe a molto. Guai, oggi, a demonizzare chi lo merita.

Assai più utile è cercare di capire la meccanica della "follia" di Berlusconi e magari smontarla. La strategia del premier parte dalla lettura dei sondaggi che da mesi indicano un crollo di Forza Italia dal 30 al 20 per cento e una costante crescita di consensi della Lista Prodi fino al 35-37 per cento. Notizia che di per sé giustificava almeno un lifting. Berlusconi ha riunito i suoi esperti di comunicazione e ha deciso di sperimentare sul terreno la ricerca del messaggio in grado di rovesciare la situazione. Da quando è tornato sulla scena ne ha sperimentati tre. Il primo, l´Ottimismo. In tinta con il rimpasto facciale, il premier ha cominciare a dire che l´Italia è più ricca e prospera, felice e fiduciosa, insomma "più bella che pria". Non ha funzionato. Al contrario, l´ottimismo fuori luogo ha prodotto nell´opinione pubblica una reazione infastidita e di distacco dal capo, del genere: "Andrà meglio a lui, ma a noi?". Mancato il primo colpo si è passati al secondo, un classico: l´anticomunismo. Comunisti dappertutto, dalla Corte Costituzionale fino all´ultima aula scolastica. Comunisti feroci, sabotatori incalliti.

"Comunisti senza comunismo". E qui ha sbagliato slogan. Perché un conto è richiamare alle armi lo storico anticomunismo nazionale, vero collante ideologico dei ceti medi dal dopoguerra. Altro è ammettere che il comunismo non c´è più. Quel "senza" è stato fatale. Perché se il comunismo non esiste (in effetti sono passati quindici anni dal crollo del muro e tredici dalla dissoluzione del blocco sovietico) perché scaldarsi tanto contro i poveri superstiti?

Bruciati in pochi giorni i due messaggi fondanti del berlusconismo, il grande comunicatore non si è perso d´animo e con la riconosciuta mancanza di scrupoli è passato a quella che un dottor Stranamore chiamerebbe "l´arma fine di mondo", il qualunquismo. «È giusto evadere le tasse alte», «i politici sono tutti ladri». Pare di ascoltare il Bossi prima maniera. Ma intanto il messaggio è efficace, doppiamente efficace. Da un lato parla agli istinti animali dell´elettorato, dà voce a un rifiuto della politica forte e radicato nella società italiana tanto fra i giovani che fra i vecchi, fra i ricchi e gli impoveriti, gli operai e gli imprenditori, i professionisti e gli impiegati. Dall´altro costringe la politica a una difesa che suona di nomenklatura, rivelando un qualunquismo speculare. Da sempre in Italia all´antipolitica della società corrisponde lo spirito antisociale della politica. In questo modo Berlusconi recupera la sua centralità, la pretesa di essere diverso e migliore, l´unico capace di mediare fra il Palazzo e la Gente, tramite divino dal paese reale a quello (sempre meno) legale.

Trovato il "messaggio", non c´è dubbio che Berlusconi userà tutto il potere di cui dispone per imporlo alla campagna elettorale, senza preoccuparsi del potenziale distruttivo ed eversivo che sprigiona. Sarà come se nel ?92 Bossi e Miglio avessero avuto a disposizione il 90 per cento dell´informazione. Ma con una differenza importante e forse decisiva: l´esperienza di questi dieci anni.

Smontare il messaggio di Berlusconi non è poi così difficile. Tutte le sue strategie mirano all´unico scopo di oscurare i fatti con le parole. Vuole costringere tutti a discutere di quel che ha detto oggi o ieri perché si dimentichi quanto ha fatto in due anni e mezzo di governo. un´intuizione esatta. Gli italiani non sono affatto delusi dalle sue parole, che anzi continuano a piacere moltissimo. Sono delusi dai fatti, dalla distanza fra promesse e risultati. Se l´opposizione saprà insistere su questo contromessaggio, se saprà ogni volta incalzare il presidente del Consiglio chiamandolo a rispondere delle concrete azioni di governo e non delle sparate da capopopolo, allora avremo una campagna elettorale normale, davvero europea.

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