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Alex Zanotelli
Ha unito il grido della terra a quello dei poveri
19 Giugno 2015
Invertire la rotta
«Le comunità cristiane per essere comunità alternative al Sistema dominante devono vivere nelle loro scelte quotidiane le dimensioni della giustizia sociale e ambientale. Purtroppo è proprio quello che manca alle nostre comunità cristiane: la capacità di legare fede e vita.».

«Le comunità cristiane per essere comunità alternative al Sistema dominante devono vivere nelle loro scelte quotidiane le dimensioni della giustizia sociale e ambientale. Purtroppo è proprio quello che manca alle nostre comunità cristiane: la capacità di legare fede e vita.». Il Fatto Quotidiano, 19 giugno 2015 (m.p.r.)

Finalmente, la prima enciclica totalmente dedicata al problema dell’ambiente e della grave crisi ecologica che minaccia il pianeta Terra e gli impoveriti. Ne avevamo bisogno a livello mondiale e nazionale, ma soprattutto ecclesiale, dove la difesa della nostra casa comune non è ancora percepita come impegno etico. E questo grazie a Francesco che si ispira a san Francesco d’Assisi, un appassionato dei poveri e del creato. In lui, scrive lo stesso papa, si riscontra fino a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura e per la giustizia verso i poveri. È questo l’aspetto più originale dell’enciclica: Francesco ha voluto unire il “grido dei poveri” al “grido della terra”. Lo afferma lui stesso: «Ma oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri».

È questo duplice grido che oggi interpella i cristiani e «ogni persona che abita questo pianeta», cioè i destinatari dell’enciclica. «Fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra, che ‘geme e soffre le doglie del parto’». Francesco offre una devastante descrizione di quanto sia malato il Pianeta: «Se la tendenza attuale continua questo secolo potrebbe essere testimone di cambiamenti climatici inauditi e di una distruzione senza precedenti degli ecosistemi, con gravi conseguenze per tutti noi». Gli scienziati dell’Onu per i cambiamenti climatici (Ipcc), nel novembre 2014, a Copenaghen, hanno dichiarato in maniera perentoria I) che il riscaldamento globale esiste ed è causato dall’uomo, II) che gli effetti sono già visibili, come lo scioglimento dei ghiacciai ed eventi molto estremi, e III) che il peggio deve ancora arrivare perché le emissioni globali, invece che diminuire, sono aumentate.
Gli scienziati dell’Ipcc (tutti scelti dai governi!) affermano che, se il Sistema continuerà a utilizzare petrolio e carbone al ritmo attuale, a fine secolo avremo fra i 3,5 e i 5,4 gradi in più. Gli esperti ci ricordano che già 2 gradi in più costituiscono un dramma per il nostro Pianeta. Questo dramma sarà pagato da tutti, ma soprattutto dagli impoveriti. Lo afferma lo stesso Francesco: «Gli impatti più pesanti probabilmente ricadranno nei prossimi decenni sui ‘paesi in via di sviluppo’. Molti poveri vivono in luoghi particolarmente colpiti da fenomeni connessi al riscaldamento, e i loro mezzi di sostentamento dipendono fortemente dalle riserve naturali e dai cosiddetti servizi dell’ecosistema, come l’agricoltura, la pesca e le risorse forestali. […] I più poveri si vedono obbligati a migrare, con grande incertezza sul futuro della loro vita e dei loro figli».
È un grido immenso quello dei rifugiati climatici, conseguenza diretta del surriscaldamento del Pianeta a opera dell’egoismo umano. Il fatto è che il 20% della popolazione mondiale consuma da sola il 90% dei beni prodotti, a una velocità incredibile (Francesco la chiama “rapidacón“): «Un 20% della popolazione mondiale consuma risorse in misura tale da rubare alle nazioni povere e alle future generazioni ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere». Questo sistema permette che i 92 uomini più ricchi al mondo possiedano più dei tre miliardi di esseri umani più poveri. Questo in barba a un miliardo di persone che fanno la fame e ai tanti milioni che muoiono di fame ogni anno. Tanti di questi impoveriti si trovano nel Sud-est asiatico e soprattutto in Africa, luoghi dove si sentiranno di più le conseguenze dei cambiamenti climatici.
Se l’attuale consumo di idrocarburi continuasse così fino alla fine del secolo, l’Africa potrebbe avere un incremento di temperatura di 7 gradi. Tre quarti dell’Africa potrebbero essere non abitabili verso la fine del secolo. Dove andranno i milioni di rifugiati climatici? L’Onu parla già di 250 milioni di rifugiati climatici. Una tragedia a cui stiamo già assistendo, con centinaia di migliaia di profughi africani che tentano di attraversare il deserto e poi il Mediterraneo per arrivare fino a noi. Molti di questi sono “profughi climatici”, anche se l’Onu non li riconosce come tali. […] Francesco viene a dirci che non ci può essere una giustizia sociale senza una giustizia ambientale. Ritengo fondamentale che Francesco abbia riportato l’attenzione delle comunità cristiane sull’ecologia integrale, cioè sulla giustizia sociale legata alla giustizia ambientale.
Le comunità cristiane per essere comunità alternative al Sistema dominante devono vivere nelle loro scelte quotidiane le dimensioni della giustizia sociale e ambientale. Purtroppo è proprio quello che manca alle nostre comunità cristiane: la capacità di legare fede e vita. È come se la fede avesse a che fare con il culto in Chiesa e la vita quotidiana seguisse i dettami di un Sistema che ci sta portando alla morte. È questa schizofrenia tra fede e vita che papa Francesco vuole contrastare in Laudato si’. E lo fa per le comunità cristiane specialmente nel VI capitolo: “Educazione e spiritualità ecologica”. Su questo ci giochiamo tutto, e la nostra stessa fede. Noi proclamiamo che Dio è il Dio della vita e vita in abbondanza, come dice il Vangelo di Giovanni.
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