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Massimo Villone
La retina Pisapia non comvince
11 Giugno 2017
Articoli del 2017
L'incauta offerta di Pisapia a Renzi di aiutarlo a vinceree portandogli il gruppo dei fuggitive dal PD; ma s'affacciano anche altre idee anch'esse diversamente accomodanti con le vecchie politiche neoliberiste. Noi invece saremo a Roma il 18 giugno.
L'incauta offerta di Pisapia a Renzi di aiutarlo a vinceree portandogli il gruppo dei fuggitive dal PD; ma s'affacciano anche altre idee anch'esse diversamente accomodanti con le vecchie politiche neoliberiste. Noi invece saremo a Roma il 18 giugno.

il manifesto, 11 giugno 2017



PRIMARIE AVVELENATE,
NON ESISTONO
MA GIÀ SPACCANO LA SINISTRA
di Daniela Preziosi

«Alleanze. Gazebo di coalizione, c’è il niet di Mdp. Che avverte l’ex sindaco: Renzi è un piazzista, no al dialogo. Malumori anche nel Pd»

Le primarie del centrosinistra con un Pd che fino a una settimana sfotteva la «sinistra rissosa» sono un’ipotesi irrealistica, il classico ballon d’essai delle fasi politiche di stallo. Ma tanto poco basta per rialzare il termometro nella sinistra che fino a tre giorni fa tendeva all’unità, complice un incombente sbarramento al 5 % nella legge elettorale ormai spazzato via dall’orizzonte.

Per il terzo giorno consecutivo ieri Renzi, stavolta dal Corriere della sera, ha lanciato un amo a Giuliano Pisapia, leader di "Campo progressista": «Noi ci siamo. Vediamo che farà lui». Il segretario Pd spiega meglio la sua idea di accordi a sinistra a legge vigente: un patto al senato, ma non alla camera, dove tanto è convinto di imbroccare l’onda del voto utile perché «il premio al 40% consente di tentare l’operazione maggioritaria». L’ex premier non risponde alle condizioni che Pisapia pone per riaprire il dialogo: primarie di coalizione, cancellazione dell’articolo 18, discontinuità. A questo dibattito manca il principio di realtà. Lo ricorda il presidente dem Matteo Orfini a Repubblica, che «c’è una legge proporzionale che non prevede coalizioni e quindi le primarie non avrebbero senso», dunque benvenga Pisapia in coalizione ma dopo il voto se avrà i numeri, «con questo sistema elettorale oguno tessa la sua tela e poi ci ritroveremo in parlamento in base al consenso che i cittadini ci daranno».

Ma questi giri di valzer comiminciano a suscitare malumori a sinistra, fra gli stessi alleati di Pisapia che il primo luglio hanno con lui un appuntamento a Roma per costruire «la casa comune» della sinistra. Bersani, D’Alema, Rossi, cioè tutta la «Ditta» ex Pd non hanno alcuna intenzione di allearsi con il proprio ex partito. Ampiamente ricambiati: Renzi spiega alcuni di loro farebbero fatica «anche a tornare alle feste dell’Unità».

Le polemiche non sono dirette, almeno per ora. Massimo Paolucci, europarlamentare vicinissimo a D’Alema, spiega che la proposta di Renzi a Pisapia è «una polpetta avvelenata», «Non esistono le condizioni minime per svolgere insieme al Pdr le primarie di coalizione. Senza una chiara alleanza politica, un simbolo ed una piattaforma comune sarebbe una grave errore, una decisione incomprensibile per milioni di nostri elettori delusi dalle scelte fatte, in questi anni, su tasse, lavoro, scuola, politiche sociali, investimenti». Il presidente della Toscana Enrico Rossi: «Le primarie di coalizione hanno poco senso perché la storia del sindaco d’Italia è finita il 4 dicembre 2016. Noi dobbiamo costruire un’alleanza per il cambiamento a sinistra del Pd fatta da coloro che, di sinistra e di centrosinistra, non si riconoscono più nel Pd di Renzi».

Enrico Rossi si rivolge al lato politico dove si collocano Sinistra italiana e Rifondazione comunista, e offre una lista unitaria, anche con i civici ex no che si vedranno a Roma il 18 giugno. Sorvolando sul fatto che difficilmente queste aree apprezzerebbero – anzi digerirebbero – la benedizione degli ulivisti Prodi, Letta, Bindi, così tanto invocata da Mdp.

Anche Pisapia evita la polemica interna. Ma dai suoi arrivare segnali di insofferenza: «Dobbiamo investire sulla riapertura di una nuova stagione di centrosinistra in discontinuità con questi anni. Aggiungo che oggi, per ragioni tutte giuste, governiamo, da una posizione di leggera subalternità, con Renzi e persino con Alfano».

