loader
menu
© 2024 Eddyburg
Maurizio Pagliassotti
Torino città aperta
11 Maggio 2014
Articoli del 2014
Il corteo pacifico dei No Tav ha sconfitto la paura e conquistato la città: la cronaca di Maurizio Pagliassotti e il commento di Marco Revelli.

Il manifesto, 11 maggio 2014


TRENTAMILA SENZA PAURA
di Maurizio Pagliassotti

Pro­ba­bil­mente quello di ieri pome­rig­gio è stato il cor­teo Notav più mas­sic­cio di sem­pre, per dare un’idea i par­te­ci­panti sono stati almeno il dop­pio rispetto la recente mani­fe­sta­zione per il primo mag­gio. Torino ha dimo­strato il suo soste­gno morale e poli­tico nei con­fronti dei quat­tro mili­tanti incar­ce­rati, lo ha fatto senza paura, nono­stante un clima di inti­mi­da­zione molto pesante che ha accom­pa­gnato i dimo­stranti, non meno di tren­ta­mila per­sone, lungo tutto il per­corso. Alle due del pome­rig­gio, ora­rio di con­cen­tra­mento in piazza Adriano la città appare deserta, avvolta in un col­tre di paura data dalla sce­no­gra­fia da action movie, che pre­vede uno spie­ga­mento di forze dell’ordine buono per i check point dell’Iraq ma non per la civile mani­fe­sta­zione annun­ciata. Così, cir­con­dati da un accam­pa­mento mili­tare ambu­lante, i Notav hanno ini­ziato il loro cam­mino verso Piazza Castello, il cuore di Torino. Ser­rande abbas­sate, silen­zio spet­trale, vec­chine affac­ciate dai bal­coni con facce scon­volte dalla paura ma incu­rio­site, ogni incro­cio pre­si­diato da cara­bi­nieri e poli­zia in assetto anti som­mossa. Scudi alzati, caschi e manganelli.

Alle tre del pome­rig­gio la gior­nata per i Notav appare com­pli­cata per­ché Torino, meda­glio d’oro per la Resi­stenza, si mostra nella sua fac­cia più gelida e indif­fe­rente. Appa­ren­te­mente il cor­teo non sem­bra nem­meno troppo cor­poso ma, cam­min facendo, la folla si ingrossa fino a diven­tare un fiume. La sfi­lata dei Notav davanti alla Sta­zione di Porta Susa, blin­da­tis­sima oltre ogni buon senso, dura un’ora. Apre come al solito la banda della Val Susa e alcuni rap­pre­sen­tanti delle isti­tu­zioni locali; poi un fiume umano com­patto, che va dai gio­va­nis­simi agli anzia­nis­simi di ogni estra­zione sociale. Ci sono accenti che testi­mo­niano pro­ve­nienze varie: romani, mila­nesi, veneti, napo­le­tani. Ma soprat­tutto si è aggiunta una massa inat­tesa di tori­nesi. Un popolo che ha come unica riven­di­ca­zione il diritto al dis­senso senza che que­sto debba essere tra­sfor­mato, come sta acca­dendo nel caso dei quat­tro gio­vani incar­ce­rati, nell’accusa di «atten­tato con fina­lità ter­ro­ri­sti­che». E, per tutto il pome­rig­gio, ad essere in secondo piamo è pro­prio il Tav, il can­tiere, lo spreco di denaro, la ‘ndran­gheta, gli appalti. L’unico pen­siero dei mani­fe­stanti è rivolto alla libertà di dis­senso messa sotto attacco.

Il fiume umano supera la sta­zione di Porta Susa e l’annessa caserma volante espo­sta in bella evi­denza, e imbocca via Cer­naia, la via dello shop­ping tori­nese. Qui si mani­fe­sta la chiave di volta di tutto il pome­rig­gio, per­ché i tori­nesi ter­ro­riz­zati dai mezzi di comu­ni­ca­zione sull’arrivo delle orde bar­ba­ri­che si ren­dono conto che peri­colo non c’è, e quindi la vita riprende nor­mal­mente. Negozi aperti, ser­rande rial­zate, signore e signori a spasso che né soli­da­riz­zano, né si ter­ro­riz­zano. Sem­pli­ce­mente vedono una mani­fe­sta­zione sì mas­sic­cia, ma nor­male. E fatta sor­pren­den­te­mente da per­sone nor­mali, nem­meno un ter­ro­ri­sta. Una mani­fe­sta­zione come tante altre che in que­sti anni hanno costel­lato la vita del movimento.

Lo stri­scione por­tato dai ragazzi dei cen­tro sociali di Torino recita: «Siamo tutti col­pe­voli di resi­stere. Libertà per i Notav». Un con­cetto ripreso da Nico­letta Dosio, tra le fon­da­trici del movi­mento oltre venti anni fa che dice: «Siamo qua per riven­di­care il diritto al dis­senso, alle libertà demo­cra­ti­che sono messe in crisi da un atteg­gia­mento per­se­cu­to­rio verso chi prova a disco­starsi dal pen­siero unico. Oggi la nostra paura va ben al di là della costru­zione del Tav, per­ché ci ren­diamo conto che qual­siasi forma di diver­sità di pen­siero potrebbe rice­vere lo stesso trat­ta­mento riser­vato ai quat­tro ragazzi accu­sati di terrorismo».

