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Paolo Garimberti
Galimberti:«Questa riforma non va»
2 Agosto 2015
Articoli del 2015
Alessandra Longo intervista Paolo Gerimberti, ex presidente della Rai, a proposito della riforma della maggiore struttura per la formazione dell'opinione pubblica italiana. «Questa riforma non va, è solo una brutta fiction e lascia la lottizzazione». Come prima, peggio di prima.
Alessandra Longo intervista Paolo Gerimberti, ex presidente della Rai, a proposito della riforma della maggiore struttura per la formazione dell'opinione pubblica italiana. «Questa riforma non va, è solo una brutta fiction e lascia la lottizzazione». Come prima, peggio di prima.

LaRepubblica, 2 agosto 2015

Paolo Garimberti, attualmente presidente del consiglio di sorveglianza di Euronews, è stato presidente della Rai dal 2009 al 2012. Tre anni che non ricorda come esaltanti: «Ho trascorso il mio tempo ad evitare guai all’azienda. Ricordo come un incubo le ore passate nei consigli di amministrazione, uno alla settimana...». Garimberti è stato ascoltato dalla Commissione di Vigilanza: «Mi hanno chiesto cosa ne pensavo di un amministratore delegato scelto dal governo, come prevede la riforma. Ho risposto che è una cosa insana». C’era anche Gasparri. Era gonfio come un tacchino dalla gioia. Lo capisco. Al posto suo sarei un pallone aerostatico ».

Garimberti, la Rai diventerà mai la Bbc?
«Solo il nostro provincialismo ne fa un mito. La Bbc è messa malissimo, tra scandali sugli stipendi gonfiati dei manager, un conduttore pedofilo, qualità scadente dei servizi, penso alla diretta sulle elezioni inglesi. La Rai sa fare molto meglio».

Come giudica il disegno di legge passato al Senato?
«La peggior fiction che la Rai abbia mai prodotto su se stessa. Prima le promesse roboanti, del tipo “Faremo la Bbc” (senza contare che, appunto, la Bbc è un mito in frantumi), e poi, come nel gioco dell’oca, questo approdo inquietante, un nuovo Cda fatto con la Gasparri! Una decisione sorprendente».

La governance Rai: si cade sempre lì.
«Sempre e ancora la stessa governance costruita per favorire l’impossessamento della Rai da parte della politica. Mi fa sorridere l’idea del futuro Cda. A riforma passata ci saranno sette consiglieri: due spettano alla Camera, due al Senato, due al governo, uno all’Associazione dipendenti Rai. Norme fatte apposta per continuare a lottizzare ».

Ci sarà un ad potentissimo.
«Sui poteri dell’ad sono d’accordo. Un sistema di comunicazione come la Rai deve essere guidato da una persona con poteri adeguati altrimenti si diventa preda di conflitti politici continui».

Però negli altri Paesi la scelta dell’amministratore delegato non spetta al governo.
«In Francia hanno capito che non si può. Prima il presidente della televisione francese era nominato dal presidente della Repubblica e veniva percepito come un suo uomo. Adesso il sistema è cambiato. C’è una commissione indipendente che esamina i candidati e sceglie».

Mi sembra chiaro che la riforma in Parlamento, così com’è, non le piace proprio.
«Hanno partorito un Topolino e non affrontano i temi veri. Il primo dei quali è il perimetro della Rai. Ha troppi canali: 13. Considerando che le risorse sono quelle che sono, ne basterebbero 5: due generalisti, uno di sport, uno di cultura, uno di informazione 24 ore su 24».

E c’è la questione del canone.

«Il canone è ridicolo, uno dei più bassi d’Europa.E’ impopolare perché viene vissuto come una tassa a favore della Rai e non come il corrispettivo per poter usare il televisore. Nessun governo italiano ha osato porre seriamente il tema».

Se ci fosse un progetto di respiro per il futuro della Rai forse ci sarebbero meno pole- miche su tutto, anche sul canone.

«Fare un buon servizio pubblico è un dovere morale. Ho sperato in una Rai nuova, autonoma e indipendente dalla politica, in una Rai che si renda conto che ormai il mondo è fatto dalla Rete e la Rai sulla Rete non c’è. Mi ritrovo invece con il nuovo Cda eletto con la Gasparri e con le solite logiche di sempre. Se questo è il rottamatore io sono Gengis Khan» Che ricordi ha dei suoi tre anni di presidenza?

«Ricordi di lunghissimi consigli di amministrazione, uno alla settimana. Ore e ore a discutere di una singola fiction, per esempio il Barbarossa che voleva la Lega... La Rai è e sarà sempre paralizzata nel processo decisionale ».

Nonostante tutto, la Rai è pur sempre la più grande azienda culturale del Paese.

«Lo era sicuramente anni fa. Oggi purtroppo non è più così. Non ci si può nascondere dietro gli ascolti di Sanremo. La Rai oggi è un’azienda senz’anima, senza identità».

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