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Katia Bonchi
Grandi opere, sicurezza violata e corruzione
28 Ottobre 2016
Grandi opere
Articoli di Fabio Tonacci e Giuseppe Scarpa, di Katia Bonchi, di Giovanna Trinchella e Marco Pasciutti. La Repubblica, il manifesto, IlFatto Quotidiano online, 27 ottobre 2016 (c.m.c.)

Articoli di Fabio Tonacci e Giuseppe Scarpa, di Katia Bonchi, di Giovanna Trinchella e Marco Pasciutti. La Repubblica, il manifesto, IlFatto Quotidiano online, 27 ottobre 2016 (c.m.c.)

La Repubblica
«QUEL CEMENTO È COLLA»
LE GRANDI OPERE PILOTATE CON ESCORT E BUSTARELLE

di Fabio Tonacci e Giuseppe Scarpa

«Trenta arresti per il Terzo valico e la Salerno-Reggio Arrestato il figlio di Monorchio, indagato Lunardi jr.»

Nell’amalgama di imprese colluse, di relazioni tecniche taroccate per illudere sul rispetto delle tempistiche, di funzionari corrotti, affonda il segreto del perché, in Italia, le grandi opere pubbliche non finiscono mai. E del perché, quelle volte che arrivano a conclusione, si scoprono giganti con piedi di cemento scadente.

«Cemento che sembra colla», come dicono al telefono gli uomini che tale “amalgama” hanno creato attorno a due infrastrutture vitali per il paese - la linea dell’Alta Velocità Milano-Genova, l’autostrada Salerno- Reggio Calabria - e al progetto del People mover, che dovrà collegare l’aeroporto Galilei e la stazione di Pisa.

Due inchieste separate dei pm di Roma e Genova, “Amalgama” e “Arka di Noè”, condotte dal Nucleo investigativo provinciale del comando di Roma e dal tributario dalla Finanza, hanno portato all’arresto di 30 persone in tutta Italia, con le accuse di associazione a delinquere, corruzione, turbativa d’asta, tentata estorsione. Quattro di loro figurano in entrambe le indagini: il direttore tecnico Giampiero De Michelis, l’imprenditore Domenico Gallo (che pare avere legami con le ‘ndrine di Platì), Michele Longo e Ettore Pagani. Non due nomi qualunque, questi ultimi.

Oltre ad avere ruoli apicali nella Salini-Impregilo, il colosso delle costruzioni asso pigliatutto dei lavori pubblici in Italia (tra le altre cose, il Ponte di Messina), sono anche direttore e presidente del consorzio Cociv cui le Ferrovie dello Stato hanno affidato la realizzazione del Terzo Valico della Tav, un’arteria strategica tra Genova e Milano (del costo di 6,2 miliardi, fine lavori nel 2021). Nel consorzio, oltre a Impregilo, c’è la Condotte d’Acqua spa. Gli stessi attori del sesto macrolotto della Salerno-Reggio Calabria, che ha richiesto un investimento per lo Stato di 632 milioni di euro. Questo è il quadro. Ciò che racchiude la cornice è desolante, ma spiega molte cose.

Il personaggio chiave è il “mostro”, come è soprannominato De Michelis, il tecnico della Sintel di Giandomenico Monorchio chiamato per fare il direttore dei lavori delle tre opere, assumendo il ruolo di pubblico ufficiale. Il “mostro” conduceva le danze: invece di controllare le imprese subappaltatrici (tra cui anche la Rocksoil dell’indagato Giuseppe Lunardi, figlio dell’ex ministro del Pdl), ometteva. I procuratori aggiunti Michele Prestipino e Paolo Ielo l’accusano di non aver segnalato «le irregolarità nelle forniture di prefabbricati e nell’ingresso nei cantieri di mezzi e materiali non autorizzati », di essersi “dimenticato” di applicare penali per i ritardi, di aver permesso che venissero montati cordoli costruiti con calcestruzzo sbagliato. La sua “cecità” aveva un prezzo: ottenere appalti per aziende (Breakout, Oikodomos, Tecnolab, Mandrocle) riconducibili a lui e a Gallo. Per ottenere la compiacenza e chiudere qualche occhio, giravano anche mazzette e escort.

