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Filippo Azimonti
E CityLife si trasformò in un paradiso urbano
20 Luglio 2008
Milano
Un sarcastico ma piuttosto realistico fanta-racconto sul futuro dei grattacieli griffati, da la Repubblica ed. Milano, 20 luglio 2008 (f.b.)

Fu nel luglio 2010 che i milanesi scoprirono il loro nuovo parco.

Il petrolio quotava 250 dollari a barile, l´amico Putin giocava ad aprire e chiudere i rubinetti del gas e il dibattito sul ritorno al nucleare ferveva. Intanto, fra le generali proteste anche della sua maggioranza, il neo ministro dell´energia, il leghista Giuseppe Bonomi, aveva appena pubblicato le nuove norme per il risparmio energetico: condizionatori vietati, ascensori in funzione solo in orario di lavoro, ventilatori autorizzati dalle prefetture e l´odiosa super-tassa sui ventagli che aveva già attivato un fiorente mercato clandestino.

Fu allora che CityLife divenne un nuovo paradiso urbano.

Malgrado gli insistenti interventi del premier Berlusconi e le prediche dell´ex ragazzo della via Gluck, nessuno aveva raddrizzato il grattacielo di Libeskind. Ma solo pochi milionari davvero snob si erano dimostrati disponibili ad affrontare le centinaia di gradini fino ai loro super attici senza aria condizionata e con specchi ustionanti al posto delle vetrate panoramiche. Il grattacielo era in uno stato di semi abbandono, ma con i suoi due fratelli "normali" continuava a proiettare una lunga persistente ombra sul verde splendidamente ingegnerizzato di CityLife. Quell´ombra che i comitati solo tre anni prima avevano ferocemente contestato, aveva creato una piccola isola di refrigerio nella città cementificata dall´Expo. E quello strano profilo del grattacielo più contestato era piaciuto a frequentatori professionali della notte che vi avevano fissato una solida dimora: su ogni sbalzo dell´architettura si indovinava la sagoma rovesciata di un pipistrello. Un lugubre annuncio?

Nient´affatto: per i frequentatori del parco la garanzia di zanzara zero.

Un´assicurazione importante dopo che le aree destinate ad ospitare l´Expo erano state massicciamente disertate perché infestate come la bassa Pavese: riaprire le vie d´acqua non era stata una buona idea e già ci si interrogava sul perché 80 anni fa ci si fosse così impegnati a interrarle. Zanzare a parte, i frequentatori delle nuove rive segnalavano topi, nutrie e si favoleggiava perfino di castori; e naturalmente, di un vorace pesce siluro già padrone dei canali e della presenza di tale Loredano, feroce caimano metropolitano. Là, in cima al grattacielo storto, volavano invece due veri falchi nemici di ogni roditore. E tra le architetture liberty di largo Domodossola si accendevano a tratti i lampi gialli degli occhi di una civetta.

Festa grande per gli etologi e nuovi impegni per i climatologi. Perché nella città in via di tropicalizzazione, quell´area garantiva suggestioni particolari. A parte le palme e i banani (che avrebbero dovuto mettere in sospetto il gran ciambellano-giardiniere), si segnalavano infatti tifoni in miniatura e venti accelerati dal canyon dei nuovi grattacieli, mai registrati prima nelle cronache cittadine.

Fu così che CityLife si popolò di non residenti in braghe corte e canottiera a temperare la cittadinanza dei nuovi ricchi. E fu così che Milano sperimentò nella sua stessa geografia urbana una inquietante "eterogenesi dei fini". Per una volta, a lieto fine.

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