Capisaldi sociali e territoriali, garanzia di
inclusività e di crescita civile, i beni pubblici presiedono al disegno democratico
di redistribuzione delle risorse, e il loro mantenimento in proprietà contrasta
i progetti neoliberisti di trasferimento dei beni di molti nelle mani di pochi.
Queste ragioni dovrebbero indurre la Regione Toscana a conservare la proprietà
del patrimonio edilizio di sua competenza, a non perseguire politiche di stampo
economicista nella loro gestione. E a ritirare quindi la delibera che pone in
vendita molti edifici di proprietà regionale.
La Società dei Territorialisti/e è dalla parte
di chi intende mantenere pubblica la proprietà del patrimonio edilizio e
fondiario della nazione, la cui stessa esistenza favorisce i processi di
ri-territorializzazione, sia nel territorio aperto che entro il tessuto urbano.
Aree ed edifici che Regione, Comuni e Città metropolitana hanno messo
all’incanto si sono infatti dimostrati luoghi di enormi potenzialità, in cui si
inverano pratiche dal “basso”, esperienze di “costruzione di territorio”,
sperimentazioni di nuove forme di autogoverno e di gestione collettiva del bene
comune.
Nei centri storici desertificati e nelle
periferie contemporanee, l’esistenza di aree di proprietà pubblica – il più
delle volte di notevole valore storico-artistico – garantisce l’occasione per
l’innesco degli auspicabili processi di rigenerazione urbana e sociale: il
recupero di edifici o di terreni abbandonati al degrado, la loro fruizione
collettiva e le nuove pratiche di welfare dal basso che possono scaturire dal
riutilizzo di spazi pubblici vuoti o in dismissione, costituiscono una non
trascurabile occasione di creazione di nuovi posti di lavoro in autogestione e
di pratiche di autocostruzione finalizzate alla residenza per le fasce sociali
più deboli.
Nelle campagne, proprietà e terreni pubblici
contribuiscono a favorire l’occupazione giovanile nella neo-agricoltura autosostenibile,
e, attraverso la promozione di parchi agricoli e di filiere alimentari locali,
a innescare processi di ripopolamento rurale. Nello scenario attuale delle
pratiche di riappropriazione di spazi pubblici condannati alla vendita, il caso
della Fattoria di Mondeggi – di proprietà della Provincia – è paradigmatico e
dovrebbe fungere da esempio per riconfigurare nuove politiche di gestione dei
beni statali, regionali, comunali e pubblici in genere.
A fronte della mercificazione che investe
città e territori, la Regione Toscana inverta la rotta e avvii un corso
politico che impedisca l’introduzione dei beni comuni nel Mercato e che anzi
valorizzi l’inveramento di pratiche dal “basso”, esperienze di “costruzione di territorio”,
e sperimentazioni di nuove forme di autogoverno e di gestione collettiva del
bene comune.
Riferimenti
l,articolo di Antonio Fiorentino, Se la Toscana rinuncia a difendere i propri beni comuni
Riferimenti
l,articolo di Antonio Fiorentino, Se la Toscana rinuncia a difendere i propri beni comuni