«Quel cemento sembrava colla, abbiamo rimandato indietro tre betoniere», si lamenta l’impresario Paolo Piazzai, quando si accorge di cosa erano fatte le miscele mandate dalla Breakout. Un suo collega aggiunge: «L’iniziale fornitura era acqua, la seconda non scendeva nemmeno dalla canalina e si intasa pure la pompa». In un altro caso il gruppo cerca di nascondere una gettata di calcestruzzo malfatta, priva delle previste strutture di contenimento. «La cassaforma non c’era! Perché avete firmato una cosa così», sbraita al telefono un imprenditore con Jennifer De Michelis, la figlia del direttore dei lavori.

«Valuteremo se ci sono le condizioni per chiedere il commissariamento di alcuni appalti: se necessario, siamo pronti a farlo», spiega il presidente dell’Anac, Raffaele Cantone.

Il manifesto
TAV MILANO-GENOVA,
TANGENTI E INTIMIDAZIONI.
E C'È UN LEGAME CON MAFIA CAPITALE

di Katia Bonchi

«Trenta arresti . Decapitati i vertici del consorzio ligure che gestisce gli appalti per la linea ad alta capacità. Fra gli arrestati il figlio dell'ex ragioniere generale dello Stato Monorchio. Indagato Lunardi, figlio dell’ex ministro dei Trasporti»

Turbativa d’asta, metodi di intimidazione mafiosa, tangenti ed escort. La doppia maxi inchiesta sulle grandi opere della Procura di Roma e di quella di Genova rispettivamente sulla Salerno Reggio Calabria e sul Terzo Valico mette in luce che almeno per la parte genovese ha scatenato una bufera con l’azzeramento di fatto dei vertici del Cociv, il consorzio che gestisce gli appalti per la linea ad alta capacità che collegherà Genova a Tortona, opera in sei lotti dal costo complessivo di oltre 6 miliardi di euro.

Le Fiamme gialle a Genova hanno eseguito 14 ordinanze di custodia cautelare (24 in tutto gli indagati) per corruzione, concussione e turbativa d’asta. Tra i destinatari il presidente del Cociv Michele Longo, il suo vice Ettore Pagani e nove fra dirigenti e funzionari del consorzio. Tra gli arrestati figura il figlio dell’ex ragioniere generale dello Stato Monorchio.

Indagato Lunardi, figlio dell’ex ministro dei Trasporti. L’indagine ha scoperto un giro di appalti milionari truccati grazie a mazzette, escort e anche metodi di intimidazione mafiosa. In un caso l’indagine ha documentato il passaggio di soldi da 10 mila euro da un imprenditore a un dirigente Cociv. In un altro, un imprenditore offre una escort a un dirigente del Cociv in cambio di facilitazioni per l’appalto di una galleria che consentirà di depositare in cava parte dello smarino del Terzo Valico.

Al centro dell’inchiesta ci sono altri due casi di turbativa d’asta. Il primo è relativo al cosiddetto lotto Libarna per un valore di 67 milioni e assegnato alla ditta Oberosler di Trento. L’accusa è di collusione per i suggerimenti dati dai funzionari del Cociv all’azienda per correggere le ‘anomalie’ della sua offerta. Il secondo riguarda il Lotto Serravalle, da 189 milioni, assegnato alla Grandi Lavori Fincosit senza che venisse espletata la valutazione delle anomalie dell’offerta presentata.

