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Simonetta Fiori
Fondazioni, musei e archivi colpo di scure sulla cultura
29 Maggio 2010
Articoli del 2010
Hanno distrutto cultura e memoria creando un’opinione corrente che ne è priva (vedi Videocracy); ora lo fanno direttamente. La Repubblica, 29 maggio 2010

ROMA - La scure della manovra economica s´abbatte sull´intero tessuto culturale italiano. L´elenco degli enti che non riceveranno più i fondi del governo include gli istituti più importanti, blasoni delle diverse geografie politico-culturali, dalla Fondazione Einaudi a quella Gramsci, dalla Feltrinelli alla Ugo Spirito, dalla Cini all´Istituto Croce, dal Centro Gobetti allo Sturzo, dall´Istituto storico per il movimento di Liberazione al Gabinetto Vieusseux e alla fondazione Olivetti. Milioni di volumi, chilometri di documenti d´archivio, anche un vasto patrimonio museale che rischia di bruciarsi per mancanza di fondi. Alla vigilia del centocinquantesimo compleanno dell´Italia, un´intera tradizione culturale viene decapitata. «Siamo privati della nostra carta d´identità nazionale», sintetizza Franco Salvatori, presidente dell´associazione che rappresenta larga parte degli enti azzerati. «E tutto questo per risparmiare non più di venti milioni di euro: più o meno questa la cifra con cui il governo finanziava i duecentotrentadue istituti liquidati».

In un primo tempo era circolata una "short list" delle fondazioni colpite dalla manovra, poco più di settanta, in cui comparivano anche istituzioni importanti come l´Istituto di studi filosofici di Napoli, ma il danno sembrava limitato. In un secondo momento è stata diffusa una seconda lista molto più lunga, che include il Gotha della cultura italiana nelle sue varie discipline, la Società dantesca e la Domus mazziniana, l´Accademia nazionale di San Luca e l´Accademia Olimpica, e un lungo elenco di istituti ora sull´orlo del fallimento. «Noi rischiamo di chiudere», dice Gianni Perona, direttore scientifico dell´Istituto nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia. «I finanziamenti ministeriali costituiscono il pilastro che regge il funzionamento ordinario. A causa della crisi, le fondazioni bancarie sono diventate meno generose». L´allarme investe molte altre sigle, anche luoghi della memoria di grande valenza simbolica come il museo di via Tasso a Roma, o centri come quello Sperimentale di Cinematografia. «Quei fondi», spiega Lucia Zannino, segretaria della Fondazione Basso e dell´Associazione degli Istituti Culturali, «costituiscono l´ossigeno per la gestione ordinaria. In gioco non è soltanto la vita culturale delle società, ma un patrimonio librario e archivistico di straordinario valore».

Un azzeramento che appare demagogico, non giustificato dalle risorse risparmiate. «Forse vogliono giocarsi la carta delle duecentotrenta sigle, per fare un po´ di scena», suggerisce il professor Salvatori, presidente della Società Geografica Italiana, anch´essa a rischio. «Si sacrifica la storia culturale nazionale per nulla. A meno che non vi sia una volontà punitiva». Quel che colpisce è il passaggio delle competenze dal ministero dei Beni Culturali al ministero dell´Economia e alla presidenza del Consiglio. Un articolo del decreto stabilisce che il 30% delle risorse ricavate potrà essere elargito a quegli istituti che ne facciano "documentata" richiesta. Tuttavia chi decide quali istituti salvare e quali affossare non è più Sandro Bondi, ma Tremonti e Berlusconi. Gli studiosi mostrano perplessità. «Cosa c´entrano il ministro delle Finanze e il premier con valutazioni di merito sugli istituti culturali?», si domanda Perona. «Non era mai accaduto finora».

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