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Judith Butler e Paola Rudan
Il lungo sacco della Conca d’Oro
17 Luglio 2014
Altre città
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« La "paradisiaca» campagna attorno a Palermo, ricoperta di agrumeti, teatro da decenni di speculazioni edilizie e terra di conquista delle mafie senza alcun contrasto, è ancora priva di tutele. Mentre nuovi interessi preparano un altro assalto cementizio». Il manifeso, 17 luglio 2014

Meno di quarant’anni fa, Fer­nand Brau­del, in un suo sag­gio sulle terre del Medi­ter­ra­neo, riser­vava l’attributo che è pro­prio di un pae­sag­gio per­fetto esclu­si­va­mente alla cam­pa­gna attorno a Palermo: la Conca d’oro, rico­perta di alberi di limone e man­da­rino, era «para­di­siaca». Ma già da vent’anni era arri­vato l’inferno. Tra il 1965 e il 1970 ogni anno ave­vano cam­biato uso oltre 200 ettari – 3000 nei due decenni – e da terre di leg­gen­da­ria fer­ti­lità erano diven­tate una brutta peri­fe­ria di cemento e di asfalto. Fu «il sacco di Palermo». Mafia, poli­tica e affari ave­vano assunto un unico volto: quello di Lima e Cian­ci­mino, con la com­pli­cità della Chiesa e dell’aristocrazia pro­prie­ta­ria, nel silen­zio della bor­ghe­sia e degli intel­let­tuali con la sola ecce­zione del gior­nale L’Ora.
In que­gli anni si rag­giun­ge­ranno, scri­verà la Com­mis­sione Anti­ma­fia, «ver­tici sco­no­sciuti nell’inosservanza delle leggi» e gli orti e i frut­teti che costi­tui­vano il pre­va­lente uso del suolo, espri­mendo al meglio i carat­teri di uti­lità e bel­lezza che sono pro­pri delle pia­nure costiere medi­ter­ra­nee fer­tili e irri­gue, si ritro­va­rono ai mar­gini della piana, faz­zo­letti pro­fu­mati e colo­rati tra i palazzi della spe­cu­la­zione. Solo qual­che ampio agru­meto resi­steva ancora inte­gro: nella bor­gata di Cia­culli la mafia li aveva riser­vati per sé, futuro bot­tino men­tre pro­ce­deva all’assalto del cen­tro sto­rico. Il con­sumo di suolo, negli anni che segui­rono, si atte­nuò appena, scese a 70 ettari tra il 1990 e il 2000 e quindi arrivò a 40. Il sacco di Palermo sem­brava però non avere fine: prima il Quar­tiere Zen, monumento all’autocompiacimento degli studi di archi­tet­tura, poi le 314 vil­lette arram­pi­cate sulla «col­lina della ver­go­gna», quindi l’abusivismo irre­fre­na­bile (60.000 richie­ste di con­dono) e cen­tri com­mer­ciali su oltre cento ettari. L’ultimo di que­sti, aggiun­gendo la beffa al danno, fu bat­tez­zato «Conca d’oro».
Non servì nean­che un buon piano rego­la­tore. Quello di Cer­vel­lati, redatto nel 1994 ma defi­ni­ti­va­mente appro­vato nel 2002, riser­vava grande atten­zione al verde agri­colo: l’agrumeto di Cia­culli – il più vasto e inte­gro della città – ben­ché pri­vato, veniva vin­co­lato come bene di inte­resse pub­blico. In que­gli anni un pro­getto finan­ziato dalla Ue, che mirava alla crea­zione di un parco agri­colo periur­bano, regalò alla città il pre­mio di “città soste­ni­bile”, agli agri­col­tori l’acqua per irri­gare a metà prezzo e con­ti­nuare così a col­ti­vare con pro­fitto gli agru­meti sto­rici, agli abi­tanti e ai turi­sti il pia­cere di pas­seg­giare tra le zagare e i frutti degli agrumi. Durò poco, appena un anno: la poli­tica locale non lo con­si­derò prio­ri­ta­rio e la Regione si limitò, nell’approvazione del Prg, a con­si­de­rare i giar­dini (così i sici­liani chia­mano i loro frut­teti) di Cia­culli nor­male zona di verde agri­colo. Si apriva la strada alle varianti: quella dei cen­tri com­mer­ciali, delle coo­pe­ra­tive edili e dei piani inte­grati men­tre nuove con­ces­sioni occu­pa­vano le aree ancora dispo­ni­bili del piano regolatore.
