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Teodoro Andreadis Synghellakis
Alexis Tsipras e gli altri
21 Agosto 2015
Articoli del 2015
Articoli di Teodoro Syngellakis e Angelo Mastrandrea sulla crisi di Syriza e le dimissioni di Tsipras. le divisioni sono il prezzo che tutte le sinistre sembrano dover pagare tutte peri loro ritardi storici.
Articoli di Teodoro Syngellakis e Angelo Mastrandrea sulla crisi di Syriza e le dimissioni di Tsipras. le divisioni sono il prezzo che tutte le sinistre sembrano dover pagare tutte peri loro ritardi storici.

Il manifesto, 21 agosto 2015


TSIPRAS LASCIA:
«PER UNA GRECIA PIÙ GIUSTA»
di Teodoro Syngellakis

Provaci ancora. Un’altra svolta, dopo il summit con ministri e Syriza. Dimissioni da premier e urne aperte il 20 settembre. La «transizione» a una donna magistrato. Sette mesi dopo il voto che lo ha portato al governo e a un mese dal referendum, il leader greco incassa i prestiti e chiede al paese di rinnovargli il mandato per governare

Ale­xis Tsi­pras ha voluto seguire con deci­sione la via che porta alle ele­zioni anti­ci­pate, il pros­simo 20 set­tem­bre. Alla riu­nione in cui si è deciso il ricorso anti­ci­pato alle urne hanno preso parte tutti i più stretti col­la­bo­ra­tori del pre­mier greco: il mini­stro alla pre­si­denza Nikos Pap­pàs, il capo­gruppo di Syriza alla camera, Nikos Filis, il mini­stro per il rias­setto pro­dut­tivo Panos Skourletis.

«Non si tratta dell’accordo che avremmo voluto, ma senza il soste­gno e la resi­stenza dimo­strata dal popolo greco, i cre­di­tori ci avreb­bero por­tato alla cata­strofe, o avreb­bero impo­sto total­mente la loro linea», ha sot­to­li­neato Tsi­pras, nel suo discorso di quat­tor­dici minuti, tra­smesso ieri sera dalla tele­vi­sione pub­blica Ert.

Secondo il lea­der greco, il paese sta ini­ziando ad uscire da una situa­zione molto dif­fi­cile, e «lot­terà per ridurre al minimo gli effetti nega­tivi del com­pro­messo, dirà no a tagli lineari, alle bar­ba­rie nella legi­sla­zione sul lavoro, com­piendo ogni sforzo per ricon­qui­stare pie­na­mente la pro­pria sovra­nità nazio­nale». Una forte stoc­cata è anche arri­vata all’indirizzo della mino­ranza interna del par­tito, che non ha soste­nuto, in par­la­mento, l’accordo con le isti­tu­zioni cre­di­trici: «Con il voto giu­di­che­rete anche chi vor­rebbe dei pre­stiti pas­sando alla dracma e, con incoe­renza, ha tra­sfor­mato un governo eletto pochi mesi fa, in una mino­ranza parlamentare».

Tsi­pras, infine, ha ricor­dato gran parte delle misure adot­tate in que­sti sette mesi di governo. Dalla ria­per­tura della tele­vi­sione pub­blica Ert, alla pos­si­bi­lità, per i cit­ta­dini, di sal­dare in cento rate men­sili i debiti verso lo stato, fino alla legge che dà la cit­ta­di­nanza greca ai figli degli immigrati.

Nel suo com­plesso, la stra­te­gia è chiara: gio­care l’effetto sor­presa, potersi gio­vare del vasto appog­gio popo­lare di cui con­ti­nua a godere Tsi­pras, rite­nuto da gran parte dei greci un poli­tico one­sto, che cerca di fare del suo meglio per uscire da una situa­zione al limite della dispe­ra­zione Una situa­zione in cui il paese si è venuto a tro­vare, prin­ci­pal­mente, per respon­sa­bi­lità del cen­tro­de­stra di Nuova Demo­cra­zia, ma anche dei socia­li­sti del Pasok, che si sono alter­nati al governo per quarant’anni. Ovvia­mente, la scelta di dimet­tersi per andare, così, ad ele­zioni anti­ci­pate, secondo molti osser­va­tori, è con­di­zio­nata anche dal altri due ele­menti : cer­care di ridurre la pos­si­bi­lità della mino­ranza interna di Syriza– della Piat­ta­forma di Sini­stra– di potersi orga­niz­zare in vista delle ele­zioni e cogliere di sor­presa, per quanto pos­si­bile, anche tutti i par­titi dell’opposizione.

