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Conchita Sannino
Cantone e controcantone
3 Giugno 2015
Articoli del 2015
Un intervento a gamba tesa del magistrato anticorruzione e l'intervento critico di un intellettuale che difende la divisione dei poteri. Come dargli torto?
Un intervento a gamba tesa del magistrato anticorruzione e l'intervento critico di un intellettuale che difende la divisione dei poteri. Come dargli torto?

La Repubblica e Huffington Post, 3 giugno 2013


La Repubblica
Cantone: “Rosy ha sbagliato
ora il governatore entra in carica
e solo dopo verrà sospeso

di Conchita Sannino


«Ora che le elezioni regionali sono alle spalle, si può dire: con il caso Campania siamo finiti in un’impasse giuridica inedita, che sarà anche molto stimolante e interessante sciogliere, a patto di non lasciarsi tirare per la giacca da nessun timore di strumentalizzazioni. Il mio parere? Non do per scontata l’interpretazione secondo cui De Luca debba essere sospeso subito dopo la proclamazione».

Raffaele Cantone spezza il silenzio “politico” che, da magistrato e da presidente dell’Anticorruzione aveva opposto durante la lunga, avvelenata campagna delle regionali che ha infiammato i rapporti politici sull’asse Napoli-Roma. Parla anche dei trasformisti, della querela del governatore campano contro la Bindi e di quel “grave passo falso” commesso dalla presidente della commissione Antimafia.

Presidente Cantone, autorevoli giuristi sostengono che De Luca non dovrebbe avere il tempo di nominare la sua giunta, ma essere sospeso un minuto dopo la proclamazione.«Penso che la questione sia controversa. Esiste secondo me, anche un’altra interpretazione. Gli articoli 7 e 8 del decreto che chiamiamo legge Severino prevedono infatti la decadenza o la sospensione. E quest’ultima interviene nei casi in cui l’amministratore abbia subito una condanna che però non è passata in giudicato, proprio come per De Luca, condannato in primo grado per abuso d’ufficio. In altri termini: se si sospendesse subito, senza consentire ai consiglieri eletti di insediarsi e al consiglio di funzionare anche in rapporto alla giunta, bisognerebbe dichiarare lo scioglimento del consiglio per impossibilità di funzionamento. E la sospensione prevista dalla Severino, che ha una funzione di natura cautelare e un carattere provvisorio, diventerebbe di fatto, una decadenza».

Eppure, la recente sentenza della Cassazione ha stabilito che la sospensione è un “atto vincolato” e che, in presenza di presupposti, non esiste valutazione di discrezionalità.
«Certo, è così. Ma la domanda è: quando si verificano i presupposti? Si radicano nel momento in cui c’è la sola nomina, oppure quando l’amministratore, in questo caso il governatore della Regione, ha assunto regolarmente quelle funzioni dalle quali deve essere momentaneamente allontanato?» Cantone, diranno che lei ha una tesi pro Renzi e De Luca?

«So bene che il dramma di questa storia è che una vicenda squisitamente tecnico-giuridica sarà letta con una chiave di politica o di strumentalizzazione. Ma sono letture che non mi toccano. Credo invece che il presidente del Consiglio debba fare appello a tutto il meglio dell’avvocatura dello Stato e dei giuristi italiani. Senza pressioni o timore alcuno, perché la soluzione che si trova oggi farà giurisprudenza».

Ma il Pd poteva evitare di cacciarsi in questo vicolo cieco?

«È un rompicapo senza precedenti. Ribadisco: anche affascinante, per chi ama le potenzialità del diritto. È ovvio che sarebbe stato meglio evitarsi una tale complicazione, ma questa valutazione non spetta a me».

De Luca dice: dovrà risolvere il Parlamento. In realtà pensa al governo.
«Un decreto legge non avrebbe senso. E per le eventuali modifiche in Parlamento c’è bisogno di tempi e di soluzioni certo meditate. Come Autorità anticorruzione, proprio il 10 giugno, vareremo una proposta ampia sulla Severino da affidare al Parlamento, per alcuni danni e problemi che la Severino crea su altri versanti, su cui non c’entra De Luca. Perché quella normativa è sacrosanta, è indispensabile e deve rimanere. Ma un miglioramento certo va pensato».

Intanto, l’era De Luca comincia con la querela alla Bindi. Cosa pensa della black list dell’Antimafia?
«Mi faccia fare una premessa. Credo che l’onorevole Bindi, nonostante non avesse una specifica esperienza, stesse facendo benissimo il suo lavoro, con quella capacità di impadronirsi degli argomenti e della complessità dei nodi che è propria dei politici di alto livello: una volta gliel’ho anche riconosciuto alla presenza del premier. Ma questa vicenda degli impresentabili è stato, per me, un grave passo falso, un errore istituzionale».

