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Giorgio Nebbia
Il Ministero dell'Ambiente nell'Antica Roma
12 Luglio 2014
Giorgio Nebbia
Dopo aver avuto occasione di parlare più volte dell'attuale stato dell'ambiente in Italia...>>>

Dopo aver avuto occasione di parlare più volte dell'attuale stato dell'ambiente in Italia...>>>
Dopo aver avuto occasione di parlare più volte dell'attuale stato dell'ambiente in Italia, non sarà male riportare un documento, finora inedito: la relazione sullo stato dell'ambiente resa nota dal Ministro dell'ambiente greco-romano di 2000 anni fa.

E' uno scherzo, naturalmente, perché in epoca greco-romana, duemila anni fa, non c'era un ministro dell'ambiente, anche se c'erano gravi problemi di erosione del suolo, di sfruttamento delle risorse naturali e drammatiche condizioni di vita urbana, di inquinamento e di lavoro. Non è vero che i problemi di inquinamento e di distruzione dell'ambiente sono cominciati con la rivoluzione industriale del 1800; da allora certamente sono stati messi in moto mezzi di distruzione molto più potenti, è aumentata la popolazione, sono state fatte innovazioni tecniche con effetti devastanti sulla natura. Ma lo spirito di sfruttamento della natura a fini economici ha radici ben più antiche e non è male andare a cercarle, anche per capire dove si deve agire, soprattutto sul piano della informazione e della cultura, per cercare di rallentare la discesa verso catastrofi ecologiche sempre più gravi.

La nostra immaginaria relazione sullo stato dell'ambiente si può ricostruire utilizzando i risultati di alcune ricerche che, fortunatamente, si stanno moltiplicando: un crescente numero di storici si e' messo a scavare nei testi e nelle testimonianze del passato per cercare gli aspetti ecologici. Fra le molte opere vorrei citare due recenti libri: il primo e' stato scritto da un professore dell'Università di Bari, Paolo Fedeli: La natura violata: ecologia e mondo romano (Editore Sellerio, Palermo); l'altro è stato scritto da un professore dell'Università tedesca di Bochum, Karl-Wilhelm Weeber, ed è intitolato: Smog sull'Attica: i problemi ecologici nell'antichità (Garzanti, Milano).

La nostra relazione sullo stato dell'ambiente comincia con la vita urbana: erano Atene e Roma città belle e felici? neanche per sogno. Intanto una rigorosa minoranza aveva case decenti, fino a lussuose ville nel verde, nel caso di Roma. Ma la maggioranza della popolazione a Roma abitava in palazzoni di proprietà dei grandi speculatori --- fra cui spiccava il ricchissimo e spietato Crasso --- che lasciavano i loro inquilini in condizioni igieniche indescrivibili, in edifici male illuminati e male ventilati, affacciati su strade strette a maleodoranti. Escrementi rifiuti solidi e liquami, gli scarti delle macellerie e dei negozi, finivano nella strada e le fogne, che pure a Roma erano state costruite fin dai tempi cosiddetti "dei re", scaricavano il loro fetido liquame nel Tevere. La città di Roma aveva un soddisfacente sistema di acquedotti che portavano, in molti casi, l'acqua nelle abitazioni; le tubazioni dell'acqua erano fatte di piombo, un metallo tossico che lentamente si scioglieva e veniva assorbito con l'acqua potabile dalla popolazione. C'è una lunga controversia sul possibile declino dell'impero romano per colpa di una diffusa intossicazione da piombo; e' difficile dare una risposta certa, ma non c'e' dubbio che la popolazione dell'antichità era esposta a varie forme di intossicazione. Metalli tossici erano presenti nelle pitture con cui venivano adornate le case dei ricchi ed erano presenti nei cosmetici e belletti di cui si ornavano le donne.
Una delle più ricche fonti di informazioni sulla vita urbana e' costituita dalla Storia naturale di Plinio; una grande enciclopedia scritta duemila anni fa con preziose notizie sui prodotti della natura --- minerali, vegetali e animali --- sui prodotti di commercio e sulle loro falsificazioni e frodi. (Di recente ne è stata pubblicata da Einaudi una nuova bella traduzione in italiano moderno, con testo a fronte, in sei volumi). Avidi bottegai disonesti sofisticavano il pane, il vino, le spezie, il miele e i metalli preziosi, spesso provocando intossicazioni collettive simili a quelle che talvolta conosciamo anche noi. Un capitolo della nostra immaginaria relazione sullo stato dell'ambiente si occupa del traffico urbano che non aveva, naturalmente, a che fare con le automobili, ma che si svolgeva in strade strette, percorse dai carri e dai cavalli dei ricchi o dei mercanti che sfrecciavano nelle strette strade; oggi le strade sono ingombre di macchine in sosta; allora lo erano di banchi di mercanti, di pecore, di una folla che sfuggiva come poteva alle case anguste per riversarsi all'aria aperta, per far la corte ai ricchi e ai politicanti in cerca di voti.

Atene e Roma si trovano in zone con climi dolci e gradevoli, ma l'inverno era - allora come oggi - freddo e molte case dovevano ricorrere a sistemi di riscaldamento. Se i nostri impianti di riscaldamento a gasolio o metano immettono nell'atmosfera ossidi di azoto, ossidi di zolfo, polveri, eccetera, le stufe e i camini greci e romani bruciavano legna che immetteva nell'aria molti agenti inquinanti, soprattutto polveri e anche sostanze tossiche e cancerogene, respirate dagli abitanti nelle case e che ricadevano sulla popolazione all'esterno e sulle strade. Se la Roma e la Atene di oggi sono afflitte da problemi di rumore, ancora peggio era, duemila anni fa, il rumore di giorno e di notte, dal rotolio delle ruote dei carri agli schiamazzi notturni.