Secondo quanto fil­tra dall’ambiente dell’ex mini­stro Pana­jo­tis Lafa­za­nis, la Piat­ta­forma di Sini­stra ha già avviato, comun­que, molti con­tatti per la for­ma­zione delle liste di un movi­mento auto­nomo, il quale dovrebbe avere come punto car­dine l’opposizione alle poli­ti­che di auste­rità e dei memo­ran­dum di intesa con i cre­di­tori. Biso­gnerà vedere, ovvia­mente, quali spazi poli­tici pos­sono venirsi a creare, nello spa­zio tra Syriza e il par­tito comu­ni­sta “orto­dosso” Kke, per una nuova for­ma­zione come questa.

Secondo quanto ripor­tano molti ana­li­sti greci, Ale­xis Tsi­pras avrebbe voluto andare ad ele­zioni anche il 13 set­tem­bre, ma, dopo una breve veri­fica, si è con­sta­tato che non ci sareb­bero stati i tempi tec­nici neces­sari. Lunedì dovrebbe giu­rare un governo pre­sie­duto, molto pro­ba­bil­mente, dalla pre­si­dente della Corte di Cas­sa­zione, che por­terà il paese alle urne, come pre­vede la costi­tu­zione greca. Va inol­tre ricor­dato un altro ele­mento di pri­ma­ria impor­tanza: in caso di ele­zioni legi­sla­tive anti­ci­pate, con­vo­cate entro diciotto mesi dall’ultima tor­nata elet­to­rale, i tre­cento depu­tati del par­la­mento greco non si eleg­gono con le pre­fe­renze, ma con delle liste pre­pa­rate dai par­titi. È chiaro, quindi, che i dis­si­denti che doves­sero deci­dere, al momento, di non uscire da Syriza, avreb­bero, comun­que, ben poche pos­si­bi­lità di venire rican­di­dati. Tutti gli espo­nenti vicini a Tsi­pras, nelle ultime ore hanno fatto sen­tire il loro soste­gno, riguardo alla neces­sità di andare nuo­va­mente alle urne. «Ci vuole una nuova legit­ti­ma­zione popo­lare», secondo il mini­stro dell’interno Nikos Vou­tsis, men­tre anche il respon­sa­bile del dica­stero per la rior­ga­niz­za­zione pro­dut­tiva, Skour­le­tis, ha ricor­dato che la fidu­cia popo­lare deve essere rin­no­vata, dal momento che «Syriza, in que­sta fase, è chia­mata ad attuare un pro­gramma per il quale non è stata eletta».

Quanto al fronte dell’opposizione, il cen­tro­de­stra di Nuova Demo­cra­zia ed i socia­li­sti del Pasok potreb­bero cer­care di indi­vi­duare alcuni punti pro­gram­ma­tici da su cui insi­stere di comune accordo, ma è stata esclusa a priori qua­lun­que forma di col­la­bo­ra­zione a livello di liste e can­di­dati, dal momento che, secondo quanto dispone la legge elet­to­rale greca, non potreb­bero, comun­que, gio­varsi del pre­mio di maggioranza.

Si torna alle urne, quindi, dopo la vit­to­ria di Syriza del 25 gen­naio scorso, con il 36,3% dei voti e 149 seggi. Dopo una trat­ta­tiva di quasi sette mesi, inter­rotta per­ché si potesse tenere il refe­ren­dum del 5 luglio scorso, quando il 61,3% dei greci ha chie­sto la fine delle poli­ti­che di auste­rità. Ora Tsi­pras chiede ai greci di rin­no­var­gli la fidu­cia, «per­ché i giorni migliori non li abbiamo ancora vissuti».

L’ALTRA SYRIZA: «UN NUOVO INIZIO»di Angelo Mastrandrea

Grecia. Lafazanis durissimo contro Tsipras. L’incognita Konstantopoulou e Varoufakis. Non ci sarà neppure un congresso. Da oggi gruppi separati, nascerà un «Fronte anti-Memorandum»

Il primo passo dei dis­si­denti sarà l’uscita dai ran­ghi di Syriza e la for­ma­zione di un auto­nomo gruppo par­la­men­tare. Paral­le­la­mente vedrà la luce, nei tempi rapidi indotti dal pre­ci­pi­tare della crisi di governo, quel fronte anti-Memorandum al quale ave­vano fatto appello, appena una set­ti­mana fa, dodici per­so­naggi di altret­tante orga­niz­za­zioni della sini­stra isti­tu­zio­nale ed extra­par­la­men­tare. Sarà il «nuovo ini­zio» del quale ha par­lato l’altro ieri il lea­der della Piat­ta­forma di sini­stra Pana­io­tis Lafa­za­nis, una forza poli­tica «di sini­stra e patriot­tica» che si rivol­gerà a tutto il popolo che ha votato «no» al refe­ren­dum. Le parole duris­sime dell’ex mini­stro dell’Energia hanno rap­pre­sen­tato forse la goc­cia che ha fatto tra­boc­care il vaso per Ale­xis Tsi­pras, indu­cen­dolo a rom­pere gli indugi e spiaz­zare tutti indi­cendo ele­zioni anti­ci­pate subito dopo aver rim­bor­sato 3,2 miliardi di euro alla Bce e aver rica­pi­ta­liz­zato le ban­che per dieci miliardi, met­tendo in sicu­rezza la Gre­cia. «Il governo ha vol­tato le spalle ai prin­cipi e alle lotte di migliaia di mem­bri e fun­zio­nari di Syriza, non­ché alle spe­ranze del mondo demo­cra­tico pro­gres­si­sta», aveva detto Lafazanis.

