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Alfonso Gianni
Come se il voto greco non esistesse
17 Febbraio 2015
Articoli del 2015
Prosegue la difficile battaglia perché vinca chi vuole un'Europa per le persone e la speranza e non chi ha costruito un'Europa per le banche e la miseria dei più. Il David greco non é solo.

Il manifesto, 17 febbraio 2015

Dopo gli incon­tri della scorsa set­ti­mana fra Ue e governo greco, si era sparso un certo otti­mi­smo e ali­men­tata la spe­ranza di un «pro­fumo d’accordo». C’era anche stato chi aveva pen­sato che la riu­nione di ieri all’Eurogruppo sarebbe risul­tata già deci­siva per siglare un’intesa. Al con­tra­rio, pare pro­prio che quel pro­fumo sia rapi­da­mente sva­po­rato. D’altro canto la riu­nione era comin­ciata con le peg­giori pre­messe pre­an­nun­ciando una pesante e dram­ma­tica rot­tura della trattativa.

Il mini­stro della finanze tede­sco Wol­fgang Schau­ble ha bat­tuto con insi­stenza sui tasti dello scet­ti­ci­smo e della intran­si­genza, giun­gendo a qua­li­fi­care il governo greco come «un ese­cu­tivo irre­spon­sa­bile» per­ché rima­sto fermo sulle sue posi­zioni. Non c’è da stu­pirsi. Si tratta solo di una delle tante varianti dello spi­rito a-democratico che anima le éli­tes euro­pee, in par­ti­co­lare quelle tede­sche. Schau­ble aveva già dichia­rato che per lui le ele­zioni gre­che era come se non esi­stes­sero. E oggi riba­di­sce che è irre­spon­sa­bile il governo greco che vuole coe­ren­te­mente appli­care il man­dato elet­to­rale e non accet­tare i dik­tat della Troika.

Dun­que nulla di fatto. Anzi un arre­tra­mento. La Troika che pareva uscita dalla porta, rien­tra dalla fine­stra. Il docu­mento pre­sen­tato al governo greco riba­di­sce infatti che il pro­gramma della Troika resta e andrebbe esteso per sei mesi.

Il governo greco dovrebbe rinun­ciare a qua­lun­que tipo di azione uni­la­te­rale. In altre parole dovrebbe rinun­ciare a gover­nare, se non sotto det­ta­tura. Infatti il docu­mento espli­cita che sono neces­sa­rie intese con i part­ners euro­pei e inter­na­zio­nali per assu­mere ini­zia­tive in par­ti­co­lare sul tema della poli­tica fiscale, delle pri­va­tiz­za­zioni, del mer­cato del lavoro, del set­tore finan­zia­rio, delle pen­sioni. L’analogia con i temi citati dalla fami­ge­rata let­tera della Bce al governo Ber­lu­sconi dei primi di ago­sto del 2011 è molto forte, a dimo­stra­zione per­sino della scarsa fan­ta­sia della buro­cra­zia di Bruxelles.

Infine il docu­mento Ue pre­cisa che ogni age­vo­la­zione finan­zia­ria da parte della Bce e degli altri organi euro­pei avverrà solo a fronte dell' esten­sione di sei mesi del pro­gramma della Troika, che dovranno essere usati per la rica­pi­ta­liz­za­zione delle ban­che e saranno con­cesse sulla base di deci­sioni delle isti­tu­zioni euro­pee e dello stesso Eurogruppo.

Come si vede una pro­po­sta cape­stro che il governo greco ha giu­sta­mente respinto con grande riso­lu­tezza, giu­di­can­dola «assurda e inaccettabile». Il ten­ta­tivo di media­zione avan­zato per conto della Fran­cia dal mini­stro delle Finanze Michel Sapin è andato, per ora, a sbat­tere con­tro il muro della intran­si­genza tedesca.

Tut­ta­via non è l’ultima riu­nione. Altre ce ne saranno. Si tratta di capire se l’irrigidimento tede­sco fa parte di una pura tat­tica o è una posi­zione ina­mo­vi­bile, legata magari anche ai recen­tis­simi insuc­cessi elet­to­rali della Mer­kel ad Amburgo, una scon­fitta sto­rica per la can­cel­liera. Ma molto può fare la mobi­li­ta­zione inter­na­zio­nale comin­ciata con le mani­fe­sta­zioni di san Valentino.

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