Molte cose le conosciamo perche' ci sono pervenuti editti e leggi per cercare di arginare il rumore, di rendere piu' sane le abitazioni, di mettere ordine nel traffico. Se stavano male gli esseri umani, altrettanto male stavano gli animali, considerati "cose", oggetto di commercio (ma non si fa forse commercio internazionale, spesso clandestino, anche oggi di animali esotici ?). Soprattutto gli animali esotici o quelle che erano considerate "bestie feroci", venivano sfoggiati (ma non lo fanno alcuni ancora oggi ?) come oggetti di lusso. A Roma i giochi del circo, buoni per tenere tranquilla la gente e per raccogliere voti, avevano le loro attrazioni centrali nella lotta fra uomini e animali, fino alle carneficine in cui, per la delizia della plebe, venivano offerti alle "fiere" intere popolazioni di dissidenti e sovversivi, come i cristiani. La caccia, quando non serviva a procurarsi del cibo, era un sadico esercizio: e non c'era un WWF che ne denunciasse gli orrori. Il capitolo successivo della nostra relazione sullo stato dell'ambiente tratta le attività industriali: non è stata inventata nel 1700 l'industria, in quanto complesso di attività capaci di trasformare le risorse della natura in merci e oggetti.

I due libri, di Fedeli e Weeber, che ho prima ricordato consentono di ricostruire bene il quadro delle attività manifatturiere: le principali riguardavano l'estrazione dei minerali metallici dalle miniere. Qui ci aiutano anche molte testimonianze archeologiche: le antiche miniere di argento di Laurion, nell'Attica, si visitano ancora oggi e mostrano come fosse avanzata la tecnica mineraria, così come mostrano come fosse durissimo il lavoro di estrazione del minerale.

I greci estraevano oro a Taso, un'isola dell'Egeo; i romani estraevano oro e argento in Spagna (nel secondo secolo dopo Cristo solo a Nuova Cartagine erano impiegati 40 mila minatori), zolfo in Sicilia, minerale di ferro nell'isola d'Elba, trasformato in ferro sulla terraferma. Dettagli tecnici si trovano nella "Storia naturale" di Plinio, già ricordata: Plinio si accorge che le attività minerarie sono una forma di violenza contro la natura, ma non può sottrarsi dall'ammirazione per il potere dell'uomo nel dominio della natura. Il quale uomo, addetto alle attività minerarie e metallurgiche, viveva e lavorava in condizioni indescrivibili; in generale queste scomodissime attività erano svolte da prigionieri di guerra e schiavi e la minaccia di essere inviati "ad metalla", al lavoro nelle miniere, terrorizzava. Tanto più che i minatori soffocavano e venivano sfibrati dalla fatica e dalle malattie dentro le miniere; fuori erano esposti a polveri e inquinamento associati alle operazioni di trasformazione dei minerali nei metalli, nei materiali e nelle merci economiche. Allora, come oggi, il motore della violenza contro gli esseri umani e contro la natura era rappresentato dalla avidità di potere e di denaro; anche se oggi chi esercita tale avidità la maschera dietro uno, spesso ipocrita, grande amore per l'ecologia.

Vorrei finire questa immaginaria relazione sullo stato dell'ambiente nell'antichità, notando che finalmente si comincia a diffondere una attenzione per i danni che vengono arrecati non solo alla nostra generazione, ma anche alle generazioni future. La stessa definizione di "sviluppo sostenibile" richiede azioni che consentano lo sviluppo della nostra generazione senza togliere risorse ambientali e condizioni di uguale sviluppo per le generazioni future. Oggi è facile riconoscere le azioni dannose che avranno effetti sul lontano futuro; la continua immissione di anidride carbonica nell'atmosfera consente alla nostra generazione di avere sempre più energia (il cui sottoprodotto è appunto l'anidride carbonica) con l'effetto di modificare il clima e la temperatura della Terra in cui vivranno miliardi di persone nel 2050 o nel 2100.

Lo stesso vale per la distruzione dell'ozono: le future generazioni saranno esposte a più intense radiazioni ultraviolette nocive perché noi usiamo i clorofluorocarburi per i nostri "economici" frigoriferi o per fare comode imbottiture di plastica espansa per cuscini e materassi. Il caso più vistoso è quello delle scorie radioattive, il sottoprodotto della produzione nucleare di elettricità: intere generazioni future dovranno fare la guardia ai depositi di tali scorie, anche quando le centrali saranno state chiuse da decenni. Non c'è peraltro dubbio che le terre esposte oggi all'erosione sono il risultato del diboscamento praticato in Europa duemila anni fa da milioni di nostri antenati che hanno ricavato senza fatica legname e terre coltivabili a spese delle foreste del tempo.

Anche loro hanno praticato uno sviluppo "insostenibile" che ha portato al loro stesso declino e a danni grandissimi alla nostra lontana generazione. Queste considerazioni dovrebbero farci pensare al futuro con una nuova mentalità: la crisi ecologica ha le sue radici nella crescente avidità di ciascuna generazione --- o di una minoranza di ciascuna generazione --- con effetti dannosi per chi verrà dopo. Se veramente, come dichiariamo in tanti e come dichiarano i nostri governanti e gli uffici ecologici delle Nazioni Unite, ci sta a cuore il destino delle generazioni future dobbiamo cominciare a cambiare le nostre regole economiche, i nostri comportamenti, i nostri stili di vita individuali e collettivi. Se le avessero fatto le classi dominanti del tempo greco-romano forse noi avremmo, oggi, meno frane e alluvioni.­

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