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Valentina Conte
La Grecia di Tsipras non è che un inizio...
21 Agosto 2015
Articoli del 2015
Terminata la prima fase dell'avventura della Grecia si Tsipras di aprire un varco nell'Europa della finanza e svelarne il volto. Il seguito non può essere lasciato alla Grecia. Articoli di Valentina Conte ed Ettore Livini.
Terminata la prima fase dell'avventura della Grecia si Tsipras di aprire un varco nell'Europa della finanza e svelarne il volto. Il seguito non può essere lasciato alla Grecia. Articoli di Valentina Conte ed Ettore Livini.

La Repubblica, 21 agosto 2015

SI È DIMESSO TSIPRAS
GRECIA AL VOTO TRA UN MESE
“HO LA COSCIENZA A POSTO”

di Valentina Conte
Il premier:la parola al popolo,decida se siamo nel giusto La Ue auspica ampio consenso.Arriva prima tranche aiuti
«Sono orgoglioso di quello che abbiamo fatto al governo», ha rivendicato Tsipras in tv. «L’Europa non è più la stessa dopo che Syriza è andata al potere», alla fine di gennaio. «Abbiamo portato il caso greco in tutto il mondo, siamo stati esempio per altri popoli. L’idea di porre fine alle misure di austerità sta prendendo piede, anche grazie a noi».
Il premier greco ha poi rivelato di aver chiesto al presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, con una lettera, «la sua partecipazione nel programma greco per affrontare in modo più democratico le nuove misure di austerità».
Proprio ieri, alcune ore prime delle dimissioni di Tsipras, nelle casse di Atene è arrivato il versamento da 13 miliardi del nuovo piano di salvataggio, un pezzetto della prima tranche approvata dal fondo salva-Stati Esm da 16 miliardi. Di questi, 3,2 miliardi sono serviti a rimborsare la rata con la Banca centrale europea, in scadenza ieri. Altri 7,16 miliardi per ripagare un prestito ponte concesso dai 28 paesi Ue a luglio. I restanti 3 miliardi giungeranno «al più tardi entro fine novembre, una volta che la Grecia avrà completato ulteriori azioni prioritarie». E serviranno per il rifinanziamento del debito e del bilancio dello Stato.

«Ho la coscienza a posto, in questi mesi ho combattuto per il mio popolo». Con queste parole ieri all’ora di cena, in diretta tv, Alexis Tsipras ha annunciato le sue dimissioni. L’ingegnere quarantenne, da neanche sette mesi alla guida del governo greco e a capo di una coalizione sinistra-destra Syriza-Anel, ha così deciso di ridare la parola ai cittadini, sperando di incassarne un mandato pieno. «I greci devono decidere se li ho rappresentati con coraggio davanti ai creditori e se questo accordo è sufficiente per una ripresa», ha poi spiegato il premier ateniese, riferendosi al terzo piano di salvataggio in cinque anni da 86 miliardi firmato con la troika (Bce-Fmi-Ue), approvato anche dai parlamenti di Germania e Olanda giusto due giorni fa, e ora sottoposto al giudizio degli elettori. «Non è quello che volevamo, ma il migliore possibile che potevamo ottenere, date le circostanze» e che «siamo obbligati a rispettare, ma combatteremo per mitigarne le conseguenze avverse», ha promesso Tsipras, visto che «potremmo essere entrati nella fase finale di questa difficile situazione».

D’altro canto «il mandato che ho ricevuto il 25 gennaio ha esaurito il suo limite, ora il popolo deve decidere di nuovo». E l’«obbligo morale a sottoporre quello che ho fatto al vostro giudizio» ha come unico obiettivo quello di ottenere «un forte mandato, un governo stabile e la solidarietà con la società che vuole le riforme in senso progressista».

La Commissione europea «prende nota dell’annuncio» in serata via twitter, dall’account della portavoce Annika Breidthardt. E sottolinea che «un ampio sostegno per il memorandum d’intesa» sul terzo piano di aiuti «e il rispetto degli impegni saranno chiave per il successo». Così anche il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem: «È cruciale che la Grecia mantenga gli impegni stretti con l’Eurozona». Più drastica l’agenzia di rating Moody’s, convinta che le dimissioni del premier greco e la convocazione di elezioni anticipate - con ogni probabilità previste per il 20 settembre - «potrebbero aumentare le preoccupazioni sull’attuazione del programma e potenzialmente metterne a rischio gli esborsi futuri».

COSÌ HA GIOCATO D’ANTICIPO
PER NON ESSERE TRAVOLTO
DAL CROLLO DI SYRIZA
di Ettore Livini

Il tempo, a volte, è tutto. E Alexis Tsipras, per evitare ai ribelli di Syriza (Yanis Varoufakis e Zoe Konstantopoulou compresi) e al centrodestra di organizzarsi, ha deciso di rompere gli indugi e portare la Grecia alle urne. A Bruxelles e Berlino in molti storcono il naso. Atene si era impegnata ad approvare entro ottobre un pacchetto di riforme pesanti, dalle pensioni ai tagli al welfare. E le elezioni accorciano i tempi a disposizione per l’ok e rendono più incerto il sì alle misure.

