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Chiara Saraceno
I danni collaterali della legge
29 Agosto 2016
Democrazia
«Qualsiasi siano i limiti del bicameralismo perfetto (e ci sono), il processo legislativo in Italia non è rallentato principalmente dalla necessità del doppio passaggio, ma da leggi scritte male».

«Qualsiasi siano i limiti del bicameralismo perfetto (e ci sono), il processo legislativo in Italia non è rallentato principalmente dalla necessità del doppio passaggio, ma da leggi scritte male Da quanti anni lo ripeteva il nostro amico Gigi Scano!

La Repubblica, 29 agosto 2016 (c.m.c.)

La tragedia di questi giorni, con il suo corredo di ricerca delle responsabilità, non per il terremoto, ma per le sue conseguenze evitabili in termini di distruzione e di morte, ci mette di fronte alle troppe semplificazioni con cui si è affrontata e si affronta tuttora, in vista del referendum, la riforma costituzionale, da parte sia di chi è a favore sia di chi è contro. Una delle “ragioni forti” avanzate dai sostenitori della riforma è che, superando il bicameralismo perfetto, si sveltirebbe il processo legislativo, rendendo più efficienti ed efficaci i processi decisionali.

Purtroppo le cose non stanno così. Qualsiasi siano i limiti del bicameralismo perfetto (e ci sono), il processo legislativo in Italia non è rallentato principalmente dalla necessità del doppio passaggio, ma da leggi scritte male, che richiedono “interpretazioni autentiche”, o che individuano male (per superficialità del legislatore, scarsa conoscenza dei fenomeni, cattivo uso delle informazioni) i propri obiettivi e perciò, inevitabilmente, li mancano. Si potrebbero fare diversi esempi in molti settori.

Il caso degli incentivi per l’adeguamento antisismico nelle zone a rischio è, ahimè, esemplare. Da un lato, ci si è affidati alla capacità e volontà dei comuni di informare e incoraggiare i propri abitanti circa questa possibilità, come se la sicurezza fosse un optional affidato esclusivamente all’iniziativa e predilezione privata, non parte di un bene comune di cui tutti siamo responsabili nelle nostre azioni.

Mentre un comune può decidere, in nome del decoro urbano, sul colore delle facciate e delle persiane e se e dove si può appendere il bucato, o anche di mettere le valvole per misurare il calore erogato, non può imporre a un cittadino, a un condominio, di mettere a norma antisismica la sua abitazione, tantomeno controllare se lo ha fatto.

Abbiamo visto come in uno dei comuni distrutti pochissimi avessero fatto richiesta dell’incentivo (e quei pochi sono stati beffati dall’incompetenza di un impiegato). Dall’altro lato, la legge che destina gli incentivi a chi abita nelle zone antisismiche esclude la detrazione del 65 per cento del costo di adeguamento antisismico per le seconde case. Ma nei piccoli centri spesso le seconde case sono la grande maggioranza (il 70 per cento secondo alcune stime), anche se sono divenute tali nel passaggio generazionale.

Lo abbiamo visto e sentito in questi giorni, apprendendo come molti dei paesi distrutti triplicassero ogni estate i propri abitanti, con chi tornava per le vacanze nella casa che era stata dei genitori o dei nonni, quando non si trattava di nipoti in visita dai nonni in attesa che ricomincino le scuole. Il ridotto numero di richieste per gli incentivi può essere in parte dovuto a questa esclusione, che di fatto ha considerato le seconde case un “non rischio” non solo per i loro proprietari, ma anche per i loro vicini.

Un altro esempio, sempre di drammatica attualità dato che riguarda come e da chi sono fatti i lavori, è la riforma degli appalti, cruciale per evitare costruzioni ex novo, o ristrutturazioni, fatte male per negligenza o delinquenza, come sembra sia avvenuto anche in edifici pubblici dei paesi coinvolti. Come si è ricordato su questo giornale, il decreto legislativo 50 è stato sì pubblicato il 19 aprile 2016 sulla Gazzetta Ufficiale. Ma, nonostante si tratti già di un testo molto ponderoso, rimane un testo di fatto “vuoto”, perché mancano del tutto gli innumerevoli decreti di attuazione. È un fenomeno purtroppo ben noto nel processo legislativo italiano, dove molte leggi rimangono inapplicate non per dolo, ma per mancanza dei regolamenti necessari.

Più che ai guai del bicameralismo siamo di fronte ad un modo di legiferare bizantino, che rimanda sempre ad un altro passaggio, mentre nei vuoti si incuneano la negligenza, l’arroccamento difensivo della burocrazia (meglio non fare per non incorrere in sanzioni), quando non il malaffare. Sono questioni che non riguardano, ovviamente, la Costituzione e la riforma costituzionale. Anche se i “danni collaterali”, le distruzioni e le morti evitabili con una maggiore cura dell’ambiente e delle infrastrutture, con una più diffusa e capillare assunzione di responsabilità, hanno leso i principi costituzionali del diritto alla vita e alla sicurezza. Sono questioni che riguardano, appunto, il processo legislativo.

Mettere tutta l’attenzione sulla riforma costituzionale, come se lì si annidassero tutti i problemi o tutte le soluzioni, rischia di eludere quello che, a mio modesto parere, è il problema centrale del processo legislativo italiano, che andrebbe profondamente ripensato.

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