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Mauro Lissia
Buone notizie per Tuvixeddu
16 Marzo 2008
Sardegna
Il Consiglio di Stato accoglie la richiesta di sospensiva della Regione. Italia nostra integra il ricorso regionale. La battaglia per un bene prezioso continua. La Nuova Sardegna, 15 marzo 2008

Stop al cantiere sulle tombe di Sant’Avendrace

di Mauro Lissia

CAGLIARI. E’ arrivato l’ordine di stop immediato per i lavori in corso nel viale Sant’Avendrace, dove l’impresa ‘Cocco Raimondo costruzioni srl’ è impegnata a costruire un palazzo di cinque piani a ridosso delle tombe puniche. Dopo la sentenza del Tar Sardegna, che ha bocciato i vincoli paesaggistici imposti dalla Regione, le betoniere avevano ripreso immediatamente a girare nell’area interna di fronte al costone cimiteriale. Fino a ieri pomeriggio, quando gli uomini del Corpo Forestale al comando di Giuseppe Delogu hanno notificato a tempo di record il decreto cautelare firmato alle 15.10 dal presidente della sesta sezione del Consiglio di Stato, che ha accolto l’istanza urgente proposta mercoledì per la Regione dagli avvocati Giampiero Contu, Paolo Carrozza e Vincenzo Cerulli Irelli e ha trasmesso il provvedimento via fax alla presidenza della giunta. Tutto di nuovo fermo, dunque. In attesa della decisione sui ricorsi per sospensiva, che dovrebbe essere assunta dai giudici in composizione collegiale nell’udienza di trattazione fissata per il primo aprile.

Almeno fino a quel momento in viale Sant’Avendrace non potrà muoversi una foglia, la Forestale vigilerà per conto della Regione e considerata dalla straordinaria rapidità d’azione mostrata in queste ore i controlli si annunciano rigorosi. Il provvedimento del Consiglio di Stato - simile all’ex articolo 700 dei procedimenti civili - non riguarda l’area del parco archeologico in cui lavorava l’impresa incaricata dal Comune e neppure il cantiere di Nuove Iniziative Coimpresa: qui, più opportunamente, prima di riaccendere i bulldozer i responsabili hanno deciso di attendere il pronunciamento dei giudici amministrativi di secondo grado. Atteggiamento di prudenza colto dai legali della Regione, che infatti hanno chiesto il decreto cautelare soltanto per l’impresa Cocco. Per le ragioni esposte nell’istanza: «Si segnala - scrivono i legali - che in queste ore, come dimostrano le fotografie allegate, l’impresa Cocco Raimondo srl sta realizzando proprio davanti alle grotte derivanti da antichi insediamenti rupestri (assimilabili ai Sassi di Matera) opere in cemento armato che coprono gli inestimabili reperti archeologici e che renderanno pressochè impossibile, tra pochi giorni, un accettabile ripristino dello stato dei luoghi, necessario per la tutela della zona sottoposta a vincolo paesaggistico sulla cui legittimità la sezione è chiamata a decidere. A fronte di un comportamento così aggressivo - scrivono ancora i legali - che non intende neppure aspettare i pochi giorni necessari per giungere alla camera di consiglio di trattazione dell’istanza di sospensione, si rende necessaria l’adozione di un decreto presidenziale che eviti ulteriori gravi compromissioni fino alla data della camera di consiglio».

Sulle istanze di questo tipo, che seguono una procedura privilegiata e molto celere, il Consiglio di Stato decide in composizione monocratica senza sentire le ragioni dell’altra parte, in questo caso i legali dell’impresa Cocco. E di norma il decreto, se i motivi sono validi, viene emesso in automatico quando - come in questo caso - i giudici non sono in condizione di rispondere all’istanza urgente di sospensiva nei dieci giorni successivi alla notifica del ricorso. Con le feste pasquali di mezzo la prima data utile era quella del primo aprile. Così nel frattempo, rispettando a puntino le prescrizioni della legge, il magistrato ha ‘congelato’ la situazione per due settimane.

