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Francesco de Agostini
Città metropolitana e rigenerazione urbana
28 Luglio 2016
Milano
«La dicotomia centro/periferia appare oggi subordinata alla scala sovracomunale, un quadro che amplia il tema in una più attuale e sistemica visione di rete policentrica.Una agenda al futuro mettendo a sistema strumenti esistenti

«La dicotomia centro/periferia appare oggi subordinata alla scala sovracomunale, un quadro che amplia il tema in una più attuale e sistemica visione di rete policentrica.Una agenda al futuro mettendo a sistema strumenti esistenti», Arcipelagomilano online, 27 luglio 2016 (c.m.c.)

L’intervento di Michele Monte Periferie e rigenerazione urbana, nell’illustrare le priorità di programma della nuova giunta su degrado urbano – come criticità sociale ed economica oltre che insediativa – e rigenerazione, stimola ad approfondire le dotazioni disponibili per agire qui e ora, sollecitando considerazioni che, per quanto sparpagliate e poco sistematiche, mi auguro possano corroborare la discussione in senso operante.

Che il neosindaco Sala abbia fatto leva sull’opinione pubblica attraverso la categoria – piuttosto genericista e un tanticchio desueta, ma tanto retoricamente di sinistra – di ‘degrado periferie’ buon pro ha fatto in termini di risultato elettorale, anche se l’analisi del voto locale auspicata da Monte potrebbe dare chiavi di lettura affatto scontate e utili alla politica riformista in continua trasformazione.

Nel merito delle azioni e degli strumenti, Monte sintetizza i limiti – tra inerzia amministrativa settoriale e mancato corto circuito tra apparati di analisi e strumenti conoscitivi necessario a fornire dati utili a qualificare i fenomeni e conseguentemente orientarne lo sviluppo – e propone quattro mosse per la costruzione degli strumenti operanti: Analisi e raccolta dati; Feedback con la cittadinanza e suo coinvolgimento; Integrazione tra enti e operatori, tra pubblico e privato; Laboratorio permanente di elaborazione.

In sintesi cercherò di evidenziare come la dicotomia centro/periferia appare oggi subordinata alla scala sovracomunale, un quadro che amplia il tema in una più attuale e sistemica visione di rete policentrica, ovvero di città metropolitana, in cui i margini reciproci tra comuni contermini, se rimossi per un attimo i confini amministrativi, possono diventare risorsa.

Inoltre parlerei di azioni di rigenerazione nel senso di uso rinnovato, piuttosto che di degrado. Riferendomi a un approccio interculturale, in cui l’aspetto sociale, economico e insediativo sono tra loro inscindibili, che nel nostro mestiere significa sintesi di progetto. Ma che passa attraverso una strumentazione fatta di norme e orientamenti specifici dettati dal Piano, che forse a Milano è il momento più adatto per essere messo in discussione.

1. Città metropolitana. È a questa scala che Milano può dare gambe e futuro alle idee che il sindaco-manager già sta ‘vendendo’ al parterre internazionale. È alla scala di città metropolitana che si deve discutere di post Expo, di città della salute, di logistica infrastrutture e trasporti. È in questo quadro, ripeto, che ha senso creare le sinergie tra innovazione e inclusione, tra pubblico e privato. Così come per la questione degli Scali ferroviari, che da mera risorsa immobiliare da sdoganare sotto forma di convenzione di standard, si inquadrerebbe in un più adeguato disegno di strategia urbana intercomunale. Che significa, di ritorno, con una sensibilità progettuale maggiore a scala di vicinato, cioè tra Comune e Comune.

2. La Babele dei linguaggi. Da pochi mesi si è reso operativo uno strumento di lettura sintetica dei 135 PGTonline di Città Metropolitana (sistema dinamico presentato anche su queste pagine) grazie a un accordo trasversale tra Ordine degli Architetti, centro studi PIM e Ance Assimpredil – un buon esempio di integrazione operativa tra enti per altri versi distanti tra loro, così come tra pubblico privato auspicato da Monte. La mosaicatura delle diverse tavole tematiche che compongono i singoli Piani comunali, ben rappresenta io credo la Babele di linguaggi e obbiettivi nel confronto tra Comuni, che necessiterebbe di un grado 0 di unificazione anche solo del suo codice di rappresentazione: chissà se nella revisione in corso della Legge Regionale 12/2005 si riuscirà a tener presente?

O bisogna dar ragione a chi vede nella debolezza della Legge Regionale 32/2015 istitutiva di Città metropolitana di Milano espressione dell’interesse autocentrico del capoluogo a discapito del sistema policentrico, “allo scopo di mantenere un controllo saldo ed esclusivo sulle proprie competenze” (Si veda M.C. Gibelli in Eddyburg 20.05.2016).

3.PGT. All’interno del Piano di Governo del Territorio di Milano nel 2012 veniva introdotta una mappa che identificava 88 zone omogenee denominate Nuclei di Identità Locale (Nil). Ad essa era accompagnata una analisi piuttosto capillare a supporto del Piano dei servizi, con tanto di matrici esplicative, che tuttavia in questi anni non hanno avuto occasione di uso e aggiornamento. Senza necessariamente partire da zero forse potrebbero essere una base di partenza per quanto Monte propone riguardo ad analisi e raccolta dati, capillari e trasversali, attivando le necessarie deleghe ai Municipi per il loro aggiornamento. A scala metropolitana questo tipo di analisi è cruciale per mettere in relazione efficace le diverse dimensioni di Milano e dei Comuni contermini. 
E forse più in generale è il momento di pensare, dopo la soluzione ‘rimediale’ della giunta Pisapia di emendamento al Piano Masseroli/Moratti, di affrontare in modo sistematico una nuova stesura del PGT, anche sulla base di quanto in questi quattro anni testato.

4. Laboratorio permanente. È cruciale creare sinergia tra diverse iniziative da tempo in rete, come per esempio Innovare per includere, recentemente presentato a Base dall’assessore Cristina Tajani con gli altri suoi colleghi di giunta, attraverso la creazione di un tavolo metropolitano permanente di lavoro, e magari come l’assessore Pierfrancesco Maran ha recentemente affermato in occasione dell’incontro organizzato da Emilio Battisti dedicato proprio agli Scali Ferroviari, facendo capo all’Urban Center come luogo dell’incontro cittadino. Una azione di partecipazione non improvvisata ma sotto forma di laboratorio con obbiettivi e competenze condivise. Una reale iniziativa dal basso che agisce con l’amministrazione per rendere quanto prima operante l’azione di rigenerazione, e non solo a carattere territoriale.

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