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Edoardo Salzano
Una tesi sulla sinistra
5 Ottobre 2017
Sinistra
Qualche idea per le prossime elezioni politiche, nella speranza che siano elezioni vere e non una nuova truffa

Qualche idea per le prossime elezioni politiche, nella speranza che siano elezioni vere e non una nuova truffa
Le elezioni politichesi avvicinano. Non sappiamo ancora con quale strumento quelli che comandanooggi ci obbligheranno a ridar loro il potere. Meno che meno sappiamo seriusciremo a sconfiggerli.

Comunque, poiché abbiamoimparato che le idee hanno mani e piedi, vogliamo contribuire alla campagnaelettorale con alcune idee che ci sembrano ancora valide. Esse partono da unassunto, da cui prende avvio il documento Democrazia e uguaglianza di Anna Falcone e Tomaso Montanari”: «La scandalosa realtà di questo mondo è un’economia che uccide. Èpensabile trasporre questa verità in un programma politico coraggioso einnovativo? Noi pensiamo che non ci sia altra scelta»
UNA TESI sulla “Sinistra”
di Edoardo Salzano

Quando si parla di “sinistra ci si riferisce generalmente,in Italia, quella sinistra politica le cui vicende hanno contrassegnato il XIXe XX secolo. Una vicenda che in Italia ha visto i primi passi nella“predicazione” socialista di Camillo Prampolini e Filippo Turati, poi haproseguito con la fondazione del Partito comunista d’Italia e la partecipazionedeterminante alla Resistenza, ed ha avuto a mio parere il momento più alto nelPCI, il “partito di Gramsci, Togliatti, Longo e Berlinguer”.
Quella vicenda è proseguita poi sempre più stancamente neglianni successivi: quando il rosso, scolorandosi in un rosa sempre più pallido,si è mescolato con colori sempre più scuri. Riassumerò quella vicendautilizzando quattro parole chiave: globalizzazionecapitalista, sviluppismo, migrazioni, disoccupazione
1.Globalizzazione capitalista

La sinistra, nell’assumere come compito storico la difesadelle classi sociali direttamente sfruttate dal capitalismo, ha anche accompagnatole varie fasi della nascita e dell’affermazione di quel sistema contrattando leforme e i limiti dello sfruttamento riuscendo, a al tempo stesso, in gran partedel mondo, i principi della Rivoluzione liberale dove essi consentivano ilmaggior peso del potere antagonista delle classi lavoratrici.
Il momento culminante del ruolo salvifico della sinistra si manifestònegli anni delle Seconda guerra mondiale. Il potere del proletariato e delle altreclassi subalterne si era affermata come prima forma di un ordinamento nuovo (il“socialismo”, predicato e praticato come prima tappa del percorso verso il “comunismo”).Esso tuttavia non aveva “rotto la catena del potere capitalista nel suo “puntopiù alto” (l’Europa e gli Usa, permeati da principi liberali), ma nel “puntopiù basso” (là dove erano falliti i tentativi di introdurre forme diverse dall’autocraziazarista e dalla servitù della gleba).
In quegli anni, emerse il mostro covato nelle viscere delcapitalismo, il Nazismo. La sua presa del potere in uno dei paesi chiave delcapitalismo, la Germania, fu immediatamente seguita dalla tigre asiatica, ilGiappone, e dal vassallo mediterraneo, l’Italia. Seguì. Sperimentazione dinuovi strumenti di guerra in Ispagna. Poi qualcosa cambiò.
Dopo una fase di tentennamenti, si costituì l’alleanza antifascistadegli stati e delle aree politico-culturali e sociali che storicamente esprimevanole due facce del capitalismo reale, quello “di Stato”, in Urss e quello“privato a sostegno statale” nel resto del mondo permeato dai principi delliberalismo. Quell’alleanza sconfisse la peggiore catastrofe che minacciava l’umanità:la vittoria dell’Asse nazifasciata nel mondo.
Ma all’indomani dello scioglimento di quell’alleanza nacquela nuova risposta strategica alle “velleità” di superare il capitalismo: laDottrina Truman. Nel frattempo le difficoltà interne e gli impegni militari avevanocondotto all’interruzione del sostegno da parte dell’Urss all’indipendenza dimolti stati dell’Africa.
Dal “socialismo reale” non si avanzò mai verso il “comunismo”.

