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Stefano Folli
Un confine da rispettare
12 Febbraio 2016
Articoli del 2016
L'intervento del presidente dei vescovi italiani conduce a distorcere l'uso di una forma di votazione (il voto segreto) che era finalizzato a garantire la libertà delle coscienze, oggi è lo strumento della loro coartazione.
L'intervento del presidente dei vescovi italiani conduce a distorcere l'uso di una forma di votazione (il voto segreto) che era finalizzato a garantire la libertà delle coscienze, oggi è lo strumento della loro coartazione.

Il Fatto quotidiano, 12 febbraio 2016

Il presidente della Cei, cardinale Bagnasco, ha superato la linea sottile che separa il diritto della Chiesa di esprimere valutazioni, esortazioni e moniti in assoluta libertà, specie su questioni etiche, dalla vera e propria ingerenza in questioni che riguardano solo il Parlamento. Un conto è dare voce al sentimento morale cattolico contro le unioni omosessuali, in particolare contro le adozioni; e persino sollecitare le resistenze di una parte consistente dell’opinione pubblica avversa alla nuova legislazione. In una società liberale questo è concesso, anzi è dovuto agli esponenti delle confessioni religiose. Ed è bene che sia così.

Ma tutt’altro conto è intervenire nei meccanismi che regolano il processo di formazione delle leggi, addirittura stabilendo che il voto parlamentare deve essere segreto anziché palese. Una scelta spettante, come è noto, al presidente dell’assemblea, eventualmente d’intesa con i capigruppo. Senza dubbio non spetta a un’entità esterna, tantomeno a un’autorità religiosa da cui ci si attende semmai il massimo rispetto verso un delicato e per certi versi drammatico passaggio parlamentare. Bagnasco è noto come uomo di equilibrio, ma questa uscita non proprio felice tradisce il momento difficile della Chiesa, lacerata al suo interno più di quanto non si voglia ammettere per le conseguenze del pontificato “rivoluzionario” di Bergoglio. È tormentata la Chiesa, diviso il Parlamento, incerti o diffidenti molti cittadini. Non tanto nel merito delle unioni civili, ormai accettate dal sentire comune — e qui si potrebbe dire che il paese è più avanti di chi siede in Parlamento — , quanto sul controverso nodo delle adozioni.

Passano i giorni, si rinvia l’inizio delle votazioni, ma non si vede un possibile punto d’incontro. Anzi, la tensione tende a crescere in Senato e certi fragili accordi dei giorni scorsi sono già saltati oppure non trovano concreta applicazione. Come lo scambio fra Pd e Lega: da un lato, la rinuncia di quest’ultima a mettere in votazione una massa esorbitante di emendamenti; dall’altro, una linea più aperta e meno intransigente del Pd su altri emendamenti sostanziali che non potranno essere cassati con espedienti di tecnica parlamentare.

In altri termini, la matassa non si sbroglia e la prospettiva di una legge Cirinnà amputata di alcuni aspetti non secondari — le adozioni, appunto — oggi sembra plausibile, anche se non ancora probabile. È chiaro che le parole del presidente della Cei hanno l’effetto di esasperare gli animi. Il ricorso al voto segreto è una prassi legittima in Parlamento, sebbene limitata a circostanze ben definite. Un tempo serviva a proteggere il deputato o il senatore da rivalse e vendette del potere costituito, oggi che rischi non ce ne sono diventa spesso solo un alibi e una scomoda scappatoia. Lanciare il sasso e ritirare la mano, secondo un’immagine ben nota.

La storia repubblicana insegna che l’evoluzione del costume e il rapporto fra cattolico e laici trae vantaggio da un confronto ragionevole, privo di estremismi di qualsiasi tipo. Non è detto quindi che l’iniziativa della Cei, quella sottile linea rossa che è stata scavalcata dal presidente dei vescovi, sia destinata a produrre risultati utili per il punto di vista della Chiesa. Il senso religioso e morale di un paese non si esalta e non si cancella a seconda di come il Parlamento vota una legge della Repubblica.

Ancor meno se questo o quell’emendamento viene approvato grazie allo scrutinio segreto che scava nelle inquietudini dei parlamentari. Se il voto deve essere di coscienza, esso merita di manifestarsi senza infingimenti. Altrimenti si tratterebbe di una coscienza molto debole.E quando la posta in gioco è etica, il primo a rifiutare una coscienza debole e irresoluta dovrebbe essere il cardinale Bagnasco.

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