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Fausto Bertinotti
Atene è sola, la solidarietà non basta
3 Luglio 2015
Articoli del 2015
«L’Europa reale, che pre­ten­deva di aver espulso da sé la poli­tica se la vede improv­vi­sa­mente parare davanti con la vit­to­ria elet­to­rale di Syriza e la nascita di un governo che pre­tende di tenere fede al man­dato rice­vuto dagli elet­tori, come se que­sto car­dine della demo­cra­zia rap­pre­sen­ta­tiva non fosse ormai abro­gato in tutti i paesi euro­pei ove, con il voto, si può sce­gliere il governo, ma non le sue poli­ti­che».

Il manifesto, 2 luglio 2015 (m.p.r.)

Per Atene pas­sano vie che con­du­cono ai grandi e irri­solti pro­blemi che la crisi delle società, nelle quali viviamo, ci pon­gono quo­ti­dia­na­mente di fronte. Una di que­ste inve­ste più diret­ta­mente chi pensa che una con­di­zione neces­sa­ria per poterli affron­tare sia quella di con­tra­stare e scon­fig­gere le poli­ti­che di auste­rità e quella di met­tere in discus­sione l’assetto oli­gar­chico dell’Europa.

La Gre­cia ci ha pro­vato, ma l’ordine che regna nell’Europa reale pare essersi impo­sto. Il mani­fe­sto con­sen­tirà il riuso di un suo titolo famoso “Atene è sola”. Qui sta il dramma delle forze del cam­bia­mento in Europa. Le mani­fe­sta­zioni di soli­da­rietà sono neces­sa­rie ed apprez­za­bili, ma non cam­biano il quadro.

La con­tesa è stata tra il governo greco, da un lato, ed il governo dell’Europa reale, dall’altro, senza che in que­sta fosse ope­rato o si aprisse un con­flitto forte ed esteso con­tro le sua poli­ti­che. Il fatto che a Tsi­pras e ai suoi non si possa rim­pro­ve­rare alcun­ché aggrava la que­stione. Il governo greco ha pro­vato a rea­liz­zare un’impresa pres­so­ché impos­si­bile. La sua con­dotta è stata tanto effi­cace da averci per­sino indotti, in qual­che pas­sag­gio cru­ciale, a cre­dere (con­tro l’analisi di cosa sia mate­rial­mente quest’Europa) che ce l’avrebbe fatta. Que­sto qual­cosa è così pre­zioso per il futuro di tutti, anche ora che il ten­ta­tivo è stato scon­fitto, da dover con­ti­nuare a riflet­tere su di esso.

L’Europa reale, che pre­ten­deva di aver espulso da sé, in nome dell’ineluttabilità delle sue scelte stra­te­gi­che, la poli­tica, come auto­noma capa­cità di scelta, se la vede improv­vi­sa­mente parare davanti con la vit­to­ria elet­to­rale di Syriza e la nascita di un governo che pre­tende di tenere fede al man­dato rice­vuto dagli elet­tori, come se que­sto car­dine della demo­cra­zia rap­pre­sen­ta­tiva non fosse ormai abro­gato in tutti i paesi euro­pei ove, con il voto, si può sce­gliere il governo, ma non le sue poli­ti­che, giac­ché que­ste sono pre­de­ter­mi­nate dal sistema eco­no­mico in costru­zione. Per­ché il governo greco può ten­tare l’impossibile? Per­ché si fonda su un’esperienza poli­tica straor­di­na­ria. Syriza assume pie­na­mente il con­flitto tra il basso e l’alto della società, orga­nizza mutua­lità, coo­pe­ra­zione sociale, pro­muove una par­te­ci­pa­zione demo­cra­tica nell’organizzazione del par­tito, sta­bi­li­sce un rap­porto di scam­bio per­ma­nete con i movi­menti di lotta, e vede emer­gere, al suo interno, un lea­der e una lea­der­ship che inter­pre­tano poli­ti­ca­mente il biso­gno di una rot­tura radi­cale con tutto il passato.

Syriza si da un pro­gramma di governo alter­na­tivo alla poli­ti­che di auste­rità e che ha le sue fon­da­menta nel sod­di­sfa­ci­mento dei biso­gni prio­ri­tari della popo­la­zione greca. Per­ciò può ten­tare l’impossibile. Ma un’iniezione di demo­cra­zia nella costi­tu­zione mate­riale di que­sta Europa è incom­pa­ti­bile con essa stessa quanto l’uscita dalle poli­ti­che di auste­rità (che sono mici­diali poli­ti­che di destrut­tu­ra­zione e di desog­get­ti­va­zione del lavoro).

L’iniziativa greca ha sospeso la Troika, ma la con­tro­parte rap­pre­sen­tante del governo euro­peo che l’ha sosti­tuito, ha rive­lato che la vit­to­ria del fun­zio­na­li­smo sulla demo­cra­zia rap­pre­sen­ta­tiva si è già rea­liz­zato in Europa. Todos cabal­le­ros. I governi e i gover­nati devono appar­te­nere alla spe­cie del pen­siero unico e ten­den­ziale diven­tare parti di un governo unico, sovran­na­zio­nale ed arti­co­lato, ma nella sostanza uni­ta­rio. Ai governi nazio­nali è richie­sto di essere pro­con­soli del governo cen­trale, governo costi­tuito sal­da­mente dalla Com­mis­sione euro­pea, dalla Banca cen­trale euro­pea e dal Fondo mone­ta­rio inter­na­zio­nale. Lo scan­dalo cau­sato dal governo greco è con­si­stito nel far vivere, in que­sto ordine oli­gar­chico, il man­dato rice­vuto dal suo popolo. Lo scan­dalo ha denu­dato il re ma la debo­lezza dei sud­diti (noi euro­pei) lo ha lasciato sul trono.

