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Un paesaggio merce di scambio
9 Maggio 2017
Beni comuni
Il caso della storica Arena Borghesi, a Faenza, dove il cemento prevale sui beni comuni ed identitari e la prassi contrasta palesemente con i principi fondativi degli strumenti urbanistici. Documento di Italia Nostra e Legambiente, sezioni di Faenza. 8 maggio 2017 (p.d.)

Il caso della storica Arena Borghesi, a Faenza, dove il cemento prevale sui beni comuni ed identitari e la prassi contrasta palesemente con i principi fondativi degli strumenti urbanistici. Documento di Italia Nostra e Legambiente, sezioni di Faenza. 8 maggio 2017 (p.d.)

Nel 1816, a ridosso delle mura urbane di Faenza, viene realizzato il Viale Stradone e dal 1824 il Fontanone è il suo fondale prospettico, un edificio neoclassico pensato per il paesaggio e la socialità del luogo, che ha origine da un intervento pubblico di valore etico. Con i fondi di una sottoscrizione popolare si costruisce, in una prima fase, la facciata della fontana; due anni dopo, con l’acquisto di un’area privata attigua, si realizzano una sala caffè e un giardino.

L’Amministrazione comunale di due secoli fa investe quindi sulla bellezza della città, con un progetto di paesaggio che nasce dal coinvolgimento della cittadinanza; o testimonia un’epigrafe che ricorda l’origine “popolare” di un luogo d’incontro che diventa patrimonio della comunità.
Nel 1891, all’inizio del Viale Stradone, viene realizzato il primo teatro dell’Arena Borghesi. Nel 1928, Vincenzo Borghesi ristruttura l’Arena realizzando un’architettura del paesaggio fatta di mattoni e alberi che si relaziona al vicino Viale Stradone. È una “piazza” per il teatro e il cinema inserita tra imponenti alberi che occupano un quinto dello spazio, non come oggetti di arredo, ma come elementi di “costruzione” fisica e identitaria del luogo.

L’Arena Borghesi è uno dei paesaggi più vissuti e riconoscibili della città, “esiste nella coscienza” individuale e collettiva. Nel 1957, il proprietario Vincenzo Borghesi dona l’Arena all’Ospedale Civile. Lungo il Viale Stradone, agli inizi dell’Ottocento e del Novecento, la città riceve in dote due lezioni di urbanistica; esempi anche di valore etico, per il lascito alla comunità di patrimoni paesaggistici e culturali che producono cittadinanza e senso di appartenenza.

All’inizio di questo secolo, il tema urbanistico dell’Arena Borghesi, modello di relazione col Viale Stradone, rischia però di essere stravolto da un intervento di anti-urbanistica. L’ASL (attuale proprietaria) ha posto in vendita, tramite asta, l’Arena. Un Accordo di Programma del RUE 2015, prevede che la nuova proprietà ceda l’area al Comune, ad esclusione di uno spazio reso edificabile, e copra parte dei costi di restauro.

La funzione pubblica di cinema all’aperto è garantita (una condizione ovvia per questo luogo) ma l’identità e il paesaggio dell’Arena sarebbero profondamente alterati. Infatti la parte di area resa edificabile confina con un supermercato che da anni “chiede” di allargarsi; l’Accordo di programma del Comune ne consente l’ampliamento dentro l’Arena.
L’espansione del supermercato produrrebbe alcuni effetti oggettivi che l’Amministrazione Comunale però “non vede”:
- la riduzione di un quinto della superficie dell’Arena;
- la cancellazione dello spazio alberato che determina il carattere del luogo;
- l’allargamento dell’errore urbanistico del supermercato realizzato nel 1981, un edificio incongruo e fuori contesto (come lo classificò lo stesso PRG del 1996);
- la disgregazione di un paesaggio storico e delle sue relazioni col contesto del Viale Stradone.
Non è a rischio la “bella vista” di 10 alberi, ma la qualità dell’abitare legata ad un paesaggio identitario che sarebbe svilito a servitù di un supermercato. L’invasione del cemento sull’Arena Borghesi rappresenta una sconfitta per la cultura del paesaggio ed è una “tomba” dell’urbanistica; l’Accordo di Programma rinnega gli stessi principi del RUE che ha tra i suoi obiettivi la qualità paesaggistica e identitaria.
In relazione al “movente” economico dell’Accordo di Programma, le Associazioni hanno proposto più volte al Comune l’opportunità di coinvolgere una pluralità di attori (sponsor, mecenati, cittadini), in alternativa all’accordo con un singolo privato. La proposta specifica (ignorata) si riferisce alla costituzione di Bene Culturale, una procedura che il Comune potrebbe avviare per riuscire ad inserire l’Arena Borghesi tra i beni finanziabili con l’Art Bonus e coinvolgere così la comunità, come insegna il caso storico del “Fontanone”.
Per sostenere l’esigenza di una tutela paesaggistica dell’Arena Borghesi, Italia Nostra e Legambiente di Faenza hanno presentato le osservazioni al RUE e realizzato un dossier informativo inoltrato alla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Ravenna, all’Assessore all’Urbanistica della Regione Emilia Romagna, alla Provincia di Ravenna. La relazione contiene il quadro storico delle trasformazioni urbanistiche e l’analisi del contesto paesaggistico che introducono le motivazioni della richiesta di tutela paesaggistica dell’Arena Borghesi, ai sensi del D.Lgs. 42/2004.
Attualmente esiste il vincolo per la conservazione degli edifici (il proscenio, l’ingresso e l’ex locale per ristoro), mentre il vincolo esistente sull’area aperta è stato cancellato alcuni anni fa. Il solo vincolo sugli edifici rende possibile “l’invasione edilizia” del vicino supermercato e quindi l’alterazione di un paesaggio storico. L’identità dell’Arena Borghesi dipende da un’architettura del paesaggio unitaria; la conservazione della sua integrità è il presupposto della tutela di questo luogo.
Con questa motivazione le Associazioni hanno realizzato varie iniziative per coinvolgere i cittadini. Nel settembre 2016, è stata realizzata l’installazione Red carpet, un unico tappeto visivo per segnare la continuità di un paesaggio storico vissuto che unisce l’Arena col Viale Stradone. 200 teatrini di cartoncino rosso, appesi agli alberi del Viale, davano forma alla finalità di conservare l’integrità dell’Arena Borghesi; i modelli (del proscenio reale) erano infatti il risultato di pieghe, tagli, incastri e della totale assenza di scarti. L’iniziativa attualmente in corso è la petizione, indirizzata al Sindaco di Faenza, per scongiurare la minaccia del cemento e l’alterazione del paesaggio identitario. Nelle prime due settimane sono state raccolte circa 1200 firme, attraverso i consueti banchetti in piazza e la sottoscrizione on line sulla piattaforma digitale Change.org.
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