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Sandro Roggio
Servitù militari, la Sardegna si ribelli ai nuovi conquistatori
24 Settembre 2014
Sardegna
«Ma attenzione al decreto “Sblocca-Italia”, approvato dal governo Renzi: incombe per racimolare briciole di Pil. La ragion di Stato che potrebbe esigere altri umilianti signorsì dalla Regione Autonoma, contrastando gravemente con le attese locali».

La Nuova Sardegna, 24 settembre 2014

Basi militari in Sardegna. Gli incidenti sono almeno serviti a risvegliare e coalizzare le antipatie verso questa anormale occupazione di terre, oltre 200 kmq, il 60% del totale nel Paese. Buona occasione per fare finalmente caso all' accumulo di controsensi nell'uso del territorio sardo, non solo a Capo Frasca, Quirra, Teulada.

Capisco la ritrosia a guardarla tutta insieme la Sardegna, credo per l' imbarazzante fardello di domande connesse: rivolte a chi ha avuto il torto di decidere tante invasioni/trasformazioni insensate, e ai delusi che hanno sempre applaudito. Dai signorsì, in tanti anni di Autonomia, è venuto uno sviluppo improbabile, e a seguire la disperazione che vediamo. È questa accondiscendenza che ha reso l'isola brutta e insicura, compromessa in più parti: disgraziatamente per sempre, perché dalle bonifiche non c'è da aspettarsi la palingenesi.

Cliccando sulle mappe online è facile farsene un'idea. Nella realtà è diverso, la bassa densità di popolazione allontana dalla vista i guasti, con i quali ci siamo abituati a convivere. Con poca voglia di impedire il “logorio profondo e irrimediabile” – di cui ha scritto Salvatore Mannuzzu in un saggio del 1998, pensando ai luoghi e alle comunità della Sardegna.

Impressiona il prolungato s'afferra-afferra. Senza intralci, perché chi ha preso dall'isola – senza restituire nulla – ha sempre contato su complicità locali; e chi si è opposto, tra i politici, non ha avuto vita facile.

Un'aggressione cominciata nell'Ottocento, quando tre quarti del patrimonio boschivo sono diventati carburante per produrre energia in Continente. E proseguita nell'ultimo mezzo secolo: con le regalie di vaste aree a imprenditori inaffidabili, sovvenzionati con libertà d'inquinarle – nel Sulcis e nel golfo dell'Asinara i casi più eclatanti della disfatta industriale – e oggi 450mila ettari di territorio sono avvelenati. E con il ciclo edilizio, specialmente in danno di litorali sfigurati e sottratti all'uso pubblico (la Sardegna “innocente” è ai primi posti nelle graduatoria dell'abusivismo, dopo Campania e Sicilia che però hanno il quadruplo degli abitanti).

Negli ultimi anni vanno e vengono le minacce da progetti di energia “verde”, e a volte si realizzano in assenza di valutazioni sul fabbisogno locale. Nello sfondo il deserto: travolgente se gli incendi continueranno a farci compagnia ogni estate e lo spopolamento cancellerà indispensabili presidi per gli usi agropastorali.

Ha stravinto il “partito del sì a tutto” – per accelerare il metabolismo dell'isola, ci ripetono da decenni. Tornaconti veri pochissimi. Neppure quelli più plausibili – penso alla disfatta del sistema trasporti che ci assicuravano prestante, bastava accondiscendere, approvare tutto senza condizioni.
Ripensare il modello di sviluppo, si dice. Dopo la manifestazione “no basi”, gli organi di informazione che stanno sostenendo la vertenza potrebbero intanto aiutare l'opinione pubblica a considerare tutte le forme di occupazione di terre inutilmente devastate. La vocazione agricola/turistica, continuamente evocata, non ammette remissività ai business di usi aberranti, allo strapotere di speculatori dell'energia o dell'edilizia scambiati per benefattori.

Per questo occorrono la visione lungimirante, di cui ha parlato il presidente Pigliaru, e adeguati atti di governo per tutelare il territorio senza distrazioni. Un esempio. Se le trivelle non strazieranno le campagne di Arborea è grazie alle manifestazioni di dissenso. Ma non sappiamo come sarebbe andata la valutazione d'impatto (SAVI) senza la lungimiranza del Piano paesaggistico. È infatti il contrasto con il Ppr – tempestivamente rilevato dal Servizio regionale per la tutela paesaggistica di Oristano – che sottrae quelle terre ai disegni della Saras. Ma attenzione al decreto “Sblocca-Italia”, approvato dal governo Renzi: incombe per racimolare briciole di Pil. La ragion di Stato che potrebbe esigere altri umilianti signorsì dalla Regione Autonoma, contrastando gravemente con le attese locali.

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