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Francesco Erbani
L’addio al Festival Città Territorio: un’occasione persa
8 Gennaio 2010
Articoli del 2010
Una pessima notizia per il mondo della cultura che ci racconta della mediocrità politica delle nostre amministrazioni. Su www.lanuovaferrara.it, 7 gennaio 2010 (m.p.g.)

Il Città Territorio Festival chiude i battenti. Ha avuto due edizioni, nell’aprile del 2008 e del 2009, ma l’amministrazione comunale di Ferrara ha idee sulle iniziative culturali che non contemplano la sua sopravvivenza in condizioni di qualità e di compatibilità economica, neanche nella formula completamente diversa che è stata progettata. Il sindaco Tiziano Tagliani ha espresso grande apprezzamento sia per quel che si è fatto, sia per la versione nuova. Ma le decisioni, alla fine, sono state altre. A me che ne ho curato il programma, per conto dell’editore Laterza, preme sottolineare alcuni elementi. E uno in particolare. Il Festival non è stato un avvenimento catapultato a Ferrara da un altro pianeta. E’ nato e si è sviluppato in forte e crescente intreccio con la città.

La prima idea risale al 2006. Emerse dalle conversazioni fra Giuseppe Laterza, il sottoscritto e Paolo Ravenna, la cui storia personale è legata a quella di Ferrara come poche altre. Perché Ferrara?

Perché Ferrara esprime una qualità urbana invidiabile, a misura delle iniziative che Laterza aveva con successo avviato a Trento con il Festival dell’Economia.

Perché Ferrara è esemplare nella storia dell’urbanistica italiana (da Biagio Rossetti a Bruno Zevi), perché è la città di Giorgio Bassani, fra i fondatori di Italia Nostra. E perché non sarebbe stata lo sfondo neutrale di un’iniziativa che invece prendeva spunto dalla sua secolare vicenda urbana. Si è allora trovata un’intesa con l’amministrazione comunale di Gaetano Sateriale, che ha molto creduto nel progetto. Si è avviata la ricerca di sponsor (l’Eni, la Fondazione Carife e altri ancora, individuati sia da Laterza che dal sindaco).

Si sono definiti i promotori, fra i quali l’Università di Ferrara. Ferrara Fiere ha preso in carico le questioni organizzative e logistiche. E si è partiti. Nelle due edizioni si sono tenuti circa centocinquanta incontri.

I nomi? Eccone alcuni, alla rinfusa: Bernardo Secchi ed Eddy Salzano, Sasskia Sassen e Joseph Rykwert, Vittorio Gregotti, Mario Botta e Gae Aulenti, Leonardo Benevolo, Massimo Cacciari, Stefano Boeri, Deyan Sudjic, Giorgio Ruffolo, don Virginio Colmegna, Carlo Magnani, Pierre Donadieu, Vezio De Lucia, Josep Maria Llop, Tunney Lee, Adriano Prosperi, Piero Bevilacqua, Francesco Remotti, Raffaele Cantone, Marco Travaglio, Luciano Canfora, Pier Luigi Cervellati, Luca Mercalli, Alberto Asor Rosa, Andrea Emiliani, Andrea Carandini, Carla Di Francesco, Ezio Raimondi, Joao Nunes, Eyal Weizman, Suketu Mehta, Emiliano Gandolfi, Marco Navarra, Cino Zucchi, Massimo Carlotto, Eraldo Affinati.

Architetti, dunque, urbanisti, ma anche storici, archeologi, economisti, magistrati, sociologi, scrittori.

Non un festival di urbanistica, ma un festival che ha un oggetto - città e territorio - sul quale sono chiamate a discutere competenze diverse. Tanti incontri sono stati animati da persone di Ferrara o che a Ferrara insegnano: Patrizio Bianchi, Paolo Ceccarelli, Roberto Di Giulio, Francesca Leder, Luca Emanueli, Gianfranco Franz, Raffaele Mazzanti, Rita Fabbri. Tunney Lee, Josep Maria Llop e Joao Nunes sono stati scelti anche perché a Ferrara hanno lavorato o insegnato. La condizione che ha posto Pierre Donadieu per venire è stata che lo si accompagnasse a visitare gli orti urbani di Ferrara.

Molte le iniziative organizzate da associazioni o istituzioni ferraresi, a cominciare dall’amministrazione comunale, ma poi l’assessorato all’Ambiente della Provincia, l’Ordine degli architetti, il Parco del Delta con la direttrice Lucilla Previati, Italia Nostra guidata da Andrea Malacarne, e altre ancora. Grande intesa il Festival ha raggiunto con alcune categorie ferraresi. Una su tutte: i librai. La qualità degli incontri è stata molto elevata. Si è usata una lingua comprensibile per affrontare questioni serie, senza banalizzarle né circoscriverle agli specialisti. Si è parlato di forma e di trasformazioni della città, di paesaggio, di tutela dell’ambiente, di mobilità, di comunità, cittadinanza e diversità. Di periferie e di centri storici. Di parchi e di orti urbani. Si è parlato molto di Ferrara. Si è discusso animatamente. Sono state messe a confronto Barcellona e Shenzen, Rotterdam, Copenaghen e Douala. Il pubblico ha risposto molto bene, in qualche caso in modo eccezionale. Ha ascoltato, ha posto quesiti. Moltissimi erano i giovani con il capo chino su un bloc notes a prendere appunti. I costi sono stati coperti dagli sponsor e la seconda edizione, a causa della crisi economica, si è svolta con una riduzione drastica del budget. Ma c’è un punto credo decisivo per definire il Festival un’iniziativa nata a Ferrara e con Ferrara. Fra la prima e la seconda edizione si sono sviluppati i laboratori studenteschi: gruppi di ragazzi dell’università e delle scuole si sono impegnati per mesi intorno al titolo ‘Gli spazi della comunità’ che è stato il titolo dell’edizione 2009 - producendo degli elaborati discussi nei giorni del Festival con gli ospiti del Festival.

L’iniziativa è stata pensata con Francesca Leder, che insegna ad Architettura, e che con slancio e dedizione ha coordinato tutta l’o perazione. Un’operazione che non si sarebbe svolta senza la collaborazione generosa di tutta Facoltà di Architettura e che ha poi coinvolto, con gli studenti di Ferrara, centinaia di ragazzi di altre città (da Catania a Pescara, da Siracusa a Venezia, da Roma ad Ascoli), i quali hanno trasformato lo splendido Palazzo Tassoni nella sede festosa e laboriosa di una comunità giovanile. Decisivo è stato il rapporto strettissimo con il Liceo Ariosto, con la preside, Mara Salvi, con il professor Fabrizio Fiocchi e con i loro alunni. Tutta l’operazione dei laboratori, infine, non sarebbe stata concepibile senza il supporto di idee e di entusiasmo dei ragazzi dell’associazione Basso Profilo. In tutte queste persone, dal termine della seconda edizione fino a oggi, si era creata un’a spettativa. Molte iniziative erano state discusse e avviate, immaginando uno sbocco nella prossima primavera.

Incontri e laboratori hanno dato un senso al Festival, lo hanno definito in relazione alla città. Nei rapporti con gli studenti, con i professori, con i librai, con tante espressioni della società ferrarese c’è lidentità del Festival.

Che non è stata una meteora, ma una pianta radicata in un tessuto vitale. La speranza è che, in un futuro, torni a germogliare.

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