C’è di più. Tra gli arrestati, quattro persone legano i due filoni di inchiesta: l’indagine dei carabinieri che ha portato a 21 arresti su richiesta della Procura di Roma nasce da uno stralcio dell’inchiesta su Mafia Capitale e riguarda anche 4 persone che hanno avuto a che fare con i lavori del Tav ligure. Oltre al presidente del Cociv Longo e al suo vice Pagani, ci sono l’ingegnere Giampaolo De Michelis e l’imprenditore calabrese Domenico Gallo. De Michelis, fino alla fine del 2015 è stato direttore dei lavori per il Cociv e avrebbe favorto l’ingresso dell’amico e compaesano Gallo nei subappalti per la fornitura di inerti e calcestruzzi tanto che uno dei dirigenti Cociv in un’intercettazione dice: «C’è troppa Salerno Reggio, è diventato un consorzio a gestione meridionale, troppi calabresi, non va bene».

De Michelis avrebbe fatto di tutto per togliere il subappalto per la fornitura alla ditta Allara di Casale Monferrato con ordini di servizio e minacce ai dirigenti Cociv. Poi misteriosamente un anno fa quattro mezzi della stessa ditta vengono pedinati e danneggiati. L’imprenditore di Allara non ha dubbi, e pochi sembrano averne gli inquirenti: «Questo furgone che girava dietro sono i calabresi di Chivasso collegati a quello, quel delinquente» dice riferendosi a Gallo che secondo il gip di Genova avrebbe contatti «con soggetti legati alla criminalità organizzata» e avrebbe partecipato alla cresima della figlia di Domenico Borrello, affiliato alla `ndrina Barbaru U Castanu di Plati´.

Il Fatto Quotidiano
GRANDI OPERE, LE INTERCETTAZIONI
«CEMENTO COME COLLA»
E CALCESTRUZZO CHE DEFLUISCE A CAZZO.
GIP:«SICUREZZA VIOLATA».

di Giovanna Trinchella e Marco Pasciutti

La scarsa qualità dei materiali è evidente, in primo luogo a chi dovrebbe vigilare sulla regolarità dei lavori. Dalle intercettazioni si comprende che questo tipo di problemi potrebbe riguardare i lavori sulla autostrada Salerno Reggio Calabria. A parlare è l'imprenditore calabrese Domenico Gallo, che il gip di Genova nella complementare indagine ligure descrive come personaggio che «risulta avere contatti con soggetti legati alla criminalità organizzata». Parlando dell'opera la definisce «non collaudabile».

«Cemento che sembra colla», «calcestruzzo che non ha una barriera fisica e defluisce un po’ a cazzo come gli pare a lui». È vario il frasario utilizzato dai protagonisti dell’inchiesta “Amalgama“ per descrivere la scadente qualità dei materiali utilizzati nei cantieri finiti sotto la lente d’ingrandimento della Procura di Roma. Qualità così scadente che, in un caso, le betoniere pronte a gettare cemento che vengono rimandante indietro «essendo il materiale assolutamente inutilizzabile». Il problema del calcestruzzo fornito dalla Breakout (secondo gli inquirenti di Roma riferibili agli arrestati Giampiero De Michelis e Domenico Gallo) appare davvero inquietante: all’inizio la fornitura era “acqua” mentre la seconda «non scendeva nemmeno dalla canalina e si intasa pure la pompa». Miscele, quindi, che «non erano assolutamente idonee». In un altro caso il “cemento” era «diverso da quello prescritto».

Il cemento che sembra colla

Il primo a svelare questo particolare è stato il procuratore aggiunto Paolo Ielo nella conferenza stampa durante la quale il magistrato ha citato un’intercettazione del 27 novembre 2015 in cui Paolo Brogani, responsabile della Divisione Coordinamento Infrastrutture e Viabilità di Cociv – Consorzio Collegamenti Integrati Veloci, general contractor a cui è affidata la progettazione e la realizzazione della linea Alta Velocità Milano-Genova – riceve lamentazioni a causa del «cemento che sembra colla». Anche perché a dire di un intercettato l’imprenditore Domenico Gallo «ha sempre avuto il vizio di mettere nel cemento troppo additivo».