2.Sviluppismo

Quella stessa sinistra che ha accompagnato e “servito”l’evoluzione storica del sistema capitalistico aveva collaborato con esso (oppureaveva subìto senza comprendere né reagire) in alcune operazioni che hannoradicalmente mutato il quadro delle ideologie, dei valori, delle strategie edelle pratiche di quel sistema, preparando il terreno per quell’assetto deipoteri che caratterizza oggi il mondo “globalizzato”, e viene diversamente definitodai diversi analisti: da “Neoliberalism”(David Harvey) a “Finanzcapitalismo” Luciano Gallino).
Mi riferisco a una serie di operazioni di vario genere eoperanti su vari piani, che hanno coinvolto e stravolto la persona umana inmolte sue dimensioni. Mi riferisco all’aver accettato, da parte delle sinistredel passato, la “esportazione delle contraddizioni del capitalismo”, effettuataquando la riduzione dei profitti conseguente alle conquiste delle classilavoratici aveva spinto le classi dominanti a compensarla con un aggravamene eun ampliamento dello sfruttamento dei popoli via via colonizzati (vedi ladenuncia di Lenin in L’imperalismo fasesuprema del capitalismo).
E mi riferisco soprattutto a quella che è stata definita “lacredenza dello sviluppo” (Gilbert Rist, Losviluppo, Storia di una credenza occidentale) Qualcosa che è molto più che unaideologia o una convinzione razionale, ma è unafede quasi fanatica per la possibilità dell’indefinito aumento dellacapacità della produzione di merci, e dell’applicazione di sempre più evolutetecnologie, per affrontare e risolvere tutti i mali del mondo.
La cecità di questa credenza è risultata evidente quando leragioni dell’ecologia hanno iniziato ad apparire: quando i “limiti dellosviluppo”, l’impossibilità di conservare il pianeta Terra continuando a consumarloin dosi sempre più massicce, hanno fatto emergere una “consapevolezza ecologica. E quando poi i fenomeni planetariconnessi a queste cause sono apparsi nella vita quotidiana (l’effetto serra, ilsurriscaldamento dell’atmosfera, la desertificazione di vaste aree, lo scioglimentodei ghiacci).
Eppure, anche laddove e quando questa realtà ha cominciato adiventare evidente a gran parte della “vecchia sinistra” questa è rimastaincollata alla sua credenza. Lungi dall’abbandonarla ha inventato a slogan,strumenti e proposte presentati come capaci di guarirne gli effetti.
È nata così la “green economy”: un aggiustamento marginaledel sistema economico dato, e da parte questo “sostenibile”, cioè “sopportabile.Il camuffamento operato dalla Commissione Bruntland, che ha fornito così oltretuttouna parola, “sostenibilità”, da pronunciare orerotundo da tutti gli sviluppisti mascherati, nonché un nuovo campo d’affariall’altra creatura della cecità della “vecchia sinistra: il Neoliberalism.

3. Migrazioni

Un ragionamento altrettanto severo è necessario se siesamina il ruolo svolto dalla “sinistra” nei confronti dell’altra grandetragedia dei nostri tempi: quella delle migrazioni. Come non seppe comprenderel’avvento della globalizzazione capitalista, come cascò nella trappola dellosviluppismo, così non comprese che l’imperialismo analizzato da Lenin erasopravvissuto alla fase del colonialismo: era divenuto “imperialismo puro”, poteredominatore molto al di là dello sfruttamento economico: potere capace diplasmare i molteplici dispositivi mediante i quali pochi uomini riescono adasservire tutti gli uomini. Non è certamente un caso se le ultime grandimanifestazioni per la pace – un campo peculiare alla sinistra mondiale – si sianospente dopo la ventata del 1968. come se la sinistra si fosse ormai rassegnataalla vittoria definitiva del capitalismo.
Si tratta, in sostanza, di un’altra faccia dello“sviluppismo” Si tratta di non aver compreso che per eliminare tutte le causedel dolorante esodo dal Sud ai Nord del mondo occorreva rovesciarecompletamente le ideologie le strategie, i modelli specifici da applicare pereliminare le cause dalle migrazioni provocate da guerre e persecuzioni,carestia, siccità, sfratti. Occorreva, in altri termini, abbattere etrasformare dalle radici il capitalismo.

