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Judith Butler e Paola Rudan
Ma Syriza è l’unica soluzione
15 Luglio 2015
Articoli del 2015
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Tra ipotesi di rimpasto e di elezioni anticipate, le strade in salita di Alexis Tsipras.

Una nuova con­sul­ta­zione elet­to­rale a novem­bre - in con­co­mi­tanza con quella spa­gnola - potrebbe dimo­strarsi una via d’uscita rea­li­stica ed effi­cace, per rispon­dere, uniti, a chi con­ti­nua a difen­dere e ad imporre solo l’Europa dei mercati». Il manifesto, 15 luglio 2015

Nes­sun tipo di accordo, sug­ge­rito o meglio impo­sto, può riu­scire a far pre­va­lere, in Gre­cia, un ritorno a solu­zioni di tipo tec­nico, o peg­gio ancora, a mag­gio­ranze boc­ciate dagli elet­tori. È altret­tanto chiaro che in que­sto momento una parta con­si­stente di Syriza non ritiene che le con­di­zioni impo­ste dai cre­di­tori deb­bano essere con­si­de­rate com­pa­ti­bili con quanto pro­messo in cam­pa­gna elet­to­rale agli elet­tori, con il pro­gramma pre­sen­tato a Salo­nicco dieci mesi fa. L’esecutivo gui­dato da Ale­xis Tsi­pras dovrà quindi pren­dere a breve impor­tanti deci­sioni: un rim­pa­sto è rite­nuto più che pro­ba­bile ed il por­ta­voce di Syriza in par­la­mento, Nikos Filis, ha già chie­sto le dimis­sioni dei depu­tati che hanno espresso la loro con­tra­rietà, nella vota­zione di venerdì scorso, sul pac­chetto di pro­po­ste con cui la Gre­cia si è pre­sen­tata a Bruxelles.

Il governo di sini­stra greco si tro­vava già sotto pres­sione. Aveva con­sta­tato l’assoluta irre­mo­vi­bi­lità di Ber­lino e dei suoi «paesi satel­liti» e ha prin­ci­pal­mente mirato ad evi­tare la trap­pola del Gre­xit tesa da tempo e resa evi­den­tis­sima da Schau­ble dome­nica a Bru­xel­les. Nes­suno può pre­ve­dere con cer­tezza che strada deci­derà di seguire il qua­ran­tu­nenne lea­der geco.

Chi cono­sce Ale­xis Tsi­pras, tut­ta­via, può pre­sup­porre che non si lascerà logo­rare, come desi­de­re­reb­bero, invece, i suoi avver­sari poli­tici, esterni ed interni. «Pro­metto che lot­te­remo con­tro i poteri costi­tuiti e gli oli­gar­chi, che ci sarà un equa distri­bu­zione dei sacri­fici», ha dichia­rato subito dopo la riu­nione fiume del Con­si­glio Euro­peo. Le strade rea­li­sti­ca­mente per­cor­ri­bili, almeno al momento, sono due: la prima, è pro­vare a ricom­pat­tare la mag­gio­ranza, chie­dendo ai par­la­men­tari che, pur ragio­ne­vol­mente hanno espresso il loro dis­senso, di rispet­tare il codice etico del par­tito e quindi di dimet­tersi. In que­sto caso il governo dovrebbe valu­tare le reali pos­si­bi­lità — per quanto limi­tate — di met­tere in atto, in tempi rela­ti­va­mente brevi, alcune misure a soste­gno dell’economia. Capire quanti degli ottanta e passa miliardi pro­messi dall’Europa potranno arri­vare real­mente ai cit­ta­dini greci, per con­tro­bi­lan­ciare la reces­sione che andranno a creare gli aumenti dell’Iva, del con­tri­buto sani­ta­rio sulle pen­sioni e una serie di pri­va­tiz­za­zioni che potrebbe creare ulte­riore disoc­cu­pa­zione. Se Tsi­pras, tut­ta­via, nei pros­simi giorni dovesse con­sta­tare che la pro­se­cu­zione di una effi­cace e coe­rente azione di governo è pres­so­ché impos­si­bile, la via obbli­gata sarebbe quella del ricorso ad ele­zioni anticipate.

Il mini­stro del lavoro Panos Skour­le­tis ha già fatto rife­ri­menti alla pos­si­bi­lità che si vada alle urne entro l’anno. E a quel punto, mal­grado le pres­sioni, la situa­zione di forte man­canza di liqui­dità in cui è stata spinta la Gre­cia e la logica del «pen­siero unico» come rispo­sta alla crisi, Syriza si ricon­fer­me­rebbe primo par­tito del paese. Tutti sanno, infatti, che il cen­tro­de­stra è privo di un lea­der (Sama­ràs, tra l’altro si è appena dimesso) che il Pasok è al suo minimo sto­rico — intorno al 3,5% — e che il nuovo par­tito cen­tri­sta To Potami (il Fiume), oltre a non supe­rare il 6% nelle inten­zioni di voto, è rite­nuto molto vicino ai gruppi impren­di­to­riali greci che hanno osta­co­lato in ogni modo l’ascesa di Syriza. Ale­xis Tsi­pras è riu­scito a com­pren­dere la pro­fonda richie­sta di cam­bia­mento che pro­ve­niva dalla società greca, ed ha cer­cato, in ogni modo, di ridare dignità alla poli­tica. Ger­ma­nia, Olanda, Fin­lan­dia, repub­bli­che Bal­ti­che hanno impo­sto misure e sacri­fici mai richie­sti a nes­sun altro paese. Mal­grado ciò la Coa­li­zione della Sini­stra Radi­cale elle­nica rimane l’unica forza poli­tica in grado di for­nire una rispo­sta con­vin­cente a chi chiede che la Gre­cia non diventi il paese del lavo­rio senza diritti e della pro­du­zione sot­to­pa­gata a van­tag­gio del Nord Europa. La patria, cioè, del neo­li­be­ri­smo sel­vag­gio. Una nuova con­sul­ta­zione elet­to­rale a novem­bre — in con­co­mi­tanza con quella spa­gnola — potrebbe dimo­strarsi una via d’uscita rea­li­stica ed effi­cace, per rispon­dere, uniti, a chi con­ti­nua a difen­dere e ad imporre solo l’Europa dei mercati.

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