All’emersione della poli­tica come pos­si­bi­lità di scelta pro­vo­cata dal governo di Tsi­pras, quest’Europa ha rispo­sto con la poli­tica della con­ser­va­zione del potere. Poteva per­ciò con­tare poco che la Gre­cia fosse una parte così pic­cola dell’Europa da essere inin­fluente sui suoi destini eco­no­mici. Così come poteva con­tare ancora meno che il suo debito potesse essere age­vol­mente ristrut­tu­rato. Quel che andava dimo­strato è che nes­suno può dero­gare alla Regola: non già quella del debito (altri­menti fles­si­bile) bensì quella della com­pa­ti­bi­lità richie­sta tra le poli­ti­che di un qual­siasi governo euro­peo e l’ordine eco­no­mico pro­mosso dal nuovo capi­ta­li­smo, ordine adot­tato e garan­tito dal governo reale di quest’Europa. Non si era mai vista una trat­ta­tiva così squi­li­brata nei rap­porti di forza come quella tra il governo greco e quello euro­peo. Solo una mobi­li­ta­zione dei popoli euro­pei, o meglio un’accumulazione di forze ed espe­rienze, di lotte sociali nei diversi paesi euro­pei, avrebbe potuto col­mare lo squi­li­brio. Non c’era e non c’è stata. Al con­tra­rio qual­cosa di molto pesante è avve­nuto nelle forze di governo.

Non vor­rei che quel che è acca­duto sem­brasse scon­tato. Non vor­rei che il giu­di­zio seve­ra­mente nega­tivo che molti di noi hanno su di essi, oscu­rasse il pas­sag­gio sto­rico che è avve­nuto in que­sta vicenda. Certo, non si può dire, per senso delle pro­por­zioni, che la prima social­de­mo­cra­zia, muore sui cre­diti di guerra e l’ultima muore sce­gliendo di stare dalla parte dei paesi cre­di­tori. Ma che la Troika non abbia tro­vato un solo governo a con­tra­starla e nep­pure a dif­fe­ren­ziarsi da essa è un’enormità. La social­de­mo­cra­zia tede­sca, i socia­li­sti fran­cesi, il par­tito di Renzi, e più in gene­rale i cen­tro­si­ni­stra hanno por­tato a ter­mine, con i pro­pri governi, la pro­pria defi­ni­tiva muta­zione gene­tica. Con essa è morta in Europa ogni ipo­tesi social­de­mo­cra­tica e sono usciti defi­ni­ti­va­mente di scena, nella ver­go­gna, tutti i vari centrosinistra.

La soli­tu­dine di Atene tocca anche noi. Tocca anche tutto il campo, varie­gato e diviso, delle forze cri­ti­che. Non è que­sta la sede per un ragio­na­mento sulla sini­stra di alter­na­tiva in Europa e sui movi­menti, ma quel che non può sfug­gire è però la con­sta­ta­zione dram­ma­tica di un’impotenza. Per rile­varla, basti solo il con­fronto con una pre­ce­dente vicenda che pure ha riguar­dato il for­marsi della costi­tu­zione mate­riale euro­pea, quello della diret­tiva Bol­ke­stein. Allora si riflet­teva cri­ti­ca­mente sul livello di ini­zia­tive e di mobi­li­ta­zione in atto; eppure esse furono incom­pa­ra­bil­mente supe­riori a quelle d’oggi e furono capaci di influire sul vit­to­rioso refe­ren­dum fran­cese con­tro il Trattato.

Atene sola” ci dovrebbe costrin­gere a riflet­tere cri­ti­ca­mente, corag­gio­sa­mente e in un campo largo di forze che oggi ancora non sono attive ma che potreb­bero esserlo domani, sul nostro destino. Il rischio è che il con­flitto in essere tra l’alto e il basso della società diventi, nei diversi paesi la con­tesa esclu­siva tra il campo del governo e il campo delle oppo­si­zioni popu­li­ste, dei popu­li­smi. Ma anche in que­sto caso, molti ci inse­gnano che le pro­pen­sioni popu­li­ste pos­sono dar vita a sog­get­ti­vità sociali e poli­ti­che radi­cal­mente diverse tra loro. Se qual­cosa Syriza con­ti­nua a dirci, anche con l’appello al voto del suo popolo è che nel con­flitto tra l’alto e il basso della società, una forza di cam­bia­mento nasce e vive, oggi, solo sce­gliendo di stare radi­cal­mente su quest’ultimo ver­sante e solo se lo sa agire sul suo ter­reno di scon­tro che è quello del pro­prio paese ma ormai ine­so­ra­bil­mente anche dell’Europa intera.

Il luogo di voca­zione della rina­scita di un’alternativa, come ci inse­gna Syriza ma anche Pode­mos e come ci testi­mo­niano tutti i movi­menti di nuova gene­ra­zione, è diven­tata la piazza, una piazza che, a inten­dersi, si può anche chia­mare rivolta. Soste­nere le ragioni del “NO” di Syriza al refe­ren­dum di dome­nica pros­sima è sacro­santo, ma per stare dav­vero dalla parte di Syriza, in Europa, non basta la solidarietà.

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