4. Disoccupazione

Dimenticare l’errore originario del capitalismo (aver ridottoogni cosa a merce, a partire dal lavoro) ha condotto la sinistra a balbettare difronte al crescente dramma dalla disoccupazione.
Karl Marx ha dato una definizione della forza lavoro e dellavoro da un punto di vista generale, antropologico, esterno quindi alcapitalismo: «Perforza-lavoro o capacità di lavoro intendiamo l'insieme delle attitudini fisichee intellettuali che esistono nella corporeità, ossia nella personalità vivented'un uomo, e che egli mette in movimento ogni volta che produce valori d'uso diqualsiasi genere. (Capitale, libro Primo, sezione III); «In primo luogo il lavoro è unprocesso che si svolge fra l'uomo e la natura, nel quale l'uomo, per mezzodella propria azione, media, regola e controlla il ricambio organico fra sestesso e la natura: contrappone se stesso, quale una fra le potenze dellanatura, alla materialità della natura. Egli mette in moto le forze naturaliappartenenti alla sua corporeità, braccia e gambe, mani e testa, perappropriarsi dei materiali della natura in forma usabile per la propria vita (Capitale, libro Primo, sezione IV).
Partendo da questa premessa e sviluppandola grazieal lavoro di Claudio Napoleoni ho sostenuto che il lavoro può (vedi l’eddytorialen. 144) e quindi deve, essere utilizzato dall’uomo nonsolo in relazione alla sua propria sussistenza e riproduzione, ma a qualsiasifine socialmente utile e produttore di valor d’uso a cui egli ritenga utileapplicarlo, comprendendo tra tali attività tutte quelle finalizzate allaricerca della verità, della bellezza, della comunicazione di se stesso e allacomprensione degli altri, mediante l’impiego di tutti gli strumenti espressiviimpiegabili.
Naturalmente, ciascuno di tali impieghi del lavoro dovrebbeessere retribuito nella misura necessaria per continuare a svolgerlo. Èl’economia, in altri termini, che deve essere subordinata al lavoro, non illavoro all’economia. Il contrario di ciò che avviene nel sistema capitalistico.
Possiamo parlare di “comunismo”? non so. Soche si tratta di una tensione per la fuoriuscita dal capitalismo, ma mi sembral’unica capace di dare una speranza alle crescenti vittime di questosistema.

5. Una Sinistra inutile?

La “sinistra” di cui disponiamo non ha compreso, enon è stata quindi capace di combattere, le quattro tragedie dominanti di oggi:la globalizzazione capitalistica, lo sviluppismo, le migrazioni, ladisoccupazione. Agli occhi di molti ne è stata anzi complice. Com’è possibileallora che abbia credito chi si propone un’aggregazione di tutti quelli chehanno sbagliato (e continuano a sbagliare?).
L’errore di fondo della sinistra è stato quello dinon aver compreso che per contrastare quelle tragedie con qualche efficacia, e conquel tanto di fiducia nell’avvenire che è necessario per alimentare la speranza,era necessario fare esattamente l’opposto di quello che si stava facendo. Occorrevariprendere la lotta per il superamento integrale del capitalismo, e nonconsumarsi in qualche guerriglia contro l’una o l’altra delle sue incarnazioni.Lottare per un’altra economia in un’altra società. Una prospettiva comunista?Forse, ma non solo parolaia.
Nessuno può pensare che sia possibile camminare in questadirezione con i protagonisti, e con le residue o restaurate sigle, dellasinistra inutile che popola i palazzi e i palazzetti del potere.
Non so quanta parte dell’elettorato che si àallontanato dalle urne negli ultimi anni sia insoddisfatto delle risposte, odelle mancate risposte della sinistra a quelle tragedie. E non è neppure certoche l’offerta politica di Anna Falcone e Tomaso Montanari, "Alleanza popolare per la democrazia e l'uguaglianza" sia immediatamente percepita nella suaconsistenza rinnovatrice. Così come, del resto. sono abbastanza sicuro chequella proposta abbia bisogno di tempo per maturare e dar luogo a risultatisignificativi nei risultati elettorali. È una proposta strategica, ma senza unastrategia affidabile per i suoi obiettivi e i suoi metodi non esistono tattichevalide. Perciò è probabile che nell’immediato, si dovrà scegliere, ancora unavolta, di votare per una delle offerte politiche che saranno meno lontane dallastrategia preferita, nella speranza che sia l’ultima volta.

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