«Li stiamo armando noi». Il Fatto Quotidiano, 17 novembre 2015 (m.p.r.)
«Il Kuwait è l’epicentro
del finanziamento dei
gruppi terroristi in Siria»,
mentre il Qatar ne
costituisce il retroterra grazie
a “un habitat permissivo
che consente ai terroristi di
alimentarsi ”. Lo sostiene
David Cohen, sottosegretario
americano per il terrorismo
e l’intelligence finanziaria,
citando un rapporto
del Dipartimento di Stato
del 2013. Dai due Paesi e
dall’Arabia Saudita, per il
Washington Institute for
Near Policy, l’Isis ha ricevuto
oltre 40 milioni di dollari
negli ultimi due anni. Al terrorismo
islamista non mancano
benefattori nel Golfo.
E l'Italia che fa? Firma
commesse, esporta armi, intasca
petrodollari. Quando
l’11 settembre Matteo Renzi
ha siglato un memorandum
d’intesa con il primo ministro
kuwaitiano, Finmeccanica
ha registrato un +5,4%
in Borsa. Spianava la strada
all’acquisto per 8 miliardi di
euro di 28 caccia Eurofighter
di un consorzio europeo in
cui l’azienda guidata da
Mauro Moretti pesa quasi la
metà. La firma definitiva è
questione di settimane, la
Difesa ci lavora dal 2012 e la
ministra Roberta Pinotti si è
recata più di una volta in Kuwait.
Sarà la più grande commessa
mai ottenuta da Finmeccanica.
Il committente è
il governo del Paese che il il
Dipartimento di Stato Usa
indica come base dei “finan -
ziamenti a gruppi estremisti
in Siria”.
Del resto, dal 2012 al 2014
il made in Italy ha esportato
armi al Kuwait per 17 milioni
di euro. Al Qatar 146 milioni.
Come prevede la legge, tutto
approvato dal governo.
Proprio il Qatar è stato indicato
come il principale finanziatore
del Califfato da
George Smiley, nome di copertura
di un trafficante
d’armi italiano intervistato
domenica da Report. Ha detto
da Londra: “È stato armato
in funzione anti Iran, ma poi
ci è scappato di mano. Nel
nostro ambiente si sa perfettamente
che l’Isis è una creatura
dell’Occidente. Anche
l’Italia a sua insaputa ha armato
l’Isis, armando la Siria
di Assad e addestrando le sue milizie che poi sono passate
all’Isis”. Poi fa il nome di Omaar
Jama, nipote dell’ex
dittatore del Puntland in Somalia,
accusato di essere il
tramite tra “insospettabili
che vivono a Roma” e i terroristi
di Al Shabaab, affiliati
ad Al Qaida in Africa.
Questo ex studente di Giurisprudenza
a Firenze è indagato
per reclutamento
clandestino di contractor e
traffico d’armi dalla Dda di
Napoli. Nel 2007, invece, ha
lavorato come consulente della Spm, riconducibile a
Stefano Perotti, accusato di
aver pagato benefit all’ex top
manager del Ministero delle
Infrastrutture Ercole Incalza
in cambio di appalti. È la
vicenda che ha portato alle
dimissioni del ministro
Maurizio Lupi.
Nella ricostruzione di Report spuntano un campo di
addestramento nel Principato
di Seborga, paesino autoproclamatosi
indipendente
in provincia di Imperia, i
palazzi di Finmeccanica e
Giorgio Carpi, indagato per
traffico d’armi con i Casalesi
e fondatore della Legione
Brenno, una struttura militare
segreta nata nel 1993 per
operare in Croazia.
È ben più che un’ipotesi che
l’Isis sia stato armato e finanziato
dalle monarchie del
Golfo e si sia rafforzato con la
complicità della Turchia.
“L’Unodc (l’agenzia Onu che
si occupa di criminalità e
droga, ndr) – spiega Giorgio
Beretta dell’Opal (Osservatorio
permanente sulle armi
leggere) – stima che il 90%
dei traffici illegali di armi
proviene dal commercio legale.
Frutto della triangolazione
o dell’aver armato
gruppi che poi cambiano alleanze”. Dal 2005 al 2012 i
vari governi italiani hanno
confermato commesse per
375,5 milioni di euro in Libia
(ora a chi sono in mano?).
In
Arabia Saudita, dove Renzi è
appena stato in visita, esportiamo
bombe che per le associazioni
pacifiste vengono
sganciate contro gli sciiti in
Yemen. L’ultimo carico è
partito da Cagliari il 29 ottobre.
Per l’autorevole Sipri
(Stockholm International
Peace Research Institute),
l’Italia è stata la principale esportatrice
europea di armi
in Siria dell’ultimo decennio,
131 milioni di euro. Abbiamo
rifornito sia Assad, sia
l’opposizione. Dal 2011 le
consegne sono sospese, ma
aumentano quelle verso i
Paesi confinanti. La Turchia
per esempio: da meno di 30
milioni di euro nel 2009 a oltre
85 nel 2014. Difficile pensare
che a Istanbul siano diventati
tutti collezionisti di
armi o che il tiro al piattello
sia diventato lo sport più diffuso.
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