Pre­sente anche il magi­strato Livio Pepino: «Una grande mani­fe­sta­zione che dimo­stra come il movi­mento Notav sia paci­fico, di fronte a cui la mili­ta­riz­za­zione della città è stata ecces­siva. Un movi­mento che chiede dalle isti­tu­zioni un’apertura al dia­logo. La rispo­sta, pur­troppo, con­ti­nua ad essere la mili­ta­riz­za­zione, come dimo­stra quanto acca­duto oggi. Oggi abbiamo avuto una grande lezione di civiltà e capa­cità di stare insieme, che con­ti­nua dimo­strare quanto la repres­sione dura e pura non serva a nulla».

Atteso dagli orga­niz­za­tori del Salone del Libro lo scrit­tore Erri de Luca ha pre­fe­rito pren­dere parte al cor­teo dei Notav. Le sue parole: «Pre­fe­ri­sco par­te­ci­pare alla pro­te­sta in mezzo ai cit­ta­dini che soli­da­riz­zano verso quat­tro ragazzi accu­sati di ter­ro­ri­smo per­ché avreb­bero incen­diato un com­pres­sore». L’arrivo nella cen­trale piazza Castello ha quan­ti­fi­cato la por­tata della mani­fe­sta­zione per­ché tutta la spia­nata è stata riem­pita, ed una note­vole parte del cor­teo non è nem­meno riu­scita ad entrare. La Que­stura ha quan­ti­fi­cato tutto que­sto in due­mila per­sone, poco più di una riu­nione di con­do­mi­nio ben riuscita.

Inspie­ga­bil­mente gli unici momenti di ten­sione si sono avuti durante i comizi con­clu­sivi, quando una colonna di poli­ziotti in assetto anti som­mossa si è avvi­ci­nata velo­ce­mente alla piazza ricolma di per­sone pas­sando da una via late­rale e fer­man­dosi solo pochi metri prima di rag­giun­gere il cuore della folla, che stava ascol­tando paci­fi­ca­mente gli inter­venti. Alcuni momenti di ten­sione per la mano­vra appa­ren­te­mente inspie­ga­bile, e poi un ordine di die­tro­front ha spento gli animi bollenti.

Ora, dopo il suc­cesso di que­sta mani­fe­sta­zione popo­lare, la palla passa allo Stato. Con­ti­nuare ad usare la mano infles­si­bile della repres­sione o costruire un per­corso comune che metta da parte ogni forma di estremismo.

TORINO CITTà APERTA
di Marco Revelli

Torino città chiusa. Blin­data. Ser­rata in un dispo­si­tivo mili­tare sof­fo­cante, che aveva sigil­lato die­tro un muro di armati ogni strada late­rale, ogni svin­colo, ogni piazza. Il movi­mento No Tav l’ha aperta «come una sca­tola di tonno», con la pro­pria forza tran­quilla. Un cor­teo immenso, sor­ri­dente, ami­che­vole è pene­trato al suo interno scio­glien­dola e con­qui­stan­dola alle pro­prie ragioni. Tra­sci­nando con sé gli spet­ta­tori. Mostrando un volto che la Valle già cono­sceva – le fami­glie con i bam­bini in testa, la banda che suona le musi­che delle sagre mesco­late a quelle par­ti­giane, gli anziani con i nipoti, i gruppi di paese e di fra­zione -, ma che la città in parte igno­rava, acce­cata da un’informazione tos­sica, che ogni volta mani­pola e nasconde.

Il monu­men­tale tri­bu­nale vuoto, asso­lu­ta­mente vuoto, cir­con­dato dai blin­dati e dalle grate di ferro anco­rate col cemento al suolo come la zona rossa di Genova nel 2001 - quasi lì den­tro ci fosse l’oggetto del desi­de­rio della folla che gli sfi­lava accanto -, è il sim­bolo dell’ottusità del potere. Della sua inca­pa­cità di capire e pen­sare, come accade, appunto, a ogni potere, quando perde la ragione del pro­prio agire, e resta appeso al pro­prio appa­rato della forza senza giu­sti­zia (che si rivela, appunto, violenza).

Guar­dando quella folla mul­ti­co­lore, che sfi­lava serena, a volto sco­perto, davanti ai cor­doni cupi, cata­fratti, chiusi die­tro i pro­pri scudi, che sigil­la­vano il per­corso con un muro nero blu e verde scuro (c’erano tutti i corpi dello Stato, cara­bi­nieri, poli­zia, guar­dia di finanza) era dif­fi­cile imma­gi­nare come sui primi fosse pos­si­bile disten­dere l’ombra fosca del ter­ro­ri­smo e sui secondi appic­ci­care l’etichetta della lega­lità. Ai primi la vio­lenza, agli altri la giu­sti­zia. Piut­to­sto, ver­rebbe da dire, il contrario.

Il Movi­mento No Tav ieri, come altre volte, ha vinto. Con una sem­plice mar­cia ha strap­pato di mano ai pro­pri nemici ogni ele­mento di cre­di­bi­lità per soste­nere l’assurda teo­ria – ma sarebbe meglio chia­marlo teo­rema – che tenta di ricon­fi­gu­rare le azioni di pro­te­sta di quella popo­la­zione sotto il segno cruento dell’accusa di ter­ro­ri­smo. E nello stesso tempo ha mostrato l’isolamento, l’irragionevolezza, la povertà di argo­menti di chi, per soste­nere una causa razio­nal­mente inso­ste­ni­bile, è costretto a ridurla a que­stione di ordine pub­blico, in cui, come è noto, chi ha il man­ga­nello dalla parte del manico decide.

Da oggi, almeno qui, sull’asse che va da Piazza Castello alla Sagra di San Michele, quell’operazione si è infranta con­tro un mate­riale resi­stente e intel­li­gente che sarà dav­vero dif­fi­cile ignorare.

ARTICOLI CORRELATI
31 Dicembre 2014

© 2024 Eddyburg