Il premier però aveva poche alternative. Il governo si è dissolto il 10 luglio, quando 39 deputati dell’ala radicale del suo partito hanno detto “no” al memorandum obbligandolo ad affidarsi a Pasok, Nea Demokratia e To Potami (da allora è successo a ogni voto) per ottenere il via libera in aula. La Ue e parte dell’esecutivo spingevano per tirare avanti così per qualche settimana, contando sull’appoggio dell’opposizione e formalizzando più avanti la scissione della sinistra con un congresso straordinario. Obiettivo: varare i primi provvedimenti d’austerità, superare lo scoglio della verifica con la Troika a ottobre e avviare i negoziati per la riduzione del debito, in modo da presentarsi poi alle urne forti dell’impegno dei creditori al taglio dell’esposizione.

Alla fine però, Tsipras ha preferito sparigliare le carte. L’arrivo dei primi 23 miliardi di aiuti mette il paese in sicurezza per qualche tempo. E gli uomini del suo cerchio magico l’hanno convinto che le elezioni a settembre, malgrado i mal di pancia di Schaeuble & c., sono la scelta giusta per capitalizzare sulla sua (presunta) popolarità prima che i greci sentano sulla loro pelle il peso dell’austerità targata Syriza.

Le incognite delle prossime settimane sono tante e il primo ministro - questa è la sua vera forza - è l’unico ad avere l’idee chiare: si presenterà ai cittadini dicendo che ha combattuto come poteva (cosa che sotto il Partenone gli riconoscono tutti) e che è stato costretto ad accettare un’intesa che non condivide. Promettendo che il giorno dopo le elezioni lotterà per ammorbidire l’austerità e combattere contro evasori e oligarchi per far pagare la crisi della Grecia a chi finora non ha sborsato un centesimo di tasca sua.

Gli crederanno i suoi concittadini? Gli ultimi sondaggi che risalgono a inizio luglio, dicono di sì: Syriza viaggia oltre il 30% dei consensi, a un soffio dalla maggioranza assoluta, Nea Demokratia è seconda ma al 18%. Numeri figli del carisma del presidente del Consiglio, più forte in apparenza delle promesse elettorali tradite e di una strategia negoziale suicida che ha ripiombato Atene in recessione.

I suoi avversari viaggiano in ordine sparso. I dissidenti della Piattaforma di sinistra guidati da Panagiotis Lafazanis avranno pochissimo tempo per organizzarsi. Difficile si arrivi a una pace tra le due anime di Syriza. Anche perchè la Costituzione consente a Tsipras di scegliere i candidati in lista, tagliando così fuori - se vuole - tutta l’opposizione interna. La probabile scissione darà vita così a un nuovo soggetto politico che per alcuni sondaggi informali è attorno al 5%. Varoufakis e Konstantopoulou, i due più carismatici rivali del pemier, hanno pochi punti di contatto con Lafazanis e potrebbero decidere di corre- re in proprio.

Nel caos è anche l’opposizione, che non è stata in grado di mettere sul piatto un leader alternativo. Nea Demokratia, spaccata in un conflitto generazionale e di correnti, ha affidato il dopo-Samaras a un reggente -Evangelis Meimarakis- affabile ma di scarso appeal elettorale. Stesso discorso per il Pasok, ridotto a percentuali da prefisso telefonico e guidato da Fofi Gennimata, che non pare essere riuscita a invertire la tendenza al ribasso dei consensi. To Potami, il partito riformista di centro di Stavros Theodorakis, naviga in terza posizione nei sondaggi ma senza troppo sprint. Mentre Alba Dorata, senza contributi pubblici e con i leader sotto processo, non dovrebbe riuscire questa volta (sperano tutti) a guadagnare dai fallimenti altrui.

La somma di queste debolezze è il motivo per cui, malgrado tutto, Tsipras potrebbe riuscire a far saltare il banco nelle urne. Dando vita a quel punto a un governo molto più compatto in grado di far passare il memorandum nella speranza che la stabilità faccia ripartire l’economia. L’unico vero rischio è che l’opposizione - conscia di partire battuta - unisca le forze in un fronte pro-Europa riunito sotto un unico simbolo. Konstantinos Mitsotsakis, uno degli uomini forti di Nd, ha già buttato là l’idea. Che di sicuro non dispiace nemmeno alla Troika. Il problema è uno solo: la legge elettorale greca attribuisce il premio di maggioranza di 50 seggi al partito (e non alla coalizione) vincitore alle elezioni. Per ottenerlo, dunque, il centrodestra, Pasok e To Potami dovrebbero sciogliersi per dare vita a una nuova formazione con un suo statuto. Missione quasi impossibile se al voto si andrà il 20 settembre.

Il vero nodo è se la Grecia, alle prese pure con l’emergenza immigrati, sarà in grado di assorbire un mese di campagna elettorale. Il Pil, previsto al rialzo del 2,5% a inizio anno, viaggia ora verso un -2,3% nel 2015. E il rischio Grexit uscito dalla porta rischia di rientrare dalla finestra se dalle urne non uscirà un quadro chiaro.

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