Nel 2012, repu­tando neces­sa­rio avviare la revi­sione del piano Cer­vel­lati, la giunta della nuova ammi­ni­stra­zione Orlando votò le diret­tive gene­rali per la for­ma­zione del nuovo Prg: abu­si­vi­smo e varianti ave­vano mutato lo stato dei luo­ghi e biso­gnava sod­di­sfare gli stan­dard urba­ni­stici. Come se non bastasse, la pre­ce­dente ammi­ni­stra­zione — di cen­tro­de­stra — si era eser­ci­tata in un imma­gi­ni­fico piano stra­te­gico che, nel nome della «valo­riz­za­zione delle risorse eco­lo­gi­che e ambien­tali», pre­ve­deva cen­tri dire­zio­nali, nuovi mer­cati gene­rali, una tan­gen­ziale che riu­niva le due auto­strade verso Tra­pani o Mes­sina, un “water front” che riqua­li­fi­cava i por­tic­cioli della costa. Il con­sumo di suolo era pronto a ripren­dere nuova lena. Porti turi­stici nelle bor­gate di pesca­tori, nuovo cemento sugli agru­meti e una tan­gen­ziale da incubo: alle pen­dici delle mon­ta­gne che chiu­dono la Conca, 18,5 chi­lo­me­tri con 6 svin­coli, un via­dotto di mille metri e cin­que gal­le­rie per com­ples­sivi 9 km, con grandi rischi di dis­se­sto idro­geo­lo­gico in un ter­ri­to­rio già com­pro­messo e un costo pre­vi­sto di 800 milioni di euro che la stessa Anas, che ha redatto lo stu­dio pre­li­mi­nare, defi­ni­sce ai limiti della soste­ni­bi­lità. Facile imma­gi­nare – è la lezione del sacco – cosa suc­ce­de­rebbe dei resi­dui ettari di verde al di qua della tan­gen­ziale pede­mon­tana.
Le diret­tive del nuovo Prg del 2012 par­lano di assenza di armo­nia tra il vec­chio Prg e il piano stra­te­gico, che più volte viene dichia­rato supe­rato, ma mai for­mal­mente respinto. La sua pre­senza tra gli alle­gati alle diret­tive ali­menta anzi una con­ti­nua pole­mica tra chi non si accon­tenta di gene­rici impe­gni ma vor­rebbe atti chiari: un no deciso alla tan­gen­ziale e uno stral­cio nel vec­chio Prg, annun­ciato ma mai arri­vato, delle zone verdi esi­stenti per evi­tare nuove urba­niz­za­zioni, come quelle in variante del cimi­tero da rea­liz­zare pro­prio a Cia­culli o dei nuovi mer­cati gene­rali nel quar­tiere di Bona­gia su un’area di oltre 20 ettari, che con­fina con il nin­feo barocco della set­te­cen­te­sca Villa Tra­bia di Cam­po­fio­rito. Un clima di sospetto per­mane tra l’amministrazione e la gran parte delle asso­cia­zioni di cit­ta­dini, che invo­cano quel pro­cesso di urba­ni­stica par­te­ci­pata annun­ciato, ma mai decol­lato per reci­pro­che dif­fi­denze.