Nel decreto non c’è dunque alcuna indicazione sul merito della causa ma solo riferimenti al ricorso da trattare, anche perchè l’ordinanza che uscirà dalla camera di consiglio di aprile dovrà riguardare tutti e tre i ricorsi depositati dagli avvocati della Regione contro le tre sentenze - di fatto una, riferita a tre situazioni quasi speculari - emesse dal Tar l’8 febbraio scorso.

La giunta Soru, impegnata in una battaglia senza esclusione di colpi contro la distruzione dei colli punici, spera naturalmente che l’efficacia della sentenza del Tar venga sospesa. Sarebbe già una parziale vittoria, perchè i lavori attorno all’area archeologica verrebbero fermati almeno sino alla sentenza di merito. Ci sarebbe un anno, forse un anno e mezzo di tempo per studiare nuove strategie di difesa del sito punico.

Italia Nostra ricorre in appello contro la sentenza del Tar che ha bocciato i vincoli per interesse pubblico sui colli

CAGLIARI. E dopo la Regione anche l’associazione Italia Nostra-Onlus, che lavora da decenni alla tutela del patrimonio storico-culturale e del paesaggio, ha ricorso contro la sentenza con la quale il Tar ha cancellato i vincoli sui colli punici. In venti pagine fitte di riferimenti legislativi l’avvocato Carlo Dore attacca punto per punto le motivazioni espresse dalla seconda sezione del tribunale amministrativo, puntando l’indice soprattutto sull’aspetto centrale: la legittimità della commissione paesaggistica nominata dalla Regione per decidere sul ‘notevole interesse pubblico’ dell’area di Tuvixeddu-Tuvumannu. Per il Tar doveva essere nominata dopo l’approvazione di una legge regionale, mentre la giunta Soru l’ha fatto - così hanno sostenuto i giudici amministrativi - senza neppure indicare i criteri per la selezione dei quattro membri esterni. L’avvocato Dore ribatte sostenendo che «deve ritenersi che l’articolo 137 del Codice Urbani (quello che prevede l’istituzione delle nuove commissioni paesaggistiche, in sostituzione di quelle provinciali, ndr) abbia abrogato la norma regionale in precedenza vigente che attribuiva relativa funzione alle commissioni provinciali per le bellezze naturali». Dore, con un’argomentazione in nove punti, cerca di dimostrare che la scelta della Regione sui commissari è stata in realtà corretta proprio sulla base del Codice Urbani: «La scelta dei componenti esterni - scrive il legale - aveva ed ha carattere discrezionale e doveva ritenersi sufficiente il riferimento, contenuto nella delibera della giunta che li aveva nominati, ai relativi curricula, da cui risultava in modo inequivocabile come gli stessi possedessero i requisiti di professionalità e di competenza richiesti dalle norme». Secondo Dore «basterebbe consultare internet per avere conferma dei titoli e delle esperienze vantate dai professori Camarda, Mongiu e Zucca e dall’architetto Roggio per avere conferma della correttezza della scelta operata dalla Regione».

Sul problema della validità dell’accordo di programma del 2000 l’avvocato Dore sostiene che «poteva essere risolto per impossibilità sopravvenuta o per eccessiva onerosità sopravvenuta, circostanze sicuramente verificatesi in questo caso vista l’approvazione del Codice Urbani». Mentre lo sviamento di potere contestato dal Tar - per il progetto Clement, alternativo a Coimpresa - Dore liquida drasticamente il problema: «Pettegolezzi e insinuazioni che il Tar non ha verificato ma al contrario a preso per oro colato». Con il ricorso si chiede al Consiglio di Stato che la sentenza del Tar Sardegna venga sospesa perchè «l’esecuzione dei lavori determinerebbe un’irreversibile modifica dello stato dei luoghi, con la devastazione della zona di massima tutela». (m.l)

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