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Filippo Ceccarelli
Slide,tweet e buone notizie a Palazzo Chigi va in scena il marketing del turbo-banditore
16 Ottobre 2015
2014-2018 Renzi e il renzismo
«Lo show multimediale del premier sulla manovra mira a colpire più la fantasia che la ragione. E surclassa Berlusconi.Con Renzi una generazione di creativi è entrata nella stanza dei bottoni Il linguaggio del premier miscela tutto, dagli slogan del ’68 ai titoli di giornale, ai social».

«Lo show multimediale del premier sulla manovra mira a colpire più la fantasia che la ragione. E surclassa Berlusconi.Con Renzi una generazione di creativi è entrata nella stanza dei bottoni Il linguaggio del premier miscela tutto, dagli slogan del ’68 ai titoli di giornale, ai social». La Repubblica, 16 ottobre 2015

Signore e signori, ecco a noi il Renziting: evoluto prodotto di tecnologia del potere che annuncia, istituisce e santifica la compiuta sintesi fra l’arte di governo e il marketing. Per cui la legge di stabilità 2016, da vecchi e illeggibili libroni pieni di astruse cifre, si trasfigura in 25 tweet - «di buone notizie» naturalmente - che a loro volta si riassumono e si replicano in altrettante slide dal linguaggio inconfondibilmente pubblicitario e dai colori smaglianti, rosso, arancione, rosa shocking.
Sotto ogni diapositiva, in avveduto alternarsi di tondi e grassetti, il motto unificante della campagna, lo slogan per far credere, il claim per far vendere, il brand per incoraggiare e fidelizzare l’opinione pubblica – in verità, a quanto pare, sempre più distratta: #italiacolsegnopiù.

In conferenza stampa, nell’illustrare la ex finanziaria, Renzi ha fatto Renzi. Cioè il turbo-banditore del XXI secolo, la più aggiornata versione dell’eterno mercante in fiera. Nello specifico, ieri è apparso lievemente più sorvegliato di quando nel marzo 2014, sempre a Palazzo Chigi, inaugurò la proiezione istituzionale delle slide, in quell’occasione accompagnandola addirittura con un “venghino, siori!”; più simile semmai al Renzi che nel luglio scorso, per meglio sottolineare la necessità di prendere slancio e iniziativa, ha imposto alla direzione del Pd la veduta di alcune diacolor a base di Rocco, Herrera e Guardiola, catenaccio, tiki taka e altre variazioni calcistiche – a riprova, se si vuole, del fatto che le strategie di mercato sono oggi divenute così potenti da innervare e colonizzare ogni ambito della vita sociale.

Poi sì, certo, i provvedimenti sono quelli indicati, magari anche più dei 25 reclamizzati sui quali gli apparati di comunicazione del governo, d’intesa con l’agenzia barese Proforma, hanno stabilito di concentrare l’attenzione. Alcuni paiono innovativi. Alcuni buoni. Alcuni meno buoni. Alcuni, almeno a occhio, sembrano i soliti, quelli di sempre, perciò suonano irritanti, per quanto bene o male camuffati. Alcuni infine saranno anche pessimi e altri pura chiacchiera. Ma non è questo, almeno qui, il punto.La novità è che con Renzi una generazione di creativi è arrivata per così dire al potere; e che almeno nelle sue forme, quella che con qualche pigrizia si continua a definire “politica” ha ceduto la sua autonomia e quindi anche il suo campo alla potenza dei consumi.

Nel complesso, più che ottimistico, il messaggio della televendita vira verso l’euforia, almeno a livello cognitivo e quantitativo. Se si considera che di una lista di 25 “nuovi” provvedimenti, se va bene dopo un’oretta se ne ricordano 5 o 6, l’operazione punta a colpire più la fantasia che la ragione.
Ma ogni singolo pezzo che il fedele Franco, l’omino invisibile cui il premier si rivolge con sbrigativa familiarità, ha ieri proiettato sullo schermo di Palazzo Chigi, ogni singola misura e la loro scansione, i linguaggi, gli aggettivi, i verbi, le varianti cromatiche, i caratteri grafici, la punteggiatura, ecco, a livello di sviluppo tecnico e di energia professionale tutto questo ha mandato definitivamente a ramengo la comunicazione berlusconiana.

Senza farla troppo lunga: il nuovo leader ha stracciato il vecchietto; l’allievo ha superato il maestro; il figlio ha vinto sul padre, o quello che è. Nel merito dei testi, i sentimenti, gli incoraggiamenti, le semplificazioni e le emozioni (“orgoglio”, “ci preoccupiamo”, “insieme”, “finalmente”, “la ferita”, “intrappolate”) hanno il sopravvento. Si notano poi parecchi punti esclamativi. È menzionata – segno dei tempi – la parola “povertà”, anche se la vecchia formula berlusconiana “chi rimane indietro” è stata sostituita – se non è zuppa, è pan bagnato - da “chi arranca”.
A livello espressivo, per quel poco e per quel tanto che trasmettono le 25 schede, il renziting sembra basato su un sincretismo che sembra tenere insieme: il riutilizzo di alcune modalità non solo berlusconiane, ma anche proto-leghiste; la lingua sincopata dei social (con la triste soppressione dell’articolo e delle preposizioni); la titolistica dei giornali, dei siti e delle infografiche dei depliant.

Notevole il riciclaggio di slogan della contestazione (per cui l’antico “lavorare meno, lavorare tutti” diventa, per quanto riguarda la lotta all’evasione “pagare meno, pagare tutti”); e quantomeno curioso il ricorso al futuro ribattezzandolo, che dio perdoni i copy, “il dopo di noi”.

Ma qui, anche senza volerlo, si scivola sull’estetica. Per cui la vera perla sta nella bieca astuzia iper-commerciale della slide numero 31, che recita: “Ancora sgravi per chi assume”, e sotto “Meno di prima però, affrettarsi prego”. Là dove, come sa ogni imbonitore, il fatto che le cose mostrate o promesse non ci siano proprio non ha alcuna importanza rispetto alla loro efficacia. Anzi, il contrario.
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