Una rot­tura che era nell’aria, che spacca tra­sver­sal­mente Syriza e pro­vo­cherà lace­ra­zioni umane forti e pro­blemi pra­tici di non poco conto, per un par­tito all’antica, com­po­sto di sezioni e mili­tanti, molto radi­cato nei quar­tieri così come nelle orga­niz­za­zioni sociali (basti pen­sare alle decine di ambu­la­tori e far­ma­cie autor­ga­niz­zate nate negli anni della crisi). Non è solo una forza poli­tica che va in crisi, ma un modello vin­cente sia sul piano interno che per le rie­mer­genti sini­stre euro­pee: una coa­li­zione «poli­fo­nica e con­trad­dit­to­ria» come ama­vano defi­nirla, capace in pochi anni di diven­tare il primo par­tito della Grecia.

A poco è ser­vito l’appello del novan­ta­duenne ex par­ti­giano Mano­lis Gle­zos, che pur cri­ti­cando radi­cal­mente le deci­sioni della diri­genza aveva invi­tato il par­tito a «rin­sa­vire» e discu­tere, con­vinto che un punto di media­zione si sarebbe tro­vato. Con chi si schie­rerà ora l’uomo che tirò giù la ban­diera nazi­sta dal Par­te­none? Cosa faranno la Pre­si­dente del Par­la­mento Zoe Kon­stan­to­pou­lou e l’ex mini­stro delle Finanze Yanis Varou­fa­kis, iper­cri­tici con il Memo­ran­dum fir­mato? Nomi pesanti che potreb­bero fare la dif­fe­renza, se schie­rati dall’una o dall’altra parte.

La deci­sione di Tsi­pras ha spaz­zato via pure i pon­tieri del par­tito, chi pen­sava fosse ancora rea­liz­za­bile la mis­sione impos­si­bile di man­te­nere unita la Coa­li­zione della sini­stra radi­cale. Ora sono chia­mati tutti a schie­rarsi o a tirarsi indie­tro, come ha annun­ciato ieri la depu­tata Maria Kanel­lo­pou­los, che non si rican­di­derà per­ché «non voglio par­te­ci­pare all’inevitabile guerra civile tra eser­citi di parte che si sca­te­nerà» e, dice, tor­nerà all’attivismo sociale. Le due Syriza si divi­de­ranno senza nep­pure con­fron­tarsi in un con­gresso: chie­sto da Tsi­pras all’indomani dell’Eurogruppo del 12 luglio (quello del «water­boa­ding men­tale»), è rima­sto stri­to­lato dal muro con­tro muro e dalla pro­ba­bile diser­zione della sini­stra interna. «Per­ché un’elezione indetta ad ago­sto, a tempo di record?» si chie­deva ieri il sito Iskra, house organ della mino­ranza, «la ragione è sem­plice e intui­tiva: il governo è pre­oc­cu­pato per le con­se­guenze del Memo­ran­dum, che si faranno sen­tire giorno dopo giorno. Ma c’è un altro motivo non tra­scu­ra­bile: sor­pren­dere la Piat­ta­forma di sini­stra, che non ha avuto il tempo di pre­pa­rarsi alle ele­zioni, e sba­raz­zarsi del no al referendum».

Chi non si dichiara sor­preso è l’inossidabile Kke: anche il segre­ta­rio del par­tito comu­ni­sta Kou­tsou­bias ha detto che un voto a così breve ter­mine serve per non far orga­niz­zare gli avver­sari, ma loro si dicono «pronti in qual­siasi momento». D’altronde sono stati tra i pochi a non andare in vacanza nep­pure un giorno: i suoi mili­tanti affi­liati al sin­da­cato Pame sono scesi in piazza sia nel giorno del voto del primo accordo, a luglio, che in quello di fer­ra­go­sto sul Memo­ran­dum.

Ma a pre­oc­cu­pare lo staff di Tsi­pras, e forse a spin­gerlo a for­zare i tempi, sono soprat­tutto i son­daggi: l’ormai ex pre­mier è ancora forte, ma i con­sensi sareb­bero un po’ in calo e l’applicazione delle
misure più dure del Memo­ran­dum rischie­rebbe solo di nuo­cer­gli. Da qui la deci­sione di gio­care d’anticipo e chie­dere ai greci un con­senso pieno.

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