La scarsa qualità dei materiali è evidente, in primo luogo a chi dovrebbe vigilare sulla regolarità dei lavori. Il 24 luglio 2015 Jennifer De Michelis, indagata, responsabile Qualità e Sicurezza per società Grandi Opere Italiane e figlia di quel Giampiero ritenuto dai pm cardine dell’intero sistema corruttivo, parla al telefono con il suo fidanzato Enrico Conventi, indagato, ispettore di cantiere nella costruzione dell’Alta Velocità Milano-Genova, della scarsa qualità del calcestruzzo utilizzato e cerca di convincerlo, scrive il Gip, a «falsificare gli atti del controllo per garantire mediante soluzione condivisa la tenuta del patto criminale».

L’intercettazione: «Poi vediamo chi se la cava peggio»

Illuminanti i virgolettati: «C’è il calcestruzzo della fondazione che che non ha una barriera fisica… ma defluisce un po’ a cazzo come gli pare a lui – protesta l’ispettore con la De Michelis – allora lì è un problema ancora una volta! Se mettiamo “non conforme” il problema è che non essendo conforme va aperta una non conformità per quello. Però io ho autorizzato il getto. Quindi sono nella merda anch’io. Quindi che cazzo dobbiamo fare?».

Conventi è terrorizzato perché «la firma è mia» e la responsabile Qualità e Sicurezza gli fornisce – scrive il gip – la «soluzione documentale al fine di occultare le irregolarità commesse e certificare la regolarità della gittata»: il suggerimento è quello di metterci «una bella X sopra (…) visto che sul progetto c’è scritto ‘gettato controterra‘ (…) O cresciamo tutti e ognuno si assume le proprie responsabilità e tutti quanti troviamo una soluzione condivisa o sennò ognuno pensa al culo suo. Poi vediamo chi se la cava peggio».

Il gip: «Violate sistematicamente le procedure di sicurezza»

È il gip a fotografare in maniera inequivocabile la situazione: «Gli indagati (…) violano sistematicamente le procedure di sicurezza e di qualità delle opere realizzate grazie alla compiacenza della direzione dei lavori». «I risultati – scrive ancora Sturzo – di solito sono noti per altre esperienze accertate nel campo delle indagini degli uffici giudiziari; cosi poi emergeranno i cementi depotenziati, gli inerti di scarsa qualità, il ferro e gli acciai non conformi, gli asfalti diversi per qualità e quantità a quelli dei capitolati». Cause, scrive ancora il magistrato, alla base dei crolli e dei malfunzionamenti di cui sono protagonisti le opere pubbliche: «Questi artifici truffaldini saranno la matrice dei crolli spontanei o indotti dai terremoti e dall’uso, di migliaia di opere pubbliche consegnate come gioielli della tecnica ma, alla luce di ciò che solitamente si accerta, in molti casi frutto di gravissime truffe ai soggetti pubblici».

La Salerno Reggio Calabria «opera non collaudabile»

Dalle intercettazioni si comprende che questo tipo di problemi potrebbe riguardare i lavori sulla autostrada Salerno Reggio Calabria. A parlare è l’imprenditore calabrese Domenico Gallo, che il gip di Genova nella complementare indagine ligure descrive come personaggio che «risulta avere contatti con soggetti legati alla criminalità organizzata». «Dici ma io posso pensare pure perché eh m’avete fatto revocare pure l’incarico mi avete spinto pure voi perché non firmo quello che volevate … e io … Allora io le so tutte e tenete conto di un’altra cosa allora che qua caschiamo e tutta la Salerno Reggio Calabria, dell’opera non collaudabile, dell’arbitrato… Ed io le relazioni gli dici… che le troviamo… di quando dovevate chiudere a 40 milioni (inc) è stato trasferito apposta e cosa ora qua o fate le persone per bene completiamo il ciclo e poi mi mandate a fanculo però io 10 adesso devo completare perché cosi vi siete messi d accordo tutti per mettermi in mezzo ad una strada? Io mi difendo». Ad ascoltare c’è l’ingegnere Giampiero De Michelis, direttore dei lavori del Cociv, che con Gallo, secondo gli inquirenti, avevano innescato un ricatto nei confronti di Giandomenico Monorchio.

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