Perché snatura la funzione dell’Antimafia?
«Per vari motivi. Primo: è rischiosa e fuorviante la logica di “istituzionalizzare” gli impresentabili, i quali per loro stessa natura possono essere candidabili, eleggibili, non indagati eppure non idonei a entrare nella pubblica amministrazione, ad esempio per spregiudicato trasformismo; oppure perché è più grave che un politico si accompagni costantemente a persone dell’area grigia o a pregiudicati, rispetto al fatto di essere rinviato a giudizio per un abuso qualunque. Secondo: in questo modo, si rischia di produrre un’eterogenesi dei fini; cioè, di dare il bollino blu a tantissimi che, non vedendosi inseriti in quella lista, si sentono pienamente legittimati. E infine, perché questo porta la commissione antimafia e la sua fondamentale, indiscutibile direi sacra funzione, a fare e a parlare di altro. La commissione deve studiare, cogliere nessi, indagare fenomeni».

Se l’aspettava che De Luca l’avrebbe querelata?
«Sì, lo aveva detto. Anzi, da cittadino mi augurerei che come governatore De Luca sarà puntuale e preciso con tutte le altre promesse così come lo è stato nel depositare la denuncia».

La Repubblica, “Huffington post"

Dopo quella intervista su De Luca
le dimissioni di Cantonesarebbero dovute

di Alfonso Gianni

Mentre Vincenzo De Luca, trionfatore delle regionali campane con i voti determinanti del Centro democratico di Vassella Pisacane e dell’ Udc dell’intramontabile e in rottamabile Ciriaco De Mita, querela la Bindi per il semplice esercizio delle proprie istituzionali funzioni, Raffaele Cantone, Presidente nazionale anticorruzione (!?!), non trova di meglio che rilasciare un’ampia intervista a repubblica in cui se la prende con la Bindi e con la Corte Costituzionale. Eppure si tratta di una persona di cui si era fatto il nome persino per la carica di Presidente della Repubblica. E tutto ciò almeno ci consola dal punto di vista dello scampato pericolo.

Che si possa criticare la legge Severino è non solo lecito, ma per ciò che riguarda alcuni aspetti anche comprensibile, come quelli che concernono differenze di trattamento fra vari livelli istituzionali a fronte di processi giudiziari in corso. Ma bisognerebbe averlo fatto prima. Ora, fin tanto che quella è legge, non può non essere applicata. De Luca l’ha voluta sfidare. Il suo partito si è messo al suo servizio, infilandosi in cul de sac da cui è difficile uscire. D’altro canto questa è stata una scelta cosciente di Renzi. Una regione in più val bene l’aggiramento di una legge e la tacitazione di ogni sensibilità etica. Il giovane è spregiudicato.

Ma che il Presidente nazionale anticorruzione corresse in aiuto all’uomo forte della Campania, questa, almeno, speravamo di potercela risparmiare. E ci va giù duro.

La Bindi, secondo Cantone, avrebbe “istituzionalizzato” gli impresentabili. Cosa voglia dire non si capisce neppure, ma tant’è: si tratta di un’accusa destinata a fare effetto. In secondo luogo avrebbe dato il “bollino blu” a tutti quelli che non rientrano nella lista degli impresentabili. Qui siamo di fronte al capovolgimento radicale di ogni logica. Secondo Cantone qualunque iniziativa tesa ad avvertire l’elettorato che sono stati inseriti nelle liste persone che non hanno requisiti a termine di legge per poterci stare o per potere svolgere le funzioni che deriverebbero dalla loro eventuale elezione, sarebbe campagna elettorale per tutti gli altri. Ma allora, caro Cantone, se le cose stessero davvero così, aboliamola questa commissione antimafia. Sarebbe più dignitoso per tutti. Oppure releghiamola per norma a un ruolo marginale, come lei stesso dice nella intervista: “la commissione deve studiare, cogliere nessi, indagare fenomeni” , ma evidentemente non interferire mai con la politica attiva. In quest’ultima , come è noto, non ci sono nessi o fenomeni da indagare.

Per Cantone non conta neppure la sentenza della Corte Costituzionale che ha recentemente stabilito che la sospensione dalla carica è “un atto vincolato” non sottoponibile a valutazioni di discrezionalità. Cantone la butta sui tempi. Quando il governatore dovrebbe essere allontanato? Al momento della nomina o dopo l’insediamento della Giunta?

Che siamo di fronte a cavilli utilizzati all’unico scopo di sostenere la continuità dell’esercizio del potere da parte di De Luca, risulta poi chiaro in chiusura di intervista, quando Cantone si lancia in un intemerato augurio: “da cittadino mi augurerei che come governatore De Luca sarà puntuale e preciso con tutte le altre promesse come lo è stato nel depositare la denuncia”. Il riferimento alla querela di De Luca nei confronti della Bindi è esplicito.

Se lei la pensa così, caro Cantone, sarebbe assai meglio che tornasse ad essere un semplice cittadino e che abbandonasse nel più breve tempo possibile quella carica di Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione. Non mi pare materia per lei.


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