In attesa che si isti­tui­sca l’ufficio del nuovo piano o, come si è anche ipo­tiz­zato, si pro­ceda ade­guando il vec­chio con defi­niti piani par­ti­co­la­reg­giati, il futuro urba­ni­stico di Palermo rimane incerto, tra noti­zie allar­manti: un nuovo cen­tro com­mer­ciale, un mega acqua­rio, l’idea mai abban­do­nata di un cen­tro dire­zio­nale.
A chi teme un nuovo assalto cemen­ti­zio non può bastare che si scriva che deve con­te­nersi il con­sumo di suolo. Ser­vono poli­ti­che con­crete e non ade­sioni a slo­gan. Potrebbe bastare dare seguito a due deli­bere di giunta. Una riguarda i 235 ettari della Favo­rita, parco ibrido tra aree natu­rali, giar­dini sto­rici e pae­saggi agrari tra­di­zio­nali, per il quale è neces­sa­rio arri­vare a un piano di gestione; e non bastano popu­li­stici pro­clami di chiu­sura al traf­fico di strade oggi irri­nun­cia­bili per col­le­gare la fre­quen­ta­tis­sima bor­gata bal­neare di Mon­dello. L’altra riguarda quel 25% della super­fi­cie com­ples­siva della Conca d’oro ancora non coperto dal cemento e per la cui sal­va­guar­dia si deve pun­tare ad una difesa attiva degli spazi verdi che pro­muova l’attività agri­cola, incen­ti­vando vec­chi e nuovi pro­dut­tori e, con­si­de­rando l’ inte­resse pub­blico, sostenga gli inte­ressi ambien­tali, sociali, cul­tu­rali e non sia affi­data solo alla legge del mer­cato per quanto inte­res­sato a tipi­cità e qua­lità. Se così non fosse, se non si riu­scisse a soste­nere la pre­senza degli agri­col­tori, all’abbandono dei giar­dini, come avviene in misura ogni giorno cre­scente, segui­rebbe l’invasione dei rovi e degli ailanti, la morte degli alberi da frutto, gli incendi, le disca­ri­che, l’abusivismo e poi, chissà, nuovi palazzi.
Non si tratta di affer­mare una visione nostal­gica che guarda a un glo­rioso pas­sato agri­colo ma ope­rare – e, essendo stato asses­sore all’ambiente fino allo scorso aprile, penso che ce ne siano tutte le pre­messe poli­ti­che – per la nascita di un sistema agri­colo locale, urbano e periur­bano, cen­trato sul rac­cordo (a km zero) tra pro­du­zione e con­sumo, sul rico­no­sciuto ruolo poli­fun­zio­nale dell’agricoltura non solo pro­dut­trice di ali­menti, ma anche depo­si­ta­ria di valori e di stili di vita, capace di gestire in modo equi­li­brato le risorse natu­rali e ambien­tali e di tute­lare e sal­va­guar­dare un pae­sag­gio agra­rio tra i più illu­stri.

Per giun­gere a que­sto, gra­zie alla spinta di un comi­tato civico costi­tuito da più di set­tanta enti e asso­cia­zioni, veniva fir­mato un pro­to­collo d’intesa con la Regione che avrebbe dovuto por­tare ad un piano di inve­sti­mento inte­grato per uti­liz­zare le risorse della pro­gram­ma­zione comu­ni­ta­ria 2014–2020. Con la Favo­rita (tra i più grandi par­chi urbani nel mondo, ricco di sto­ria e natura), con la rina­scita dell’agricoltura della Conca d’oro, insieme al recu­pero dei giar­dini di cul­tura isla­mica del Genoard, con i tanti giar­dini sto­rici che per­cor­rono la sto­ria del pae­sag­gio medi­ter­ra­neo, con una diversa atten­zione a un sistema verde mul­ti­fun­zio­nale di ecce­zio­nale valore, vale la pena di ripro­porre la domanda che Guido Pio­vene si pose in un suo viag­gio in Sici­lia del 1957: «Come sarà Palermo tra una cin­quan­tina d’anni? Forse nes­suna città ita­liana costringe a que­sta domanda con tanta nettezza».
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