
Coessenziale al capitale fin dal suo momento genetico, la tendenza allo sradicamento e alla deterritorializzazione giunge a compimento, per un verso, con la mondializzazione come dinamica di riconfigurazione del pianeta come unico mercato omologato e senza distinzioni; e, per un altro, con l’instaurazione del dominio post-borghese della nuova aristocrazia finanziaria, avversa a ogni forma di vita etica radicata simbolicamente e materialmente.
Del resto, l’invisible hand teorizzata e magnificata da Smith non contempla alcuna territorialità o localizzazione, alcun radicamento o regionalità. Opera negli spazi globali, nelle distese virtualmente infinite del mercato denazionalizzato, poiché la sintesi spontanea degli egoismi – la nuova teodicea economica del moderno – fondata sulla moltiplicazione rizomatica degli interessi privatistici si produrrà su scala planetaria, nel piano liscio dello scambio senza frontiere e limitazioni.
Singoli Stati, come pure singoli individui, potranno certo andare in miseria, ma non di meno prevarrà, in grazia di un’insondabile provvidenza immanente, l’equilibrio generale del mercato. Si realizza così quello “sradicamento” che già Martin Heidegger – gigante oggi deriso e schernito da una tribù di pennivendoli e surfers del pensiero – aveva denunciato come cifra del tecnocapitalismo.