PRIMARIE,
UN FAVORE A RENZI
di Massimo Villone

Per un tabellone elettronico salta il patto di scambio tra voto subito – voluto da Renzi, Grillo e Salvini – e sistema similtedesco proporzionale – voluto da Berlusconi. Ora Renzi dice di puntare al voto nel 2018. Con il Consultellum nella doppia versione Camera-Senato, e aggiunge un’offerta di coalizione a Pisapia. Non sappiamo se sarà l’ultima mossa. Ma se lo fosse, a chi darebbe scacco?

Anzitutto, scacco a ciò che è a sinistra del Pd. A tal fine, il Consultellum è molto efficace. Alla Camera, il premio con soglia al 40% rafforza molto il richiamo del voto utile. Raggiungere la soglia sarà pure improbabile, ma l’argomento sposta comunque voti. Al Senato, il voto utile si aggancia agli sbarramenti, troppo alti per i partiti minori. E contro un’aggregazione che potrebbe ambire a superarli si offre la coalizione a uno dei player. Divide et impera. Ed è davvero sorprendente che Pisapia risponda chiedendo primarie. È solo un favore a Renzi, con il regalo di una probabilissima vittoria che ne rafforzerebbe legittimazione, leadership e disegno politico.

Dalla sinistra sparsa alla sinistra scomparsa: questo è il copione di Renzi. Una sparuta pattuglia di deputati farebbe sopravvivere qualche pezzo di ceto politico, ma rimarrebbe del tutto insignificante.

E la diversità dei sistemi elettorali? La governabilità? Mattarella? Questo è il secondo scacco. Il Capo dello Stato non può impedire lo scioglimento della Camere in due casi. Il primo è lo scioglimento anticipato voluto da una maggioranza parlamentare in grado di negare la fiducia a qualsiasi governo. Questa era l’ipotesi sottesa al patto tra i quattro leaders. Fatta la legge elettorale, Mattarella non avrebbe potuto opporsi al voto subito. Il secondo caso è la fine naturale della legislatura, perché la tempistica è dettata dalla Costituzione, e nessun rinvio è consentito. Dire che si vota nel 2018 equivale a dire che si vota con la legge che c’è. Quindi, basta non fare, e Consultellum sia: ecco lo scacco a Mattarella.

È chiaro che rimangono tutte le censure nel merito, in specie per la diversità tra Camera e Senato. Il pasticcio viene da Renzi, per l’arrogante pretesa di anticipare con una legge elettorale solo per la Camera la riforma costituzionale poi sepolta dai no. Come non bastasse, ora Renzi lucra sul malfatto, potendo con la sua proposta ottenere vantaggi anche limitandosi a un gioco di interdizione.

Che si può fare? In Parlamento, poco. Sono controinteressati alla proposta Renzi soprattutto i partiti minori, che certo non controllano i lavori parlamentari. Inoltre, sono spinti verso la subalternità per non morire. Qualcosa, invece, si può fare sul piano della politica. E qui una lezione viene dal voto in Gran Bretagna.

Per molti, Corbyn era un pezzo di modernariato politico, da non prendere sul serio. Ma in poche settimane di campagna ha recuperato quasi del tutto un distacco che sembrava incolmabile, con un programma elettorale vicino a una proposta socialdemocratica vintage. È chiaro che ha trovato una corrente profonda di cui non si sospettava l’esistenza. E colpisce che abbia così guadagnato tra i giovani e nell’area del non voto. Una vecchia sinistra in disarmo ha visto i propri figli innalzare le bandiere da tempo ammainate.

Forse nel voto GB la più importante indicazione è proprio questa: la sinistra può essere competitiva se dismette una lunga sostanziale subalternità ai mantra del privato, del mercato, della finanza. Perché non in Italia? Dunque, bene se qui la sinistra sparsa si compatta e trova qualche candidatura eccellente. Meglio se formula un progetto non di nicchia, volto a ritrovare in modo compiuto le antiche risposte socialdemocratiche sulla dignità della persona, la solidarietà, l’eguaglianza, la giustizia sociale, il ruolo del pubblico. Da un appeal verso i giovani e il non voto potrebbe venire la massa critica utile a superare qualsiasi scoglio di sistema elettorale.

In realtà lo stesso Renzi potrebbe fiutare il vento e volgersi a una proposta socialdemocratica vintage. Vogliamo anche augurarglielo. Certo, sarebbe difficile riconvertire l’ultimo Pd, tutto privato, competizione e libero mercato. Ma uno che nasce boy scout deve pure saper affrontare

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