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Alessandro Amadori
Berlusconi è più debole ecco perché cerca la rissa
18 Marzo 2004
I tempi del cavalier B.
Dario Olivero intervista l’autore di “Mi consenta”, su la Repubblica del 24 febbraio 2004.

ROMA - Anche l'ultima uscita di Silvio Berlusconi sull'allenatore del suo Milan è campagna elettorale. Così come era campagna elettorale quella precedente sull'evasione fiscale che può essere tollerata se le tasse sono troppo alte o quella, subito seguente, sui politici di professione che "rubano o hanno rubato". Campagna elettorale. Sarà lunga, lunghissima fino a giugno per le amministrative e le europee. Poi continuerà fino alle politiche del 2006. E sarà dura, radicale, dai toni forti. Un clima pesante. Perché così la vuole Berlusconi "perché quello è il suo ring, lì lui è cintura nera e sa di poter vincere". E' l'analisi di Alessandro Amadori, psicologo, fondatore dell'istituto di ricerca Coesis Research. E' autore di due libri su Berlusconi: Mi consenta volumi 1 e 2.

Amadori, che tipo di campagna elettorale sarà questa che è di fatto già incominiciata?

"Radicalizzata, dai toni forti. E tutta basata a fare quadrato interno. Cioè a consolidare, da parte di entrambi gli schieramenti, il proprio mercato più che attrarre mercato potenziale".

Perché?

"Perché la politica è a corto di idee. Perché i problemi del Paese sono strutturali, come ha rivelato il caso Parmalat e diventa difficile parlarne in termini realistici. Perché è più facile. E' come il tifo calcistico. Si rafforza la propria parte e si demonizza l'altra. Perché forse è quello che gli italiani in qualche modo inconsciamente desiderano. Ma una delle ragioni decisive è che Berlusconi è più debole. La sua psicologia del sogno non attecchisce più e lui lo sa. Ha bisogno di una via d'uscita chiassosa".

E che spiegazione si darebbe Berlusconi del proprio indebolimento? Colpa dell'azione di governo o, come spesso ha detto, di un difetto di comunicazione delle cose fatte?

"E' convinto che il metodo dell'imprenditore, il metodo autocratico, non è praticabile in questo assetto istituzionale. Quella è la vera partita: le riforme, modificare surrettiziamente il dna della nostra democrazia. Per fare questo ha bisogno di due legislature. E mentre lui lavora a questo noi parliamo di Ancelotti".

L'uscita su Ancelotti servirebbe a sviare l'attenzione? Ma non è stata contropruducente? Gli italiani non potrebbero pensare: "Ma con tutti i problemi che abbiamo, il presidente pensa al Milan"?

"Dall'estate del 2003 all'elemento di distrazione si è aggiunto un elemento di evoluzione psicologica. La teoria della nemesi creativa: l'improvviso imbarbarimento dei grandi capi autoritari. Ci si distacca dalla realtà e si diventa preda di una forma di percezione all'insegna dell'onnipotenza. Questa mi sembra l'unica spiegazione dell'uscita su Ancelotti".

Quindi non era prevista? Non era un calcolo da grande comunicatore. Ma allora questa campagna elettorale rischia di avere elementi aleatori che potrebbero renderla ancora più incontrollabile. E' così?

"E' la teoria dei tre terzi. Per un terzo sarà strategia. Berlusconi parlerà di tasse, sicurezza, grandi opere e così via. La strategia ha come asse portante il presidio del territorio conquistato e fare i conti all'interno della coalizione".

Il secondo terzo?

"E' il diversivo, la schermaglia tattica. Volontà di distrarre l'attenzione. L'evasione fiscale, i comunisti senza comunismo, i politici che rubano. Il messaggio del Berlusconi antipolitico".

Infine?

"Berlusconite. Cesarismo. L'uscita su Ancelotti. Come se dicesse: 'Vedete che avevo ragione?' 'Che se non fate come dico io, se non fate giocare il Milan con due punte sbagliate?'"

Quanto pesa quest'ultimo terzo?

"E' la scheggia impazzita che rischia di rompere le uova nel paniere berlusconiano".

Ma se è come dice lei perché nessuno dei consulenti del premier lo sconsiglia dal fare queste uscite?

"Nella cerchia ristretta dei consulenti di Berlusconi si fa fatica a fargli capire gli effetti collaterali che certe uscite possono avere".

Insomma, nessuno ha il coraggio di dirglielo.

"Secondo me è così. Perché certe uscite sono francamente autolesionistiche. Le grandi personalità autoritarie hanno incominicato a distaccarsi dalla realtà perché sono venuti a mancare gli elementi di controllo, le verifiche razionali".

Quale è stata la miglior uscita elettorale di Berlusconi?

"Quella sui politici che rubano è quella che parla di più al suo elettorato. Che spesso gli rimprovera di proprio aver perduto la sua forza antipolitica".

La peggiore?

"I comunisti senza comunismo. Un messaggio che non interessa più a nessuno".

Il lifting?

"Una via di mezzo. L'ha fatto nel momento sbagliato, quando gli italiani sentono di diventare più poveri".

Berlusconi comunque sembra pronto per la lunga campagna elettorale. Che cosa dovrebbe fare il centrosinistra per vincere?

"Non cadere nella trappola. Se risponde alla provocazione il centrosinistra perde. Berlusconi in questo terreno è più bravo. L'opposizione dovrebbe fare in modo che Berlusconi faccia a pugni con il vuoto".

Succederà?

"Prodi e la Margherita sembrano averlo capito. Per i Ds è un po' più difficile resistere alla tentazione. E' comprensibile con tutti gli attacchi che subiscono quotidianamente".

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